Peonie arbustive

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Un salto di qualità

Partiamo con quella che potrebbe sembrare una battuta da bar: le cose belle, in questo mondo (non sappiamo nell’altro) sono difficili da ottenere e soprattutto da conservare. Così è se si cerca una moglie intelligente, bella e fedele, oppure un marito saggio e onesto, ma così è anche per un magnifico arbusto da fiore, che sia facile da assicurarsi in poco tempo, che faccia strabuzzare gli occhi ai nostri amici e, soprattutto, sia tanto educato da non morire sotto il nostro sguardo addolorato ed esterrefatto nel breve giro di una stagione. Proprio tutto non si può avere, ma il giardinista con obiettivi alti e un po’ pretenziosi, è forse in grado di conseguire il massimo dei risultati se si decide a compiere un salto qualitativo, coltivando peonie. Con un po’ d’impegno nel seguire i consigli degli esperti – e anche con un pizzico di fortuna, che non guasta mai –  il nostro giardino salirà molto nella considerazione di chi ci farà visita, ma soprattutto nella nostra, se è vero, come è vero, che chi fa un giardino lo fa innanzi tutto per se stesso. In questo numero, daremo spiegazioni, suggerimenti e pareri dei grandi ‘peonisti’, i guru del giardino che hanno passato più tempo in mezzo alle peonie che con la famiglia. In pari tempo, incoraggeremo a percorrere questa strada, lusingandoci con foto di alcune fra le centinaia di cultivar di una peonia davvero mitica, Paeonia suffruticosa. E’ vero che l’immagine non è tutto, ma è anche innegabile che talvolta il suo impiego è più eloquente di tante parole.

 

Il fiore dell’immortalità…

Da migliaia d’anni le peonie, anche nella civiltà occidentale e non solo in Oriente, sono tra le piante più seducenti ed amate, sia perché possiedono stupendi e grandi fiori dal colore bianco, rosso vivo o delicato pastello, sia per le loro foglie suddivise in più lobi, che rimangono attraenti anche a fioritura terminata. Le trentatré specie di peonie, che nascono spontaneamente qua e là nel mondo, per circa due terzi sono del tutto erbacee e in inverno scompaiono completamente alla nostra vista, mentre la restante decina è provvista di un fusto legnoso e persistente, giustificando così l’appellativo con il quale sono conosciute: peonie arboree. In realtà, queste ultime non assumono mai dimensioni tanto consistenti da farle competere con gli alberi veri e propri, poiché l’altezza massima s’aggira sui due metri. All’interno delle specie legnose si opera un’ulteriore suddivisione, legittimata da ragioni squisitamente botaniche, ma anche geografiche e storiche. Un primo gruppo, detto Delavayanae,  è formato da alcune specie scoperte sulle montagne della Cina sud-occidentale alla fine dell’Ottocento: fra loro si distingue per importanza e bellezza P. lutea, dal fiore giallo-limone. Il secondo gruppo, invece, è assai più complesso e problematico, essendo costituito da altre 4-5 specie delle quali una, la regina, è famosissima, ma neppure si sa se esiste davvero in natura. Il suo nome latino è P. suffruticosa, ma i Cinesi l’hanno sempre chiamata ‘Moutan’. Per la precisione, una corretta traslitterazione dalla lingua cinese darebbe come risultato ‘Mu-dan’, un nome composto nel quale il suffisso ‘dan’ si riferisce al cinabro, con cui si dice che era un tempo possibile produrre una droga per raggiungere l‘immortalità. Su questa specie, sulle sue compagne e soprattutto sulle numerose varietà appunteremo il nostro interesse, perché in loro compagnia sarebbe possibile fare giardinaggio per una vita intera, senza stancarsi mai.

