Zucca ‘Cappello Del Prete’

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Tipica della pianura reggiana e mantovana, ma diffusa anche nel parmense, deve il suo nome alla forma a due falde, quella superiore più larga e l’inferiore più ristretta, che ricorda il tipico copricapo del parroco in uso fin agli anni ‘50

Non si hanno notizie precise sull’origine storica della zucca ‘Cappello Del Prete’ anche se zucche costolute e verrucose compaiono già in dipinti tra ‘500 e ‘600 pur non essendo mai evidente la forma a turbante (o cappello) come la conosciamo oggi. Purtroppo nei trattati di agronomia e orticoltura, dal ‘700 a oggi, si riportano testimonianze limitate sulle zucche, essendo considerate colture minori riservate all’ambito domestico. Una prima citazione, zócca da la brètta, che potrebbe coincidere con il nome più in uso all’epoca per la ‘Cappello del Prete’, la si trova nella pubblicazione del Casali in “Nomi e piante nel dialetto reggiano”, Atti del Consorzio Agrario di Reggio Emilia, Reggio Emilia 1915.

 

La sua forma a turbante, somigliante alla ‘Marina di Chioggia’, non va confusa con la zucca ‘Turbante Turco’ con cui non ha nulla in comune. È, invece, parente stretta della ‘Beretta Piacentina’. Il nome di quest’ultima indica che molto probabilmente deriva dallo stesso ceppo del cappello del prete e che sia stata selezionata per eliminare la forma a turbante che dà meno resa in cucina e rappresenta un punto debole dal punto di vista fitopatologico. In ogni caso le due zucche sono tuttora simili, se si esclude appunto la forma e una costolatura più marcata nella ‘Beretta Piacentina’.

Pur essendo originaria di due regioni, l’Emilia Romagna e la Lombardia, l’Università degli studi di Pavia – Dipartimento Scienze della terra e dell’Ambiente – ha iscritto tale zucca al registro della varietà da conservazione con il nome di “Zucca Cappello Da Prete Mantovana” indicando quale zona di origine comuni della provincia di Mantova.

 

La zucca cappello ha reso famosi i tortelli di zucca anche se sta scomparendo a causa della minore produttività e per la caratteristica, poco adatta alla commercializzazione, della notevole variabilità della pezzatura che va da uno a cinque chili. Era molto diffusa nelle campagne fino all’ultimo dopoguerra, poi è stata progressivamente sostituita da varietà più facili da preparare e cucinare, o di pezzatura inferiore e più precoci, e di conseguenza quindi più adatte alla grande distribuzione. Pur con i limiti commerciali imposti dalla moderna distribuzione, si sta recuperando questa per la sua superiorità organolettica che rimane indiscussa: è sufficiente cuocere in forno la sua polpa, leggermente farinosa, per rendersi conto della sua qualità.

 

Coltivazione

Questa zucca richiede molto spazio. I suoi tralci possono raggiungere anche la lunghezza di 10 m, mentre il suo apparato radicale, molto ramificato, solo in parte penetra nel terreno in profondità. Per questo le piante si seminano a grande distanza.

Semina. Si consiglia un sesto d’impianto di 1,5 m x 2 m (per chi coltiva con il metodo biologico anche 2 m x 2 m). Si semina in tarda primavera (in genere aprile – maggio) con la tecnica delle postarelle mettendo 3-4 semi per buca a una profondità di 2-3 cm. Quando le giovani piantine avranno almeno tre foglie si procede al diradamento, che consiste nello scegliere la piantina più robusta ed eliminare le altre, lasciando due piante per buca.

Concimazioni. E’ molto esigente in fatto di concimazione. Ama i terreni ben lavorati e molto ricchi di sostanza organica, per questo i contadini tendevano a coltivarla intorno alle concimaie, dove le zucche crescevano a dismisura trovando nutrimento a sazietà. Di conseguenza occorre preparare bene il terreno per permettere alle radici di scendere in profondità. Un sistema è quello di scavare delle buche di circa 50 cm di diametro (che saranno poi le postarelle dove seminare le zucche) e riempirle di letame ben decomposto e maturo.

Cimatura. Una volta che le piante sono cresciute abbastanza si procede con la cimatura (o scacchiatura), ovvero il taglio del tralcio, da effettuarsi sopra la quarta o quinta foglia, in modo da favorire la cacciata dei germogli laterali che permetteranno alla pianta di allargarsi e non crescere solo in lunghezza.

Diradamento. Un’altra buona pratica è il diradamento dei frutti per aumentarne le dimensioni e la qualità lasciando non più di 3/4 frutti per pianta.

Raccolta. Va raccolta quando le foglie di tutta la pianta sono secche e ingiallite e dal rumore inconfondibile di vuoto interno che farà la zucca se colpita con le nocche delle dita.

 

LO FIEGO ANTONIO
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