Acquatiche: Nymphaea

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Chi possiede un laghetto, uno stagno o anche solo una piccola vasca magari artificiale, è inevitabilmente conquistato dalla forte tentazione di riempirla con “qualcosa” che la renda allegra e piacevole. Il primo pensiero normalmente va ai pesci tropicali, ma subito dopo a piante acquatiche, magari coloratissime, che vivacizzino l’ambiente a partire dalla tarda primavera, per tutta l’estate e anche oltre. Il primo consiglio che diamo a tutte queste persone – che non esitiamo a definire fortunate, perché all’inizio di una bellissima avventura – è quello di soprassedere per il momento agli animali (il cui inserimento va ben calcolato in rapporto alla componente vegetale) e di pensare prima alle piante. Chi si addentra per la prima volta in questo fantastico mondo acquatico, rimarrà sorpreso dalla quantità incredibile di scelte che è possibile fare per decorare il proprio ambiente umido: centinaia e centinaia di specie, che i migliori vivai specializzati sono in grado di fornirci, insieme con gli opportuni consigli per una loro sistemazione ottimale e per una consapevole coltivazione. Un suggerimento preliminare è quello di non acquistare a caso, trascinati dal solo entusiasmo, ma di procedere con un criterio di base razionale. In particolare, in questa prima fase di selezione, è necessario porsi due obiettivi precisi: il valore ornamentale delle piante, ma anche la loro capacità di aiutarci a mantenere trasparente e pulita l’acqua. Questo secondo obiettivo può apparire banale, ma così non è, perché un corpo d’acqua sporca e torbida oltre un certo limite è la migliore premessa per spezzare il delicato equilibrio che sovrintende questo tipo di ambienti: anche una vasca, in fondo, è un piccolo ecosistema.

Cinquanta specie

Per conseguire il duplice scopo, una delle scelte quasi obbligate è di inserire nel bacino in oggetto una certa quantità di ninfee, che più d’ogni altra pianta garantiscono di essere dotate di entrambe le qualità necessarie: fascino e attitudine a tenere pulita l’acqua. Esse dispongono di fiori magnifici che durano per una stagione intera, accompagnati da foglie che, largamente dispiegate sul laghetto, impediscono almeno in parte ai raggi solari di penetrare sotto la superficie e di innescare quel complesso meccanismo biochimico, al termine del quale ci si può ritrovare con un corpo d’acqua privo di limpidezza. Dunque, il caso e la necessità hanno voluto che il gendarme più affidabile dei nostri bacini fosse un genere di piante la cui grazia indiscutibile ha sempre affascinato l’uomo, sia con le specie spontanee sia con quelle coltivate.

Anche se la cosa può sembrare sorprendente – abituati come siamo a riconoscere la supremazia della sola Nymphaea alba – le specie annoverate nel mondo della flora spontanea sono numerose, circa cinquanta, distribuite in un vastissimo areale che comprende i due emisferi, con particolare riguardo alle zone temperate e calde. Il genere fu fondato da Linneo, che però a sua volta si rifaceva ad una conoscenza abbastanza consolidata di queste piante, risalente a tempi assai remoti. Da un punto di vista morfologico, le ninfee sono erbacee perenni dotate di robustissime radici fissate sul fondo fangoso dei laghi e degli stagni: si tratta di rizomi eretti od orizzontali, carnosi e talvolta tuberosi, che producono stoloni, il tutto caratterizzato da una modesta quantità di parti legnose e, all’inverso, da un notevole aumento di tessuti aeriferi. Le foglie, di solito galleggianti, sono alterne, semplici, portate da lunghi piccioli, largamente ovate o più spesso rotondeggianti, a margini a volte interi e altre volte dentati, con porzione basale profondamente suddivisa in due lobi. Esse sono piuttosto larghe e coriacee e da giovani emergono sulla superficie non già distese, ma arrotolate su se stesse come papiri, per poi appiattirsi da adulte e adagiarsi sull’acqua; la loro pagina superiore è ricoperta da uno strato ceroso idrorepellente, mentre quella inferiore è quasi sempre rossastra o violacea. I fiori sono sempre solitari, galleggianti o leggermente emersi, spesso profumati e con colorazioni che li rendono altamente spettacolari, sia in natura sia nelle varietà coltivate. Una loro caratteristica è di possedere molti petali i quali, man mano che si avvicinano al centro della corolla, si trasformano gradualmente in stami, a loro volta numerosissimi e appariscenti.

