
“L’atroce albero cannibale, che fino a quel momento era rimasto inerte, come morto, viene improvvisamente a vita selvaggia. I palpi, snelli e delicati, vibrano per un attimo sopra la testa, poi, come se un istinto dall’intelligenza demoniaca si fosse accorto di lei, d’improvviso avvolgono rotondi e morbidi il collo e le braccia.”
Così, l’esploratore tedesco Carl Liche, descrive l’orrenda fine di una giovane ragazza. Ci troviamo nel 1878 nelle foreste del Madagascar e la famelica creatura è un vegetale alto otto piedi, d’aspetto simile ad un’enorme pianta d’ananas, costellata di minacciose spine uncinate. Si tratta chiaramente di una storia di pura fantasia, inventata da un giornalista burlone e pubblicata, nel 1881, come la cronaca di un avventuroso viaggio. Gli alberi mangiatori d’uomini ovviamente non esistono, fanno parte della leggenda e della finzione cinematografica, ma le piante carnivore sono una realtà. Sono organismi straordinariamente complessi che in risposta alla carenza di nutrienti, propria dei loro habitat, si sono adattati a ricavare le sostanze nutritive dalla digestione delle proteine animali. Generalmente si tratta di piante erbacee che vivono in ambienti saturi d’acqua o altre situazioni in cui il suolo, a causa della forte acidità, è povero o addirittura privo d’elementi nutritivi, in particolar modo d’azoto, che deve essere così integrato con la cattura di piccoli insetti ed altri artropodi.
Dionea muscipula
Tra le piante carnivore, Dionea muscipula, è probabilmente la specie più conosciuta e facile da reperire; si trova senza difficoltà nei vivai più forniti e, qualche volta, addirittura nei supermercati. In natura vive nei prati umidi e soleggiati, è una specie originaria di un’area molto ristretta delle coste orientali del Nordamerica e, nonostante siano conosciute numerose varietà orticole, costituisce l’unica rappresentante del proprio genere.
Le trappole sono costituite da un meccanismo a scatto, tipo tagliola, formato da una foglia a lamina bilobata con i due lobi articolati e corredati di lunghe frange acuminate. L’insetto è attirato sulla foglia dal nettare ed aziona la trappola toccando i peli sensibili posti al centro del marchingegno.
La Dionea non è difficile da coltivare, nel nostro clima vive bene all’aperto, ha bisogno di molta luce e non teme il freddo. In inverno entra in una fase di dormienza che la mette in grado di tollerare anche temperature che scendono al di sotto dello zero.
Drosera
Drosera è un genere di piante carnivore che conta circa un centinaio di specie diffuse in tutte le zone climatiche del mondo, compreso il nostro paese. La loro caratteristica principale è quella di possedere foglie coperte da corti tentacoli sormontati da una gocciolina di mucillagine appiccicosa che ha la funzione, prima di attrarre e poi di invischiare piccoli insetti.
Trattandosi di specie che vivono in condizioni climatiche molto differenti è impossibile generalizzare: le specie delle regioni temperate e fredde, come Drosera rotundifolia, in inverno perdono le foglie e possono sopportare temperature attorno allo zero. Mentre le specie Sudafricane, che si distinguono per le radici carnose, osservano un periodo di riposo nella stagione calda. Quelle coltivate più di frequente come Drosera aliciae, Drosera binata o Drosera capensis, amano la luce e non tollerano il freddo, la temperatura ideale è tra i 5 ed 38 °C.
Nepenthes
Le Nepenthes sono piante tropicali che vivono nelle paludi, nelle torbiere e nelle foreste pluviali del Sudest asiatico, con grande varietà di specie. Si tratta di piante non facili da coltivare, hanno bisogno di un clima caldo ed umido e non tollerano le basse temperature. Ciò nonostante sono piante orticole molto apprezzate e per questo motivo è facile reperire in commercio numerose varietà ed ibridi.
Strutturate a cespuglio o in forma di rampicante, le Nepenthes hanno foglie dalla forma molto caratteristica, spesso trasformata in viticcio e lungamente picciolate, con una parte espansa che termina in una sorta d’otre pendente, il così detto ascidio, colmo di liquido digestivo, spesso chiuso da un opercolo e fornito di particolari adattamenti per la cattura di piccoli insetti.