… ma anche della complessità

Con il passare del tempo, il termine ‘Moutan’ è stato attribuito, per affinità, a tutte le specie con fusto legnoso, mentre a rigore esso va associato solo con P. suffruticosa, che peraltro è una specie così sfuggente da passare in continuazione sotto il microscopio dei botanici e degli studiosi di tutto il mondo. Fino pochi anni fa (1992), alcuni scienziati cinesi, con la collaborazione del grande esperto italiano Gian Lupo Osti, dopo aver localizzato in Cina numerose forme differenti di ‘Moutan’, arrivarono alla conclusione che esse non andavano considerate come semplici variazioni della specie-tipo, ma erano quasi certamente delle cultivar, costituite in Cina e in Giappone nel corso di secoli di coltivazione. A quel risultato, secondo i botanici, si era giunti grazie ad una fitta serie di ibridazioni operate tra quattro specie spontanee (P. jishanensis, P. yananensis, P. rockii e P. ostii): in particolare, le ultime due sembravano essere state le maggiori responsabili della straordinaria progenie che ne è derivata. I dilemmi riguardanti le origini scientifiche della più bella peonia arborea parevano aver trovato una soluzione definitiva, ma non era così, perché in questi ultimi dieci anni sono state rinvenute altre peonie, che hanno indotto due scienziati cinesi a rivedere radicalmente le conclusioni dei loro colleghi. Per rispetto del dibattito ancora in svolgimento, ma soprattutto perché il discorso diventerebbe inutilmente complicato, non andiamo oltre questo punto, anche se va ripetuto che la maggioranza degli esperti continua a ritenere che le numerose varietà siano nate da antiche ibridazioni di varie specie. In sostanza, molti non vorrebbero più che si parlasse della specie P. suffruticosa, a quanto pare inesistente in quanto tale, ma del gruppo di cultivar Paeonia ‘Suffruticosa’: sembra un gioco di parole, ma non lo è.

Le nuvole bianche di Paeonia rockii

Fra le peonie spontanee che diedero inizio al rompicapo ve n’è una che ormai da qualche tempo merita la massima stima e attenzione: è P. rockii, che pure ha subito non poche variazioni di classificazione (prima come sottospecie con il nome di P. suffruticosa subsp. rockii, poi come cultivar, con i nomi di ‘Joseph Rock’ o ‘Rock’s Variety’ e infine come specie). A prescindere da ogni considerazione tecnica, sappiamo che una forma di questa pianta è stata coltivata per più di mille anni, in Cina ovviamente, sotto il nome di Mei Yao Chen. Un antico trattato, risalente addirittura alla dinastia Sung (circa 1000 d.C.), la descriveva con quei termini lirici che solo i Cinesi sanno far scaturire dalla penna: “I suoi fiori sono simili a nuvole bianche che si avvolgono verso l’interno, mentre i petali hanno una base pennellata con macchie violette, che ricordano il colore del sole al tramonto”. Un botanico dotato di questa vena andrebbe assunto stabilmente in ogni rivista di giardinaggio, unendo in se stesso le caratteristiche dello scienziato e del poeta. Malgrado questa storia millenaria, fino agli anni Venti del secolo passato non si sapeva se in natura esistesse ancora la ‘mamma’ di una pianta così bella. Furono due botanici a ritrovarla: dapprima Reginald Farrer nel 1914 e poi, in modo più certo, Joseph Rock, che nel 1924 ne ricevette i semi da alcuni monaci buddisti in un monastero della provincia di Gansu. La pianta può raggiungere un’altezza di circa 180 cm ed è dotata di belle foglie, suddivise profondamente in tanti lobi, che si dispiegano dolcemente all’inizio della primavera. Poco dopo, le gemme fiorali incominciano a formarsi e a gonfiarsi sempre più, finché verso i primi di maggio, o anche prima, i sepali cadono a terra per lasciare in vista fiori enormi, larghi anche 20 cm. Una pianta giovane ne porta solo tre o quattro, ma, con il passare del tempo, si può arrivare anche ad alcune decine. Il loro colore in un primo momento è vagamente lilla, ma in seguito essi diventano completamente candidi, fatta eccezione, ovviamente, per quello straordinario ‘occhio’ purpureo-violetto che tanto ammaliò l’ignoto botanico cinese di mille anni fa. E non basta, perché ogni petalo sembra fatto di seta, quasi scintillante, con una superficie lievemente arruffata e raggrinzita, da cui promana un’intensa fragranza. Naturalmente, come sempre, c’è un rovescio di medaglia: la fugacità dei fiori, che possono resistere, se non intervengono intemperie particolarmente aggressive con il nostro giardino, fino a un massimo di due settimane. Che quindicina, però: davvero degna di Kubla Khan!

