






Cicoria selvatica: amara come l’inferno, azzurra come il cielo…
Chi si accorge più della bellezza discreta e antica dei fiori di campo? Di quelli che ad ogni primavera, fino all’autunno, sono variegata bordura lungo i fianchi delle strade?
… così la cicoria selvatica è diventata coi tempi moderni un fiore scomparso che quasi nessuno ricorda
E’ da un ceppo di cicoria selvatica mediterranea selezionata nel tempo che derivano molti degli ortaggi abitualmente coltivati: la cicoria coltivata, le scarole, le indivie e le cicorie arricciate, i radicchi rossi o variegati del Veneto, la catalogna, il grumolo, il pan di zucchero, e quelle per la produzione di radici.
Come riconoscerla
La pianta si comporta come perenne o, alla peggio, come biennale. Facile da riconoscere in fase di fioritura per le caratteristiche corolle azzurre riunite in capolini.
Ad inizio primavera cerchiamo, invece, la rosetta basale ricca di robuste foglie ruvide, leggermente pelose, dentate, che terminano in forma di punta di freccia. La nervatura centrale è evidente.
I fusti fioriferi sono spogli, flessuosi, con portamento spesso divaricato. La radice è fusiforme fittonante e tutto l’apparato è ben sviluppato. I frutti sono degli acheni ed i semi possono essere impiegati per propagare la pianta anche negli orti o nei pressi delle nostre case. L’epoca di semina non ha molta importanza perché i semi si mantengono attivi per più anni.
Quando e dove raccoglierla
Diffusa quasi ovunque nel nostro paese la cicoria preferisce i bordi delle strade, gli incolti, i maggesi, i pascoli, ruderi e scarpate. Si raccoglie quando le foglie sono ancora tenere, possibilmente prima della fioritura, anche se è solo con questo momento che la maggior parte delle piante divengono facilmente individuabili. Raccogliamo lo stesso le foglie rifilandole per eliminare le nervature più dure. Quando scegliamo di lessare la pianta anche le cime più tenere possono essere impiegate con successo. Non estirpiamo mai la pianta se non intendiamo far uso della radice, così potremo goderne anche l’anno successivo.
Il vecchio caffè di cicoria
La radice dobbiamo raccoglierla in autunno quando ormai la migrazione delle sostanze nutritive negli organi d’accumulo ne ha accresciuto le dimensioni. Estirpiamo la radice quando il terreno non è bagnato perché sarà più facile estrarla senza troncarla. Spazzoliamola, tagliamola per il lungo e mettiamola a seccare in piccoli pezzi in forno. La tostatura deve essere fatta lentamente per non bruciare le radici solo all’esterno, ma essiccarle completamente. Maciniamo e usiamo come surrogato del caffè o come componente di miscele di caffè, orzo e altri cereali tostati.
Molto in voga quando il caffè vero era un bene irraggiungibile per le tasche dei più, oggi ritorna come bevanda “verde”.
Cicoria alla romagnola
Prepariamo la cicoria come per una normale insalata, e quindi scegliendo parti tenere e fresche, ma, in sostituzione dell’olio e altri condimenti classici, facciamo soffriggere in padella della pancetta a dadini fino a quando la componente grassa ha cambiato del tutto colore, abbassiamo la fiamma e uniamo un buon aceto. Tiriamo a cottura il tempo necessario ad amalgamare e dare colore al tutto e versiamo ancora caldo sulla verdura.
Una zuppa ricca
Raccogliamo tanta cicoria da avere ottocento grammi di foglie pulite che con le forbici sminuzzeremo finemente. Soffriggiamo olio, cipolla e pancetta nel fondo di una pentola alta. Caliamo la fiamma e buttiamo la cicoria con due litri di brodo di pollo. Facciamo bollire fino a quando la verdura è cotta. Battiamo un uovo ogni due persone con formaggio pecorino grattugiato e mettiamo nelle fondine prima di versare. Guarniamo con un po’ di cicoria fresca.
Un fiore dell’amore inraggiunto
Dopo tanto tempo ben speso fra campo e fornelli non dimentichiamoci che dietro ogni fiore si nasconde una vera e propria miniera di storie, leggende e poesie.
Nei paesi d’oltralpe il fiore della cicoria è simbolo della sposa del sole, ma più ancora le lunghe scie di fiori, che si aprono al mattino e chiudono di sera, ai bordi delle strade ricorderebbero il cammino senza meta di un disperso amante.
“Amara come la sconfitta” scriveva il grande Maurice Messegue, ma, al contempo, ricca di virtù, già Galeno e Dioscoride la consigliavano.
Il medico omeopata
Galeno, uno dei più antichi e grandi maestri della medicina, la definiva amica del fegato. Questo per la sua azione coleretica e colagoga (che fa cioè aumentare la produzione ed eliminazione della bile). Se ne usano in medicina le foglie e le radici, attraverso infusi, estratti fluidi, secchi o alcolici. In realtà tutti i maggiori studi rivolti alla valutazione dell’azione della pianta sono stati effettuati con utilizzo “ pseudo alimentare”. Molto interessante è un lavoro svolto in Italia negli anni trenta: mise in evidenza le proprietà ipoglicemizzanti della pianta. Risultava che l’ingestione sia della cicoria sia della sua acqua di cottura, produceva un notevole abbassamento del valore dello zucchero nel sangue ed un minore rialzo dello stesso dopo un pasto a base di carboidrati. In seguito si ebbero analoghi risultati attraverso l’utilizzo di succhi. La cosa non ebbe ulteriori sviluppi certamente per assenza di interesse speculativo. Non credo che potrebbe mai sostituire gli ipoglicemizzanti orali e l’insulina, ma certamente il suo utilizzo permetterebbe, almeno, di ridurre le dosi di tali medicine !!! Le radici producono disappetenza e quindi hanno ragione di essere nelle diete. La bevanda che si prepara con le radici può costituire un succedaneo del caffè ed un antagonista delle proprietà stimolanti della caffeina. Per uso esterno, i cataplasmi di foglie (applicazioni di foglie bollite) risolvono ulcere cutanee e foruncolosi. (Ennio Masciello)