Dai Tropici con calore

Ai fini di un impiego e di una coltivazione consapevoli, la prima ripartizione da farsi all’interno del genere N. è quella fra specie tropicali e rustiche. Le prime possono essere utilizzate anche in ambienti non tropicali, ma solo in zone nelle quali la temperatura estiva notturna sia consistentemente calda: non meno di 18°C per l’aria e una minima invernale di almeno 10° C per l’acqua. Ciò significa, per il nostro Paese, che un esito positivo si può avere solo in alcune ristrette aree del Meridione, escludendo in ogni caso tutto il Centro-nord, comprese le isole felici dell’Insubria. Là dove possono venire coltivate con prevedibile successo, le tropicali dimostrano di essere addirittura superiori alle rustiche, praticamente sotto ogni punto di vista. Esse, infatti, possiedono foglie assai più grandi con margini increspati o intagliati e pagina superiore chiazzata di marrone o di viola, ma anche fiori più numerosi e in molti casi giganteschi, oltre che notevolmente profumati. Inoltre, la gamma cromatica, già nelle specie spontanee, è assai variata, comprendendo il bianco, il lilla, l’azzurro, il violetto, il giallo, il lavanda ecc. Le dimensioni dei loro fiori – almeno 22-25 cm di diametro, ma anche 28-30 cm – costituiscono in sé in elemento d’attrazione, a parte la naturale inclinazione di queste specie a sollevare gli scapi fiorali sopra la superficie dell’acqua per un tratto di almeno 12 cm, come un potente richiamo decorativo.

Una delle caratteristiche più curiose delle ninfee tropicali risiede nell’orario di fioritura: alcune di loro, infatti, aprono i fiori prima di mezzogiorno e li chiudono al crepuscolo, mentre altre preferiscono mostrare le corolle a partire dal tramonto e restare aperte tutta la notte e parte del mattino, fino a quando l’eccessiva luce solare le induce a richiudersi nuovamente. Il primo di questi due gruppi comprende specie famose, ma anche cultivar coloratissime, create da ibridatori soprattutto americani. Dall’Australia e dalla Nuova Guinea arriva N. gigantea, dotata di fiori stupefacenti per grandezza, colori e numero di stami: la sua cultivar ‘Hudsoni’ ha fiori azzurri e larghi fino a 20 cm. Originaria del Capo di Buona Speranza è N. capensis, con petali azzurro chiaro, che nella cultivar ‘Alba’ diventano candidi e nella varietà zanzibariensis sono grandissimi, fino a 25 cm. di diametro. Ancora africana, ma della Tanzania, è N. colorata, con foglie piccole e quasi circolari e fiori di un azzurro lievissimo che in alcune forme diventano malva-lilla. N. x daubenyana è invece un ibrido creato dall’uomo, incrociando N. caerulea e N. micrantha: il risultato è una pianta con fiori che toccano i 18 cm di diametro, di colore bianco o azzurro chiarissimo, portati da uno stelo che s’innalza per 20 cm sull’acqua. Dalla Florida al Guatemala vive N. elegans, davvero elegantissima con i suoi petali violetto pallido, molto appuntiti e profumati, racchiusi da sepali pure strettamente lanceolati. La specie più celebre fra le tropicali che fioriscono di notte è infine il cosiddetto “loto egiziano” o “giglio bianco egiziano”, N. lotus, che però con queste denominazioni rischia di essere confusa con il vero fior di loto, che invece appartiene ad un altro genere (Nelumbo nucifera). Essa nasce dall’Egitto fino al Madagascar ed è caratterizzata da foglie enormi (fino a 50 cm), ma soprattutto da fiori larghi fino a 25 cm che si aprono di notte, e talvolta anche di giorno, bianchi o lievemente tinti di rosa, profumati.

