



Cipollaccio dal fiocco o lampascione (Muscari comosum)
Il cipollaccio dal fiocco, ex Liliaceae ora Hyacinthaceae, conosciuto anche con i nomi di , lampascione, lampagione, muscari, cipullizza, aglio di biscia. E’ la classica pianta spontanea che non si nota, è poco appariscente se non nel periodo della fioritura, quando un’attenta osservazione fa apprezzare la particolare ed elaborata struttura floreale.
Descrizione e ciclo vegetativo
Il bulbo è all’incirca come una grossa noce, di forma ovoidale leggermente schiacciata, molto compatta, e rosata; dal bulbo in primavera emerge un pennacchio di foglie lineari, scanalate a doccia, leggermente carnose, a punta acuta, glabre. Dalle foglie spunta ben presto uno scapo fiorale destinato a durare per diverso tempo. Lo scapo ha sezione cilindrica e può raggiungere anche i 40 cm, ma solitamente è di dimensioni più modeste; in aprile e in maggio esso fa sfoggio di un’infiorescenza racemosa terminale di colore blu o viola acceso.
Sulla cima con funzione vessillare sono presenti fiori sterili, più piccoli e più chiari dei sottostanti, con peduncoli più allungati che costituiscono una sorta di pennacchio.
Dove trovarla e quando raccoglierla
Il cipollaccio è tradizionalmente più noto e apprezzato in meridione, Calabria e Puglia, che nelle regioni del centro nord. Predilige i terreni incolti, i margini delle strade di campagna, le brevi scarpate ben esposte, ma prospera con facilità anche nei terreni posti a coltura ed inerbiti. Dalla pianura si spinge, se l’esposizione è buona, anche oltre i 1000 metri d’altitudine.
Esiste un solo momento dell’anno non indicato per la raccolta dei bulbi: è quello dell’emissione dello scapo floreale. In questa fase le riserve della pianta sono al minimo. Il periodo ideale resta la fine dell’estate quando le foglie sono ancora visibili e ben identificabili, ma la somiglianza delle foglie con il velenoso colchico, potrebbe trarre in inganno e quindi per la raccolta dei bulbi conviene segnare con un chiaro riferimento dove si sono individuati i cipollacci in fiore.
Oggi è possibile trovare sul mercato bulbi derivanti da coltivazioni, dal sapore meno marcato, ma, ugualmente, ottimi.
Cipollacci conservati sott’olio
I bulbi una volta raccolti non vanno subito lavorati, ma stesi in una cassetta di legno in luogo ventilato non esposto al sole. Procediamo poi all’eliminazione delle foglie, delle radici, delle “membrane” esterne secche. Si gettano i bulbi in acqua e aceto di vino bianco in ebollizione per circa tre minuti. Acqua e aceto devono essere in eguale quantità. Si aggiungono foglie d’alloro e pepe in grani. Per un migliore risultato si dividono i bulbi secondo le dimensioni in grandi e piccoli ritardando l’immissione in pentola dei secondi per non cuocerli troppo.
Si scolano e si stendiamo subito su un canovaccio così che possano sgrondare e asciugarsi. Con nuovo alloro e nuovo pepe si dispongono all’interno di piccoli vasi. Si ricoprono con olio d’oliva extravergine dal gusto non troppo marcato. Il livello dell’olio deve essere controllato perché tende ad abbassarsi. Con tecnica analoga possono essere conservati sotto aceto, o, proprio come si fa con i capperi, sotto sale.
Impiego come aromatica
Come aromatica può entrare crudo in insalate dove aggiunge una nota a sfondo amaro, ma intrigante. Nelle frittate come sostituto della più domestica cipolla o insieme con alcune erbette. Lessato, scolato e condito semplicemente con olio e sale per accompagnare crostini e formaggio morbido come robiola o simili. La lessatura in due tempi, con cambio dell’acqua, permette di attenuarne la nota amara.