








Cardo mariano (Silybum marianum)
Il cardo mariano, Silybum marianum, famiglia delle Asteraceae, si è diffuso ben oltre il suo areale d’origine e oggi si trova anche negli Stati Uniti e in molti paesi d’Europa laddove esistano condizioni adatte alla sua crescita.
La pianta si diffonde facilmente per seme. Si tratta di pianta biennale dal fusto eretto e vigoroso con foglie dal disegno marmorizzato non certo comune in natura. Le grandi venature bianche spiccano su un verde chiaro, ma non sbiadito. Tutta la superficie della foglia è lucida, quasi metallizzata, così che riflette i raggi del sole e da lontano non risulta in tutta la sua istoriata bellezza. E’ di consistenza coriacea, ma flessibile, difficile a rompersi o piegarsi. L’acqua scivola via o forma grosse gocce per via del rivestimento ceroso.
Nel primo anno si sviluppa la rosetta basale e qui le foglie sono grandi (fino a 40 cm) e profondamente lobate, mentre le foglie che si sviluppano sul fusto sono sessili, più piccole e meno incise, ma riportano lo stesso disegno delle prime.
Le foglie sono avvolgenti, grandi e profondamente ondulate, con margini sinuosi. Le spine, che si potrebbero sottovalutare, sono più resistenti di quelle degli altri cardi così che la pianta non è facile da maneggiare, ma richiede sempre l’uso di guanti di pelle come protezione. Le spine sono giallastre e sono portate al termine di ogni lobo fogliare di forma triangolare.
Nel secondo anno le piante, dal mese di maggio, iniziano a sviluppare il fusto glabro e poco ramificato che porterà i fiori raggiungendo un’altezza fra i 50 ed i 150 cm. Si tratta di capolini color porpora, profumati, simili a quelli del carciofo, con un diametro di circa 5 cm, incorniciati da una raggiera di brattee spinose. Fioriscono in modo scalare all’interno della stessa pianta da inizio giugno a fine luglio. Sono portati in posizione terminale, sorretti da lunghi peduncoli.
I frutti sono acheni di colore scuro o marezzati di giallo con pappo chiaro formato da peli ruvidi.
La radice è robusta e fittonante.
In natura
Pianta tipica del sud dell’Italia, vive in luoghi assolati e asciutti, con suoli ben drenati, riparata dai venti. In ambienti ideali è capace di formare dense colonie tanto da divenire infestante, compare nei prati incolti, lungo le strade dove si accumula materiale di risulta, fra le macerie. Dal piano sale fine a 1.000 metri di quota, dal mare fino all’area submontana.
Dove e come coltivarlo
La coltivazione è quanto di più semplice esista. Si raccolgono i semi per scuotimento dei capolini e si pongono direttamente nel terreno. Preparare un semenzaio con terriccio leggero ben drenato, mescolando un terzo di terriccio da fiori, un terzo di torba ed un terzo di sabbia. Seminare a spaglio ricoprire con uno strato sottile, circa mezzo centimetro, e bagnate quel tanto che basta a mantenere il terriccio umido. Le giovani piantine possono essere diradate, se già seminate nel luogo di coltivazione, o trapiantate. La coltivazione si può effettuare a macchie irregolari o a file mantenendo una distanza fra le fila di 60-70 cm ed una densità di 8, massimo, 10, piante per metro quadrato.
La semina può anche essere rimandata a primavera (marzo-aprile).
Le piante già radicate con pane di terra, anche quelle prelevate in natura, si adattano con successo a qualsivoglia tipo di terreno, purché privo di ristagni o troppo freddo. Il migliore è leggero, sciolto, ben drenato, abbastanza profondo, caldo.
L’esposizione in pieno sole, ottima quella a ridosso di un muro a secco rivolto a sud, è garanzia di un’ottima riuscita della pianta.
Per evitare la disseminazione si recidono i capolini prima che sfioriscano e diffondano i semi.
Pianta tipica di luoghi seccagni non ha bisogno di essere irrigata se non a fronte di prolungata siccità.
(Disegno di Gabriella Gallerani)