Da tutte queste specie, gli ibridatori americani hanno tratto numerose cultivar, che pur mantenendo le caratteristiche morfologiche di base, sono migliorate sotto diversi aspetti: in primo luogo per i colori, in alcuni casi quasi irreali, e poi per dimensioni, durata e tempi di fioritura (fino a quattro giorni consecutivi). In Europa – e anche in Italia – sono arrivate varietà davvero stupefacenti, come ‘St. Louis’, ‘Jack Wood’, ‘Mrs. Edwards Whitaker’ (una delle più vecchie, ma sempre valide), ‘Blue Beauty’, ‘Ronda Kay’, tutte coloratissime.

Coltivazione delle ninfee tropicali

Queste specie e cultivar sono molto sensibili alla temperatura sia atmosferica sia dell’acqua, soprattutto a quest’ultima, quindi la loro coltivazione è consigliata solo in aree particolarmente e continuativamente calde. L’acqua deve raggiungere almeno i 21°C in estate e non scendere sotto i 10°C in inverno. I grandi tuberi, ma soprattutto quelli basali più piccoli, che sono stati conservati nei mesi invernali in sabbia umida a 10° C, vengono portati al sole in primavera, verso maggio-giugno. Si cosparge il fondo di un recipiente con terra da giardino per circa 10 cm d’altezza, ricoprendola con uno strato di 2.5 cm di ghiaia fine o sabbia grossolana. Si forma al centro un rilievo alto circa 10 cm e largo 40 cm, subito piantandovi nel mezzo i tuberi: ricordarsi che i recipienti devono avere almeno 1 mq di superficie e una profondità di circa 15 cm di acqua non fredda. Quando le prime foglie galleggianti emergono, si aumenta progressivamente il livello dell’acqua sino a raggiungere i 30 cm o più. In autunno, il livello dell’acqua va ridotto gradualmente, per poi togliere i tuberi e conservarli come detto più sopra. Se si è sicuri che la temperatura dell’acqua non scenderà sotto i 10°C, le piante possono essere lasciate in loco.

Ninfee rustiche

Sono ovviamente le più richieste, grazie alla loro disponibilità a sopravvivere anche a temperature molto basse, sia dell’atmosfera sia dell’acqua. Esse possono essere coltivate in pratica ovunque, anche all’aperto, a patto che il freddo non sia così intenso da solidificare il suolo in cui sono immersi i loro tuberi. In genere fioriscono da giugno a ottobre, andando in dormienza durante l’inverno, anche se nelle aree a clima più mite fioriscono più a lungo o addirittura non cessano mai di crescere. In natura, la regina di questo gruppo di ninfee è sicuramente N. alba, che vive nelle acque di tutta Europa, ma anche in Asia fino ai monti Urali e in Africa del nord. Le sue foglie, largamente ovate o quasi rotonde, arrivano a 30 cm di diametro, mentre i candidi fiori, anch’essi galleggianti come le foglie, hanno 20-25 petali che contornano una serie di stami giallo-aranciati. La sua omologa americana, N. odorata, ha foglie un po’ più piccole e fiori pure bianchi, ma più profumati rispetto alla specie europea e dotati di un maggior numero di petali. Una terza specie rustica dai petali bianchi è la statunitense N. tuberosa, provvista di foglie con diametro fino a 40 cm e fiori di 23 cm, aventi al centro almeno 50-100 stami. Una quarta specie rustica, N. mexicana, si avvale di foglie e fiori piccoli (rispettivamente 18 e 13 cm), ma questi ultimi spiccano per il profumo e per il loro colore giallo intenso.

Verso la metà del XIX secolo, ebbe inizio la lunga marcia verso la nascita di numerose e differenti cultivar di ninfee rustiche, partendo all’incrocio fra le quattro specie principali, cui fecero seguito altre specie idonee allo scopo, come la piccola N. tetragona, nordeuropea ma anche giapponese, che ha foglie di 10 cm e fiori di 5 cm.

