Finocchio selvatico

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Finocchio selvatico (Foeniculum vulgare)

Il finocchio selvatico, Foeniculum vulgare, conosciuto anche come finocchietto, finocchiello, finocchiastro, finocchio cavallo, anicetto, scartoccini, appartiene alla famiglia delle Apiaceae. Pianta perenne, erbacea, con rizoma breve e ramificato, radice cilindrica. Il fusto eretto, che può raggiungere anche i due metri d’altezza, è angoloso, solcato longitudinalmente, fistoloso e ramificato a corimbo.

Le foglie hanno forma facilmente riconoscibile, primo segno d’identificazione della pianta. Sono bislunghe e suddivise in sottilissime lacinie regolari e lineari. QuelleQue superiori sono dotate di guaina che avvolge il fusto e possono essere considerate sessili, quelle inferiori sono picciolate.

I fiori sono raccolti in ombrelle con un numero variabile di raggi dai 5 ai 15. I petali inizialmente verdognoli diventano gialli. I frutti, quelli che noi chiamiamo impropriamente semi, sono di forma oblungo-ovata, con coste rilevate ed equidistanti, glabri, grigiastri. Si tratta di acheni di forma ovoidale rastremati agli apici.

Dove trovarlo

Il finocchio selvatico è pianta tipica delle regioni costiere dove con facilità trova il suo habitat ideale: angoli aridi, sassosi, assolati, zone rocciose, vecchi muri a secco.

Il suo areale si spinge però sino alla zona submontana dove possiamo incontrarlo sporadicamente in terreni ben soleggiati, asciutti, ai margini di strade e terreni coltivati.

La raccolta per l’uso alimentare prevede di non toccare in alcun modo le radici e il rizoma così da poter garantire futuri approvvigionamenti. Si raccoglie quando è ben sviluppato, ma sempre prima della fioritura perché non sia stopposo. E non si raccolgono tutte le piante perché una parte di queste offrirà a fine stagione i semi per uso aromatico.

Largo alle insalate

Si unisce in tutte le insalate, senza scartare le foglie che possono essere tritate finemente e usate come una sorta di condimento di qualunque altra verdura, anche poco sapida, dell’orto o dei campi.

Come usare le foglie

Del non comune finocchio selvatico nulla deve essere gettato, nemmeno le foglie, la spiccata componente aromatica le rende idonee per preparare una semplice e veloce pasta.

In una padella sciogliere nel burro un’acciuga per ogni commensale e mettere sul fuoco basso con uno spicchio d’aglio schiacciato, ma non tritato. Unire, per ogni persona, 25 grammi di foglie di finocchio selvatico finemente sminuzzate. Sempre a fuoco molto lento insaporire con una punta d’estratto e unire pepe macinato fresco o, a scelta, peperoncino. La cottura richiede pochi minuti e appena la pasta è pronta va passata in padella. E’ possibile unire parmigiano reggiano a breve stagionatura, dodici mesi, grattugiato sul momento, pastoso e dolce.

Una zuppa aromatica

Una zuppa semplicissima, di facile esecuzione e gradita per la sua nota di sapore antico. Tagliare in cubetti regolari e mettere in un capiente tegame 100 gr di pianta senza foglie per ogni commensale. Coprire d’acqua, regolare di sale, e far cuocere, circa quindici minuti. Nelle ciotole disporre una robusta fetta di pane tostato. Cospargere con un filo d’olio e una abbondante dose di parmigiano reggiano grattugiato;  volendo aggiungere due cucchiaiate di cubetti di pancetta rosolati a parte con un po’ di peperoncino. La zuppa è pronta da versare nelle ciotole.

Dal pane ai liquori: ovunque si ritrovano i semi

I semi devono essere raccolti, secondo la zona e l’andamento stagionale, a fine agosto o in settembre. Se umidi si fanno seccare in posto ventilato e si mettono in un sacchetto di carta. Solo dopo un certo periodo di permanenza in dispensa, accertata la loro buona conservazione, si mettono in vaso.

Con i semi potremo insaporire a nostro piacere qualsiasi prodotto di panificazione. Per non annullare il sapore conviene non mescolarli con altri semi come cumino, papavero, coriandolo o anice.

Note omeopatiche di Ennio Masciello

Pianta dai molti nomi comuni, se ne conoscono almeno due varietà: la prima dal sapore dolce, in genere coltivata come ortaggio o per i semi aromatici, la seconda dal gusto amaro, più  spesso selvatica. Sono impiegate in fitoterapia in modo simile.

Regolarizza i disturbi digestivi attraverso un’azione antispastica, carminativa, cioè favorente l’espulsione dei gas intestinali; antifermentativa, specie nei neonati e nei bimbi  piccoli; digestiva ed aperativa. Aumenta inoltre la secrezione salivare, biliare e gastrica.

E’ un potente galattogeno, cioè stimola la produzione lattea, sia per via orale (insieme alla galega ed all’anice) sia in forma di cataplasmi, cioè applicazioni “pastose” cutanee, impiegati  localmente. Il cataplasma è anche un disinfiammante mammario, e, come il decotto, lo è sull’occhio.

Mucolitico respiratorio ed antibatterico, si usa sia in forma di estratti acquosi sia di essenze nelle patologie bronchiali.

La radice è diuretica ed entra a far parte con sedano, pungitopo, asparago e prezzemolo dello “Sciroppo diuretico delle cinque radici”.

Tanta facilità  di utilizzo deve, però, fare i conti con una serie di effetti collaterali: l’olio essenziale è allergizzante cutaneo e respiratorio; l’essenza pura può indurre spasmi del laringe e non va data in età pediatrica; meglio non maneggiarlo in caso di flogosi acute del tubo digerente; comunque è prevederne un uso a tempo determinato.

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