Una collaborazione cino-giapponese

La documentazione più antica riguardante l’uso delle peonie arboree precede addirittura la nascita di Cristo, quando esse venivano utilizzate prevalentemente come piante officinali. Si è certi che i Cinesi iniziarono a piantarle nei loro giardini fin dal V secolo d. C. (mentre i Visigoti invadevano l’Italia, saccheggiando Roma), usandole stabilmente come ornamentali dal 580 d. C. Da quel momento in poi, la peonia arborea si diffuse ampiamente in Cina, sicuramente non più per mezzo della specie spontanea, ma con alcune cultivar, purtroppo oggi difficilmente identificabili. Intorno al 1000, esse venivano chiamate semplicemente “il fiore”, tanto popolari erano diventate, mentre nell’anno 986 fu scritta la prima monografia che elencava ben 32 cultivar. A quell’epoca le varietà erano a corolla semplice, ma anche semidoppia (detta ‘a molti petali’) e doppia (‘a mille petali’), mentre i colori variavano fra il bianco, il giallo e le numerose tonalità del rosso. La documentazione successiva si fa sempre più consistente e dettagliata: 109 cultivar nel 1082, quindi, molto più tardi, 260 nel 1600 circa.  Attualmente, le varietà di peonie arboree coltivate in Cina sono diverse centinaia, forse più di 800, specialmente nelle province di Shandong, Henan, Anhui e Gansu, da dove, dopo un lungo periodo di isolamento, finalmente incominciano a fluire anche verso l’Occidente.

Assai difficoltosa è stata la storia della peonia arborea in Europa ed America, perché per moltissimo tempo gli occidentali si sono dovuti accontentare delle 25 varietà che l’esploratore inglese Robert Fortune introdusse in Inghilterra nel 1846, dopo un suo viaggio in Cina, oppure di quelle che arrivavano tramite i Giapponesi. I rapporti cino-giapponesi sono sempre stati improntati ad una sorta di odio-amore, ma nel caso delle peonie si deve parlare solo di amore, iniziato dal VII secolo d.C., quando i primi monaci buddisti presero a portarle con sé nei loro trasferimenti dalla Cina al Giappone, dove il termine Mudan fu corrotto in Botan. Tuttavia, fin dal principio i due popoli si differenziarono per stile di riproduzione. I Cinesi preferivano ottenere fiori immensi e doppi, con file e file di petali sovrapposti l’uno sull’altro, e così fanno ancora oggi, mentre i Giapponesi, pur non trascurando i fiori doppi, amano maggiormente quelli semplici, attribuendo molta importanza all’anello di antere gialle che contornano l’occhio del fiore, che può essere rosso, marrone, bianco o anche verde. Inoltre un’altra differenza è importante: le peonie cinesi hanno fiori molto pesanti che quasi si nascondono tra le foglie, mentre le giapponesi sfoggiano corolle ben erette sopra il fogliame. Infine, va aggiunto che le cultivar cinesi sembrano più vigorose di quelle giapponesi e arrivano ad un’altezza di circa tre metri. Ovviamente, dopo l’apertura della Cina nei confronti dell’Occidente, a partire dal 1990, i coltivatori occidentali (soprattutto americani) si sono anch’essi gettati in questa avventura, ma il loro interesse è maggiormente rivolto a trovare un buon incrocio fra le peonie arboree e quelle erbacee, anche per sviluppare meglio il colore giallo, sin qui poco considerato.

 Coltivazione

“La coltivazione delle peonie arboree – secondo uno dei massimi esperti mondiali del settore, Sir Peter Smithers – è una delle cose più semplici, mentre la sua moltiplicazione e i primi passi nell’allevamento sono assai più difficili”. Seguiamo, dunque, i suoi consigli.

Queste piante crescono bene in pieno sole, ma, differentemente dalle altre peonie, sopportano altrettanto bene la mezz’ombra o addirittura l’ombra, dove pure crescono e fioriscono senza troppi problemi: anche contro una parete a nord, la riuscita è sicura. Il clima migliore, per loro, è quello continentale, con estati molto calde e inverni rigidi, ma anche in questo esse si dimostrano disponibili ad altre situazioni, purché non estreme.Circa il terreno, c’è poco da dire, poiché esse sono molto tolleranti, anche se preferiscono un suolo abbastanza ricco, profondo, ben drenato ma non troppo asciutto. Riguardo al pH, poi, non si devono avere preoccupazioni: tanto l’alcalino quanto il leggermente acido sono entrambi accettati. Maggiore importanza va invece data alla messa a dimora, poiché si dovrà curare che il punto d’innesto (o collare) sia piantato piuttosto profondamente, almeno 10 o anche 15 cm sotto terra: in caso contrario, il portainnesti crescerà, mentre l’innesto morirà. Tutto ciò, ovviamente, si riferisce alle cultivar giapponesi (quelle mostrate nelle nostre foto), dal momento che i cinesi non usano l’innesto per la moltiplicazione delle loro piante. L’epoca migliore per piantare, anche se può sembrare strano, è la fine d’agosto, poiché il ciclo di sviluppo ha inizio all’arrivo dell’autunno. Qualunque tentativo di piantare o di trapiantare una peonia arborea in primavera solitamente si rivela un disastro. La malattia più diffusa e pericolosa, soprattutto durante le primavere piovose, è la muffa grigia (Botrytis paeoniae), che provoca avvizzimento delle gemme fiorali accompagnato da muffa grigiastra e chiazze di color marrone sulle foglie. Poiché non esistono efficaci fungicidi per combattere questo problema, bisogna tagliare e distruggere rapidamente le parti colpite.

