Sambuco nero

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Sambuco nero (Sambucus nigra)

Il sambuco nero, Sambucus nigra, fa parte della numerosa famiglia delle caprifoliaceae. Si presenta come un grande arbusto che prospera facilmente in formazioni cespugliose caratterizzate dai rami vecchi ricadenti. La corteccia è grigia, ma anche giallastra nelle parti vecchie e si mantiene verde nei rami nuovi con particolari lenticelle orizzontali.

Le foglie sono opposte e composte formate da cinque o sette foglioline picciolate, anche di grandi dimensioni, di forma ellittica con margine seghettato in modo non regolare e apice acuminato. Il colore è verde intenso e sono fra le prime ad aprirsi in primavera.

Gli splendidi fiori del sambuco, che rallegrano nel mese di aprile e maggio le nostre campagne, sono ombrelle erette che si aprono all’estremità dei rami nuovi dell’anno. I fiori, dal profumo buono e dolce, sono di colore bianco.

La crescita dei frutti fa reclinare verso il basso le ombrelle che uniscono il nero delle drupe al rosso dei peduncoli. Le piccole drupe sono sferiche e a maturazione si presentano sode, lucide e dolci.

Dove trovarlo

Il sambuco si contenta di poco e cresce quasi ovunque. Lo testimoniano il suo vasto areale e le testimonianze storiche che lo accompagnano dall’uomo da sempre. Si spinge anche oltre i 1000 metri di altitudine e ama i luoghi al contempo umidi e soleggiati, come i greti dei ruscelli o i margini dei boschi, ma il sambuco è pianta regina fra le macerie delle vecchie case o lungo gli argini delle strade. Sono le radici profonde che gli consentono una tale capacità di adattamento e sopravvivenza.

Il sambuco pianta dalle alterne fortune

La leggenda penalizza il sambuco presso i popoli dell’area cristiana perché è ai rami di un sambuco che si impiccò Giuda. Il segno sarebbe rimasto nel portamento dei rami che per la vergogna subita non si elevano più eretti come un tempo, ma reclinano verso il basso.

Sambyke era, prima di essere il nome della pianta, il nome di una ninfa amata invano da Pan che preferì la morte all’amore del dio. Come già altre volte il mito provvide a trasformarla in pianta e dai suoi rami Pan trasse un flauto, sambyke appunto, che suonato gli dava l’illusione di poterla baciare. Il poeta Virgilio lo descrive macchiato dal succo delle bacche. In effetti, i flauti più semplici, e più antichi, erano ricavati da semplici rami svuotati dal midollo e il sambuco si presta benissimo a questa operazione.

La marmellata

La marmellata di sambuco è la più classica delle preparazioni casalinghe anche se oggi è caduta in disuso. La marmellata di sambuco è uno dei prodotti più diffusi nella gamma di confetture offerte dai negozi “verdi”. La prima ragione è sicuramente rappresentata dalla facilità con cui si possono reperire le bacche, la seconda, non meno importante, è l’indiscussa bontà della preparazione.

Ogni libro che consulterete vi proporrà una personalizzazione della ricetta da seguire e, quindi, anche la mia non sfugge a questa legge.

Occorrono frutti maturi, ma non trapassati. Eliminate i peduncoli e schiacciateli con l’aiuto di una forchetta senza però ridurre il tutto ad una poltiglia. L’operazione serve per facilitare la fuoriuscita del succo e, se lo desiderate, lasciatene una parte integra. Mettete il tutto sul fuoco e operate una prima cottura per circa una mezz’ora a fuoco moderato. Aggiungete lo zucchero in ragione di 600 grammi per ogni chilogrammo di composto presente in pentola. Cuocete per altra mezz’ora e invasate ancora calda.

I tempi di cottura possono essere prolungati se si desidera ottenere una maggiore consistenza e/o si può incrementare il quantitativo di zucchero di altri 200 grammi per chilo.

Lo sciroppo di sambuco, dalla tosse ai gelati

Lo sciroppo di sambuco, così come riportato, è un composto la cui collocazione risulta incerta fra la ghiottoneria e il coadiuvante nelle terapie delle affezioni delle vie respiratorie. In qualsiasi modo voi lo usiate, nel latte caldo o sopra il gelato, sarete sorpresi dal “sapore intrigante” che saprà regalarvi.

Raccogliete le bacche mature e schiacciatele delicatamente filtrando attraverso una tela circa 300 grammi di succo. Versate il succo in una pentola e scaldatelo a bagnomaria sciogliendovi mezzo chilogrammo di miele non lavorato facile da reperirsi presso un produttore. Aiutatevi con un cucchiaio di legno e non fate scaldare troppo il miele per non inattivarne le proprietà. Conservate in piccoli recipienti prima sterilizzati.

Una bevanda inebriante

Nell’immaginario comune cosa c’è di più inebriante delle bollicine dello champagne che sanno racchiudere in sé la festa e l’ebbrezza?

Scegliete una grande ombrella di sambuco in piena fioritura e togliete meticolosamente tutti i peduncoli e tutti i calici. L’operazione può risultare noiosa, ma è indispensabile perché i peduncoli rischiano di conferire l’amaro, e non lo vorremmo, a tutte le nostre preparazioni. Ponete i fiori in una piccola damigiana a collo largo insieme a 230 grammi di zucchero, la buccia di mezzo limone privata del bianco e un cucchiaio di aceto di mele bianco. Versate un litro e mezzo d’acqua minerale non gasata o, meglio, d’acqua piovana o di sorgente montana povera in sali minerali come il calcio. Coprite l’imboccatura con una garza e lasciate fermo per due giorni così che possa fermentare. Filtrate e imbottigliate. Vanno benissimo quelle da birra in vetro spesso e con chiusura ermetica. Aspettate ancora quindici giorni prima di brindare.

Attenzioni

Ricordate di non consumare mai le parti verdi del sambuco.

I frutti devono essere raccolti quando sono già neri, e non più rossi, ma ancora brillanti. Il colore opaco è indice di surmaturazione e possibile infestazione parassitaria.

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