Belladonna

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Belladonna, Atropa belladonna

La belladonna (Atropa belladonna) è una Solanacea proprio come il pomodoro e la patata, piante utilissime, potenzialmente tossiche se verdi, o rinverdite, per la presenza di solanina, ma anche come il giusquiamo nero (Hyoscyamus niger) e lo stramonio (Datura stramonium) due fra le piante più velenose al mondo.

I casi di avvelenamento involontario per ingestione di belladonna atropa sono da ricollegare alle bacche che hanno un aspetto lucido, maturo e succoso, tanto da invitare al consumo. Atropina e tosciamina, gli alcaloidi contenuti in ogni parte della pianta, agiscono sul sistema nervoso arrivando ad essere mortali. Chi vuole coltivarla in giardino al termine della fioritura può recidere i peduncoli dei calici dei fiori.

 

Dove trovarla in natura

Resistente al freddo la belladonna si può incontrare fino ad oltre 1.500 metri di quota. E’ pianta colonizzatrice nei terreni oggetto di una bruciatura veloce, come spesso accade in montagna sui pendii, dove il fuoco, spinto dal vento, non ha carbonizzato il terreno, ma solo lo strato superficiale del cotico.

Si trova nei boschi di latifoglie al margine delle radure o dove si crei “un pozzo” di luce, lungo i sentieri e le strade forestali, nei terreni disboscati o protetti da un albero capace di dare riparo senza togliere completamente la luce.

La fioritura, sempre scalare, inizia nel mese di maggio, ma dove il terreno resta coperto di neve fino a tardi le corolle si aprono da giugno fino al mese di agosto.

 

Descrizione

La belladonna è una pianta erbacea perenne di grande sviluppo che all’arrivo dell’inverno dissecca tutta la parte aerea lasciando sul terreno pochi resti.

La pianta adulta raggiunge il metro e mezzo di altezza, tre volte l’altezza raggiunta già al primo anno, ma nel tempo la pianta si arricchisce di fusti che divengono ogni anno più ramificati e fogliosi.

Le foglie sono grandi, lunghe fino a 20 cm, appuntite all’apice, di forma ovata, con margine intero, e lembo fogliare che corre lungo il picciolo fino al punto di innesto sul ramo.

I fiori, belli, ma poco vistosi, di colore verde e viola esternamente, hanno forma di campanula e interno giallo sporco. Per scoprirli ci si deve avvicinare alla pianta perché sono posti all’ascella delle foglie e non particolarmente grandi, lunghi fino a 3 cm. Un’attenta osservazione, però, ne rivela il pregio: sembrano quasi ottenuti dalla piegatura di una sottile carta di riso, delicati e semitrasparenti.

I frutti sono bacche semisferiche portate da un calice ingrossato che ne avvolge la parte basale. Prima piccole e verdi, ingrossandosi virano verso lo scuro, a maturazione hanno una colorazione nera completa e si presentano toniche e lucide, infine, prima di cadere e disseminarsi, la cuticola si presenta raggrinzita. Lasciano sulla pianta un calice stellato di colore chiaro che può essere inizialmente scambiato per un fiore. La loro maturazione è scalare, proprio come la fioritura, e sulla stessa pianta non è raro trovare fiori, bacche verdi e frutti maturi.

 

In giardino

Il portamento vigoroso e la forza che emanano le piante già all’età di tre anni sono sempre unite ad un senso di leggerezza perché i fusti non sono addossati l’uno all’altro, ma distanziati e divergenti, e le grandi foglie sono sempre leggermente decombenti.

In giardino, essendo pianta da ombra alta e vigorosa, può essere utilizzata in un’aiuola con scarsa illuminazione contornata da altre perenni più basse. Può essere collocata al riparo di una chioma di un albero, creando una sorta di angolo segreto. Gli uccelli selvatici sono immuni al veleno e rappresentano il miglior veicolo di diffusione della belladonna.

 

Coltivazione

Esposizione. Deve essere posta in posizione luminosa, ma al riparo dai raggi diretti del sole. Teme i luoghi ventosi perché le raffiche di vento possono troncare i fusti giovani.

Irrigazioni. Si bagna, sempre al piede, quel tanto da mantenere il terreno fresco, Soffre la siccità prolungata e le sole precipitazioni non possono bastare.

Terreno. Pianta adattabile preferisce terreni calcarei, drenati e privi di ristagno, anche sassosi, ma profondi.

Concimazioni. Di poche esigenze la belladonna non richiede fertilizzazioni, specie a base azotata che faciliterebbe l’allettamento dei fusti. Basta una buona pacciamatura con terricciato di foglie o letame per proteggerla dal freddo e rinnovare i nutrienti del terreno.

Non teme il gelo e sopporta inverni lunghi anche con diversi mesi di terreno coperto dalla neve e dal ghiaccio.

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