Pinguicula
Anche Pinguicula è un genere diffuso in molte parti del mondo e si caratterizza per le foglie tipicamente disposte in rosetta. La pagina superiore d’ogni foglia è quindi coperta da migliaia e migliaia di ghiandole che producono una sostanza grassa contenente enzimi digestivi, in grado di intrappolare piccoli insetti e digerire le parti molli.
Numerose sono le specie conosciute, solo in Italia si trovano allo stato selvatico sei varietà differenti. In coltura sono preferite comunque le Pinguicula tropicali più facili da amministrare e generose nelle fioriture.
Cephalothus
Unica specie del suo genere, Cephalothus follicularis è una pianta estremamente rara in natura, vive nelle paludi costiere di una ristretta area dell’Australia sudoccidentale. Possiede piccole trappole ad ascidio disposte in gruppi numerosi, adatti alla cattura di piccoli artropodi terrestri.
In coltivazione ama le esposizione luminose ed è abbastanza rustica, anche se non apprezza le gelate. Le radici sono molto delicate, non amano i rinvasi né un terriccio troppo umido nella stagione fredda, fattori che spesso sono causa di morte. Talee degli organi sotterranei o delle foglie attecchiscono comunque con facilità e quindi, anche in caso di problemi, è difficile perdere totalmente una pianta.
Sarracenia
Le specie appartenenti al genere Sarracenia sono forse le più spettacolari, hanno grandi ascidi, variamente colorati che possono raggiungere anche il metro di lunghezza. La Sarracenia flava, ad esempio, è una delle più attraenti; ha foglie erette a forma di trombetta sormontate da un opercolo giallo, di forma orbicolare, largo circa dieci centimetri e variamente ornato e colorato. Altrettanto gradevole è anche Sarracenia leucophylla che possiede ascidi che terminano in un opercolo eretto brevemente acuto, di colore bianco vellutato e attraenti venature rossastre. Non stupisce che le Sarracenia siano da sempre le carnivore più amate dai collezionisti. Fra l’altro si tratta di specie facili da ibridare, che danno vita ad una discendenza fertile pronta a sua volta per essere selezionata ed incrociata ancora; quindi soggetti ideali per la creazione di un numero infinito di varietà orticole. Le Sarracenia possono essere coltivate all’aperto, amano il sole diretto e non temono il freddo. Sono in grado di tollerare temperature tra i –10 ed i 40 °C. Per ricreare l’umidità ambiente confacente con le loro necessità può essere utile sistemare i vasi in contenitori con quattro o cinque centimetri d’acqua sul fondo mentre, un accorgimento assolutamente necessario, è quello di adoperare solo acqua piovana, demineralizzata o distillata; come d’altra parte richiedono quasi tutte le piante carnivore.
Le Sarracenia sono piante originarie delle paludi del Nordamerica, la più comune è Sarracenia purpurea distribuita dagli Stati Uniti orientali fino al Canada, le altre occupano invece aree più ristrette, soprattutto presso la costa sud orientale. La maggior parte delle specie cattura le prede con una trappola a caduta, l’insetto è attratto sul bordo dell’ascidio da stimoli visivi e dall’offerta di nettare ma, non trovando appigli, sarà indotto a cadere sul fondo dell’imbuto. Lo spazio ristretto e le pareti perfettamente lisce gli impediranno poi di riprendere il volo o di arrampicarsi. Solo Sarracenia psittacina possiede una trappola a nassa, formata da ascidi sdraiati sul terreno ed una serie di peli disposti in una maniera tale da obbligare l’incauto insetto che penetra all’interno, di muoversi in una sola direzione.
La maggior parte delle immagini riprodotte in queste pagine sono state realizzate nelle belle collezioni di Andrea Amici e Mario Betti, entrambi membri dell’Associazione Italiana Piante Carnivore (AIPC). Nel sito Internet di questo gruppo (www.aipcnet.it) è possibile trovare numerose informazioni sulle singole specie e preziosi consigli sulla coltivazione.