La moltiplicazione, come s’è detto, è piuttosto difficile. Il metodo usato dagli esperti è la semina, dopo aver scelto accuratamente la pianta ‘padre’ e dopo essersi preoccupati che la ‘madre’, successivamente all’impollinazione, non venga visitata da insetti in grado di disturbare la delicata operazione. In seguito, si tratta di attendere almeno cinque o sei anni prima di sapere se tutto è andato bene. L’uso di un seme di ibrido raccolto a caso può spesso portare a delusioni cocenti. Il consiglio è dunque di utilizzare una giovane pianta innestata da un vivaista affidabile. Mettendola a dimora in settembre, è facile che nel maggio successivo spunti già la prima gemma fiorale, che secondo gli esperti andrebbe eliminata senza farla fiorire.

Dicono di loro

  • “Le radici delle peonie arboree sono ricercatissime, a motivo del loro impiego nella medicina tradizionale cinese, così che una peonia, allo stato spontaneo, ha poche possibilità di sopravvivere tranquillamente… L’Agenzia di Stato per i Farmaci inviò, nel 1993, suoi dipendenti per acquistare le radici di peonie. Nella contea di Jishan, in un solo anno, furono raccolti 15.000 chili di radici di peonie selvatiche: è facile comprendere che di questo passo le peonie spontanee scompariranno rapidamente” (Gian Lupo Osti, 1994).
  • “Le fotografie di fiori di peonie arboree, dopo essere state ingrandite mediante un procedimento a laser in una scala maggiore rispetto alla realtà, esibiscono una finezza e una struttura così dettagliata, che nessun altro fiore, sottoposto al medesimo trattamento, è in grado di mostrare. Non posso pensare che ciò sia dovuto al puro caso, mentre mi sembra probabile che gli specialisti giapponesi, dopo generazioni di studi e di selezione, abbiano portato queste qualità nei loro prodotti” (Sir Peter Smithers, 1995)
  • “Come piantare le peonie arbustive. Concedere loro una superficie da 1,20 a 1,50 mq. Scavare per 40 cm, mescolando bene la terra con materiale organico. Mettere a dimora la pianta innestata ad una profondità di 5-10 cm, avendo una cura speciale per le radici e le radichette. Trattandosi di piante all’inizio molto piccole, consigliamo di segnalare la loro presenza con tre assicelle poste a piramide, per evitare che qualche piede le calpesti. Non annaffiare troppo le nostre peonie: nella maggior parte dei casi è sufficiente la pioggia, altrimenti, in periodi di siccità, basta un’annaffiatura la settimana. La peonia arbustiva non necessita di potature, al massimo d’un leggero taglio di formazione, alla fine dell’inverno, se la pianta è squilibrata. Ovviamente si elimina il legno morto” (Pivoines Rivière, vivaio francese specializzato in peonie dal 1849).

In giardino

Le peonie arbustive sono molto attraenti in una composizione da giardino e non solo se utilizzate come esemplari isolati, anche se in quest’ultimo ruolo si trovano perfettamente a proprio agio. Ben poche sono le piante che possono competere con loro in quel periodo dell’anno, quanto a fioritura, se si fa eccezione per alcuni altri arbusti, come i rododendri, e per erbacee perenni di grossa taglia, come gli Allium, due partner di buon effetto. Qualunque sia la compagnia in cui intendiamo inserirle, è peraltro importante che le nostre amiche siano rispettate nelle loro dimensioni. Una peonia arbustiva, infatti, toccando anche i due metri d’ampiezza, non richiede un affollamento eccessivo nei suoi pressi: ricordiamo che tanto il fogliame quanto i grandi fiori hanno un effetto spettacolare in sé, così che un buon accorgimento è anche quello di coltivarla in un contenitore che può essere spostato qua e là. Insomma, queste piante sono quasi dei ‘giardini’ in sé: ad esempio, ne bastano due, l’una di fronte all’altra, per rendere grandioso l’ingresso di un giardino anche piccolo.

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