Il genio delle ninfee rustiche e i suoi segreti

E’ davvero raro l’evento di un ibridatore che, dopo 150 anni di ricerche sempre più sofisticate, ancora oggi sia rimasto insuperato, sia per quanto riguarda la massa di varietà create sia per la spettacolarità dei risultati raggiunti. E’ questo il caso di un agricoltore francese, Joseph Bory Latour-Marliac (1830-1911), il quale verso il 1854 decise di abbandonare la tradizionale coltivazione di susini della sua regione (Lot-et-Garonne) per tentare la fortuna approfondendo gli esperimenti riguardanti l’ibridazione di ninfee. Egli fu spinto a ciò dalla lettura di un articolo di giornale che parlava di questo argomento, ma anche da una tradizione familiare di collezionismo botanico, che fra l’altro gli consentiva di vantare il possesso di una vasta raccolta di bambù. Nel suo villaggio di Temple-sur-Lot, un centinaio di km a sud-est di Bordeaux, egli iniziò a coltivare ninfee in barili dimezzati e riempiti con fresca acqua sorgiva, lungo le rive di un ruscello del villaggio. La sua prima geniale intuizione fu quella di incrociare la bianca N. alba con la gialla N. mexicana, ottenendo così la celebre N. x marliacea ‘Chromatella’, che ha fiori a forma di tazza e petali di colore giallo tenue. Stimolato dal successo riscosso da questa pianta in Inghilterra, il Latour-Marliac si dedicò instancabilmente al lavoro, che nel periodo 1880-1910 conobbe il suo culmine, arrivando alla costituzione di oltre 100 ibridi, moltissimi dei quali sono tuttora offerti dai mercati. L’opera di Joseph fu proseguita, dopo la sua scomparsa, dal genero Jean Maurice Laydeker e da altre due generazioni, finché nel 1991 il glorioso ‘Établissement Botanique Latour-Marliac’ fu rilevato dagli inglesi degli ‘Stapeley Water Gardens’. Tuttavia, va riconosciuto che le creazioni più affascinanti restano ancora quelle di Joseph, il cui genio è tuttora imbattuto, grazie anche ad alcuni ‘trucchi’ colturali che egli adottava nella fase di incrocio di due specie diverse e che egli portò con sé nella tomba. Oggi sappiamo solo che egli prendeva accurate precauzioni, al limite del cronometraggio, per evitare che le piante si auto-impollinassero. Inoltre è certo che egli eliminava gli incroci di prima generazione, che erano ancora fertili, e si affidava invece a quelli di seconda generazione, in modo che nessuno potesse scoprire come li aveva ottenuti. Fu così che il patrimonio da lui accumulato in anni di lavoro appassionato è arrivato a noi pressoché intatto, anche se coperto da ‘segreti’ che forse mai riusciremo a svelare. Dobbiamo dunque ritenerci debitori nei confronti di Latour-Marliac se oggi possiamo ancora sfruttare la grazia e l’eleganza di ninfee rustiche e appariscenti come ‘Escarboucle’, ‘Masaniello’, ‘Sioux’, Attraction’, ‘Conqueror’, ‘Mrs. Richmond’, ‘Gonnère’, ‘Gloire de Temple-sur-Lot’, ‘Amabilis’, ‘Charles de Meurville’, ‘Bory de Saint-Vincent’, ‘Aurora’, ‘Hermine’, ‘Seignoureti’ e decine di altre, tutte caratterizzate da un’incredibile gamma cromatica e ciascuna con proprie dimensioni.

Naturalmente, dopo la scomparsa del Marliac e del suo genero Laydeker, l’interesse verso le ninfee rustiche non cessò, anzi. Allo zurighese Otto Froebel si deve la nascita di ‘Froebeli’, dai Giardini Botanici di Adelaide arrivò ‘Moorei’, così come la Dreer Nursery introdusse ‘James Brydon’, mentre Helen Fowler creò la deliziosa ‘Rose Arey’. Uno dei più accreditati ibridatori contemporanei è Perry Slocum, americano, cui dobbiamo una ventina di nuove cultivar di grande qualità, qual è ‘Pink Sensation’, forse grazie al fatto, come sostiene lo stesso Slocum, di aver “scoperto il segreto del Latour-Marliac”.

