Pino mugo

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Pianta pioniera, presente nella fascia più alta della vegetazione, è l’unica a resistere in alta montagna insieme a faggio e larice.

Il pino mugo non sempre si riconosce con facilità perché è pianta multiforme capace di adattarsi alle condizioni più disparate e avverse trasformandosi da albero a voluminoso cespuglio, da pianta quasi strisciante a sempreverde di aspetto ricadente lungo le forre e i dirupi. E’ per definizione il pino di montagna quella che tutto sopporta e non teme il gelo o l’azione dei venti invernali di tempesta.

Fra le Pinaceae è quello che più si spinge in quota rappresentando spesso l’ultimo baluardo della vegetazione arborea in quota.

 

Dove si trova

La fascia altimetrica di diffusione del pino mugo è piuttosto ampia e va dai 450 metri di quota ai 2.500. Al limite estremo assume un aspetto prostrato e contorto radicando spesso nel terreno fra due sassi molto ravvicinati o in quello depositatosi in una crepa di un macigno. Cerca in ogni modo un riparo ai venti freddi e un buon ancoraggio che non sia interessato dai moti di caduta a valle del manto nevoso. Si trova mescolato ad erica, mirtilli, rododendri e qualche faggio che cresce con le stesse modalità.

In questa ultima fascia di vegetazione può dar vita anche ad estese colonie, le mughete, di soggetti cespugliosi, poco più che prostrati, capaci di tappezzare il terreno. L’azione di consolidamento del versante è doppia, da una parte le radici non profonde, ma molto estese formano una rete che ferma il terreno, dall’altra i rami flessibili creano una trama su cui la neve si appoggia riducendo i rischi di valanga.

E’ presente sulle Alpi e gli Appennini, sui monti Pirenei, nei Carpazi e nella regione balcanica.

 

Descrizione

La forma arborea del pino mugo può raggiungere e superare i 20 metri di altezza. Ha chioma di forma ovale, sempre piuttosto rada.

La forma cespugliosa, più diffusa, raggiunge un’altezza massima di 4 metri, ma spesso resta al di sotto dei due. I rami scorrono sul terreno nel tratto iniziale per poi elevarsi diritti versi l’alto. Sono sottili ed elastici.

Nel dubbio si osservino gli aghi che sono riuniti a coppie. Lunghi fino a sette cm, sono pungenti, duri, e di colore verde scuro.

Molto appariscenti, anche perché per l’altezza ridotta è possibile osservarle a distanza ravvicinata, sono le infiorescenze. Quelle maschili formano gruppi alla base dei nuovi germogli, sono così numerose da sembrare un ricco manicotto. Sono gialle per via del polline contenuto. Quelle femminili di colore rosso sono meno visibili.

Le pigne impiegano due anni a maturare e restano sui rami della pianta almeno ancora un altro anno prima di cadere. Durante questo tempo il loro portamento muta. Inizialmente eretto diviene orizzontale o, addirittura pendulo. Tondeggianti o subconiche sono larghe da due a tre cm e lunghe da due a sei. Liberano il seme, aprendo le squame, scuro e con ala membranosa, solo nella primavera del terzo anno.

 

Come utilizzarlo in giardino

Esistono diverse varietà di pino mugo da giardino, tutte di ridotte dimensioni da abbinare a piante perenni acidofile o altre conifere nane. Accanto al vecchio “pumilio”, varietà prostrata, si può ricordare “mops” caratterizzata da un colore quasi bianco della nuova vegetazione che contrasta con il verde scuro tipico della specie e degli aghi adulti, oppure “Elfin green” di colore più chiaro.

Si possono contornare o affiancare a erica e calluna, rododendri, azalee, e arbusti con corteccia colorata, decorativi anche quando spogli.

 

Poche regole da seguire

Il pino mugo è pianta acidofila e in terreni argillosi, pesanti, ricchi di calcare attivo non riesce a svilupparsi resistendo per molto tempo prima di morire, stentato e clorotico.

Si mette a dimora alla fine dell’inverno o all’inizio della primavera, secondo l’andamento stagionale e la fascia altimetrica, prima della ripresa vegetativa. Il terreno, ovviamente, non dovrà essere ancora gelato. La buca di scavo deve essere per profondità e larghezza il doppio del pane di terra o del vaso nel quale la pianta è stata acquistata.

E’ importante cercare di ripristinare la direzione di crescita naturale delle radici che si allargano verso l’esterno e che nel vaso avranno creato un ammasso unico molto intricato. Si inizia agendo con delicatezza operando su quelle più esterne cercando di non spezzarle.

Sl fondo della buca, specie se si ha terreni con un drenaggio insufficiente si pone un buon vespaio di ghiaia e sabbia. Il terriccio da utilizzare deve essere terra di foglie o per piante acidofile, si possono mescolarvi all’interno anche agi di pino.

Il colletto deve restare qualche cm al di sopra del livello del terreno perché un terriccio di questo tipo, molto soffice, con il tempo si compatta, abbassandosi. Si comprime il terreno con il palmo delle mani aperto e si bagna.

Per bagnarlo è consigliabile formare con la terra di risulta dello scavo un cordone intorno alla pianta, dieci cm oltre la proiezione della chioma così da poterla allagare. In questo modo tutto il terriccio sottostante si bagnerà nello stesso modo e tutte le radici ne potranno avvantaggiarsi.

Non dimentichiamo una ricca pacciamatura acidofila fatta con pigne, corteccia o aghi di pino.

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