Farfaraccio

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Farfaraccio (Petasites)

I farfaracci fioriscono già a partire da gennaio formando racemi con capolini che portano all’esterno fiori ligulati circondati da brattee di aspetto fogliaceo. Fecondati dalle api si trasformeranno in frutti pelosi che saranno diffusi dal vento.

Le foglie diventano evidenti e crescono solo dopo la fioritura. Sono grandi ed è proprio alla loro particolare ampiezza che si deve il nome, deriva, infatti, dal greco Petàsos, un cappello a falde larghe usato dagli antichi per coprirsi la testa e ripararsi dalla pioggia. Sono piante erbacee e perenni dotate di un forte rizoma tuberoso strisciante. Diffuse in Europa, Asia e Nord America.

Impiegato come pianta medicinale fin dall’antichità, godette il momento di maggior fama nel XV secolo quando fu utilizzato per curare la peste, oggi come pianta medicamentosa è di uso sporadico.

In giardino

Poco comune nei giardini di piccole dimensioni, a volte presente nei parchi dove vi siano zone ombrose, fresche e umide come i greti dei ruscelli, il farfaraccio se si ha l’accortezza di mantenere umido il terreno può rappresentare la prima fioritura del giardino, in diretta competizione con il bucaneve. E’ pianta insolita, con un aspetto rustico e selvaggio, ma non privo di grazia, capace di destare meraviglia per quel suo già essere in boccio sotto la crosta di neve. I migliori da adattare al giardino sono le specie spontanee che si possono trovare in zona. Possono essere prelevate alcune piante, da tre a cinque, per costituire una piccola colonia. Il forte tasso di riproduzione rende la pianta invadente se il terreno e le condizioni sono adatte. Vive in suoli umidi, ricchi d’acqua, freschi e ricchi di scheletro, meglio se calcarei, con luce abbondante, ma preferibilmente non diretta. Sono facilissimi da coltivare e non richiedono nessuna cura particolare se non bagnare il terreno quando manca neve e pioggia.

Perfetti anche per i terreni scoscesi purché umidi, così vigorosi da divenire potenzialmente invadenti, tanto da dover essere estirpati. Il robusto sviluppo dei rizomi può servire a consolidare terreni alluvionali e dilavati. Si riproducono con facilità per divisione dei rizomi da effettuare nei mesi di ottobre o di novembre. Unico avvertimento riporli subito nel terreno senza lasciarli asciugare.

 

Cinque specie

Il genere Petasites, famiglia delle Asteraceae, è composto da sole cinque specie. Il più bello ed elegante è di certo Petasites albus, il farfaraccio bianco, che si trova con facilità nei luoghi umidi, nelle radure, lungo le scoline delle strade bianche. I fiori, capolini di colore bianco o biancastro, sono riuniti in dense infiorescenze di forma emisferica od oblunga. Le foglie, riconducibili ad una forma reniforme o arrotondata, ma dal profilo angolo e dentato, sono riconoscibili per il tomento lanuginoso di colore biancastro che ricopre la pagina inferiore. Pianta spontanea non è di norma coltivata, ma può essere naturalizzata con successo nei parchi, lungo il corso dei torrenti e nelle vicinanze di specchio d’acqua.

Il farfaraccio maggiore, conosciuto anche come tussilaggine maggiore o slavazza, Petasites hybridus, un tempo Petasites officinalis, è pianta di grandi dimensioni, con un fusti alti da 30 a 100 cm e foglie grandissime. Ha capolini tra il rosa ed il porpora riuniti in racemi terminali. I fiori maschili, di circonferenza di circa un cm, sono grandi il doppio di quelli femminili che possono essere distinti anche dal peduncolo di maggiore lunghezza. Le foglie cuoriformi, con i lobi basali arrotondati ed il margine dentato, sorrette da un lungo picciolo e da una rete di robuste venature, possono raggiungere una lunghezza di un metro ed una larghezza di 60 cm. La pagina inferiore è ragnatelosa, quella superiore è ricoperta di corti peli. Si parla solitamente di foglie estive perché il loro sviluppo segue quello delle infiorescenze e raggiungono il loro pieno sviluppo quando di questi, spesso, non resta traccia. Ha un vaso areale di diffusione raggiungendo i 1500 metri di altitudine.

Petasites fragrans, originario della Sardegna, della Sicilia e del Nord Africa, ma naturalizzatosi a macchia di leopardo in tutto il territorio peninsulare, è caratterizzato da un delicato profumo di vaniglia. Coltivato nei giardini per la fioritura anticipata col nome popolare di “Vaniglia d’inverno” ha capolini sui toni del rosa, raggruppati in racemi terminali di circa dieci unità. Simile al P. albus raggiunge un’altezza di circa 30 cm, e sviluppa contemporaneamente fiori e foglie. Le foglie basali, a margine dentato, sono cuoriformi e picciolate.

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