Ninfee “nane”, oggi fra le più richieste

Attualmente, la tecnica di ibridazione delle ninfee ha comunque fatto passi da gigante: si pensi che nel 1980 sul mercato inglese erano disponibili solo 65 fra specie e ibridi, ma grazie alla nuova produzione e al recupero di vecchie varietà il numero è salito a 300 già nel 1995. Buona parte di questo tesoro è oggi dovuto alla presenza di ninfee ‘nane’, che meglio si adattano a giardini acquatici di dimensioni modeste o addirittura a contenitori, come è d’uso da molto tempo in Cina. Se non disponiamo di un laghetto o di una vasca sufficientemente grande, dobbiamo stare molto attenti alla grandezza che raggiungeranno le ninfee che desideriamo inserirvi, per non correre il rischio, veramente ridicolo, di vedere occupata l’intera superficie d’acqua da una sola pianta o quasi. Nel gruppo creato dal Latour-Marliac e dai suoi successori troviamo diversi ibridi che, per le loro misure contenute, ben si prestano a tale compito: è facile ricordarle, perché alcune di loro sono contrassegnate dal cognome del genero Laydeker, come ‘Laydekeri Purpurata’. Non meno adatte sono anche N. ‘Helvola’, ‘Hermine’, ‘Seignoureti’, ‘Graziella’. ‘Deva’ e la splendida ‘Aurora’, cangiante nei colori durante i suoi pochi giorni di vita, dall’iniziale giallo albicocca al terminale rosso scarlatto.

Coltivare le ninfee rustiche

Le ninfee rustiche si possono piantare sia in laghetti o stagni naturali in modo definitivo, sia in vasche artificiali: alcune di quelle che oggi sono in commercio hanno gradini interni posti a diverse altezze per fornire le profondità richieste dalle varie cultivar. Il substrato di fondo deve essere un terriccio fertile costituito da terra da giardino, sabbia fine e concime organico maturo: l’altezza dello strato varia in relazione alle diverse piante, ma è meglio che esso non sia inferiore ai 20 cm. I rizomi si piantano da marzo a fine agosto se a radice nuda, ma anche fino a settembre se le piante sono in vaso. Il rizoma va piantato verticalmente, in modo che il suo colletto emerga appena dal terreno di fondo, che sarà stato ricoperto con un leggero strato di sabbia per evitare che l’acqua si intorbidisca. Curare bene l’altezza del corpo d’acqua, che va misurato dal punto in cui emerge il colletto alla superficie: si parte da un minimo di 10-25 cm per le varietà miniatura o comunque piccole (come ‘Helvola’); si passa ad un’altezza di 20-80 cm per le ninfee di taglia media (come ‘James Brydon’ e ‘Escarboucle’), per arrivare infine ad un massimo di 1 metro o più per quelle di grandi proporzioni (come N. alba o ‘Attraction’). Non meno importante è anche la grandezza della vasca e, di conseguenza, la quantità di piante che essa può ospitare in relazione alle loro dimensioni in ampiezza: si tenga inoltre presente che, tranne le più piccole, tutte le ninfee rustiche hanno rizomi che tendono costantemente ad espandersi per conquistare nuovo spazio. Oggi, poi, non si vendono quasi più piante a radice nuda, ma in contenitori a fondo piatto, così che questi saranno posti nel nostro bacino solo se avranno le dimensioni corrette. Se invece risulteranno troppo piccoli, le ninfee vanno assolutamente trapiantate in altri vasi più grandi. Dopo la messa a dimora (senza scordare un buon contributo di terra grassa e fertile, ancor più che di torba), le ninfee non necessitano di altre cure speciali e possono essere lasciate indisturbate per anni, purché l’acqua sia sempre pulita. Al massimo si provvederà ad eliminare le foglie troppo grandi delle piante mature. Se si deve pulire la vasca, essa va svuotata e i rizomi vanno conservati temporaneamente in cassette coperte con carta bagnata o in sabbia umida, ma sempre all’ombra. Infine, ci si ricordi di mantenere costante il livello del bacino, non ricorrendo mai ad acqua troppo fredda, soprattutto per i contenitori piccoli.

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