Aconito

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Aconito, Aconitum napellus

Una bellezza velenosa che a partire da giugno, per un lungo periodo, anche in funzione dell’andamento stagionale e dell’esposizione delle pendici, tinge i prati con le sue infiorescenze a grappolo di colore blu,

Originario delle regioni dell’Europa Centrale è oggi diffuso su tutte le catene montuose del continente. E’ fiore tipico dei pascoli alpini, dei prati d’alta quota e delle radure del bosco: ci indica che siamo arrivati nel regno delle piante di montagna dove essere resistenti al freddo, alle intemperie ripetute, al calpestio delle mandrie, è un requisito necessario, e non una qualità aggiuntiva.

Molto velenoso, in passato vi s’intingevano le punte di frecce e lance o era utilizzato per preparare bocconi letali da offrire a volpi, lupi, orsi e martore.

L’aconito, (Aconitum napellus L.) famiglia delle Ranuncolaceae, ha portamento eretto, con altezza molto variabile da 30 a 100 cm, con robusto fusto a sezione leggermente angolosa. Ha foglie alterne e picciolate, simili a piccoli leggeri ventagli, di colore verde scuro, lunghe fino a 12 cm, larghe fino a 8 cm, divise in segmenti a punta stretta e acuta, da sette a otto, a loro volta suddivisi in due o tre lobi. Sono più chiare nella pagina inferiore.

Forma lunghe spighe di un blu così intenso da confondersi con il viola, anche se di tanto in tanto compaiono soggetti a fiori bianchi. Fiorisce quando le temperature si stabilizzano verso i valori stagionali più alti e il fiore richiuso somiglia ad un elmo antico. La superficie dei petali e dei sepali è vellutata, di una morbidezza che già si apprezza con lo sguardo, perché tomentosa e ghiandolosa. Gli stami sono numerosi. E’ formato da cinque petali di cui quello superiore è il più sviluppato, mentre i due laterali sono ridotti a livello di squame. Sono raccolti lungo l’asse fiorale con densità variabile, mai ramificato. La fioritura è lunga e scalare, partendo dal basso.

Le radici sono robuste e sradicarlo è un’operazione che non sempre riesce per trazione. Per evidenziare le radici rizomatose è necessario intervenire con una vanga da giardiniere o con una forca. Osservandole ne individueremo sempre una o più raggrinzite e disidratate: sono quelle servite l’anno precedente come organo di riserva, oggi esaurite, e quelle fresche e turgide che le sostituiranno nel prossimo inverno.

La raccolta degli esemplari spontanei è comunque da condannare perché la pianta può essere acquistata nei garden e si può moltiplicare ricorrendo alla raccolta del seme. Questo si conserva in un sacchetto di carta da pane o in un barattolo forato, sempre in un luogo fresco e buio, fino a primavera quando si distribuisce su un lettorino di terriccio fertile e leggero, ricoprendolo con un sottile strato di apposito preparato per semine. Le giovani piantine si ripicchettano in vivaio per essere messe a dimora in autunno ad una distanza di 30-35 cm.

I frutti sono lunghi poco più di due centimetri e contengono una gran quantità di piccoli semi scuri e appiattiti. Da ogni fiore se ne originano da tre a cinque. Si dissemina con facilità e tende a conquistare spazio laddove vi è un carico eccessivo di bestiame perché non essendo brucato, potrà riprodursi liberamente.

 

In giardino

L’aconito è pianta erbacea perenne che ben si adatta a essere coltivata nei giardini purché si cerchi di ricreare le condizioni ambientali originarie.

La prima osservazione che sorge spontanea a quanti frequentino la montagna è l’assidua presenza di questa pianta lungo i camminamenti delle vacche mandate sul pascolo. Non si tratta di un caso: aconito napello e letame sono un binomio quasi indissolubile, tanto che il primo consiglio, e forse il più importante, per riuscire nella coltivazione di questo bel fiore è l’utilizzo, al momento dell’impianto, di abbondante letame. Durante la stagione vegetativa utilizzare un fertilizzante specifico per piante bulbose, una volta ogni tre settimane. A primavera apportare terricciato di letame.

Le piante devono essere poste in pieno sole perché solo così potranno fiorire con forza, anche se riesce ad adattarsi, nei climi più caldi e a quote più basse, all’ombra parziale. Irrigazione. Migliore sarà l’esposizione più regolari e frequenti dovranno essere gli apporti. L’acqua non dovrà mai mancare così che il terreno non asciughi fra due interventi successivi.

Completamente rustiche non temono il gelo invernale tanto che non richiedono nessun tipo di protezione.

In fatto di terreno sono adattabili ma è in quelli pesanti e argillosi che riescono meglio. E’ necessario che siano sempre profondi.

Lo sviluppo è veloce e da un anno all’altro i cespi si arricchiscono sempre di nuovi steli. Per favorire la salita a fiore degli steli minori, al termine della fioritura è necessario reciderli. A fine inverno, già al terzo anno, è possibile dividere i cespi per ottenere nuove piante.

La velenosità di tutte le sue parti, ma è maggiore a livello dell’apparato radicale, lo difende anche dai parassiti ed è necessario solo intervenire in caso di infestazioni accertate.

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