
























Se è vero, come è vero, che lo studio più completo, riguardo ad un genere così ricco di specie qual è Oxalis, fu condotto più di 75 anni fa, viene da chiedersi se valga la pena che ne parliamo in questa sede, con l’intento evidente di tesserne l’elogio e di incentivarne la coltivazione. Malgrado tutto, pensiamo che sì: ne vale la pena, perché non è giusto che numerosissime piante graziose e di notevole pregio decorativo debbano scontare le ‘colpe’ di alcune loro consorelle. Non è del tutto escluso, infatti, che all’intero genere sia stata posta una specie di sordina, per il solo fatto che una delle più comuni malerbe, di difficilissimo controllo e quindi da combattere con diserbanti specifici, si chiami appunto Oxalis corniculata, estremamente diffusa ormai sull’intero pianeta. Il suo comportamento negativo è stato imitato da alcune altre specie, ma ciò non dovrebbe tradursi in un rifiuto generalizzato, che porterebbe ad escludere dal panorama delle piante ornamentali autentiche risorse di primo piano, quali ad esempio O. adenophylla, O. bowiei od O. corymbosa. Va peraltro osservato che una certa tendenza alla propagazione spontanea fa parte delle caratteristiche di tutto il genere, anche se poi è sufficiente un attento controllo da parte del giardiniere per porre riparo ad eventuali problemi di sovrappopolazione. In altre parole, sembra corretto affrontare il problema con criteri ragionevoli, al fine di separare il grano dal loglio, valorizzando il primo e debellando il secondo.
Acide ma dolcissime a vedersi
Le Oxalis prendono il nome dal termine greco ‘oxaleios’ (acidulo), con riferimento al caratteristico sapore delle foglie, tutt’altro che sgradevole, come ben sa chi ne abbia masticata qualcuna, magari della specie più diffusa nei nostri boschi, O. acetosella. Su queste basi, l’erba godette in passato di qualche fama come pianta officinale, anche se in realtà le virtù più elevate delle O. sono di natura estetica. Numerose specie nascono nelle zone temperate della terra, ma la maggior parte vive nelle aree tropicali e subtropicali dell’emisfero meridionale. Quasi tutte sono perenni, provviste di foglie palmate suddivise in tre segmenti, mentre i fiori – spesso solitari, ma anche riuniti in cime – sono colorati di bianco, rosa, rosso o giallo, con le variazioni intermedie delle numerose cultivar. Una caratteristica comune è l’altezza della pianta, di norma piuttosto modesta (10-30 cm) se non addirittura nana e tappezzante (3-10 cm).
Coltivazione
Le specie più rustiche
Le specie più rustiche, O. adenophylla, enneaphylla, magellanica e anche O. acetosella, affrontano e superano agevolmente gli inverni rigidi, con temperature inferiori a -15°C., ma non gradiscono il sole estivo bruciante, dal quale vanno riparate ponendole in mezz’ombra. Molte di loro sono piante alpine, che esigono un terreno molto ben drenato, sabbioso o sassoso, con almeno un po’ di humus.
Le annuali
Le annuali, come O. rosea, se coltivate nei vasi, richiedono un terreno non troppo fertile ma sempre un po’ umido, con un’esposizione a mezz’ombra.
Le specie semi-rustiche
Le specie semi-rustiche, come O. bowiei, latifolia, chrysantha, hirta, laciniata e tetraphylla, tollerano anche brevi periodi di gelo, ma esigono una certa protezione delle radici. Il terreno, comunque, deve essere sempre drenato e ricco di sabbia e sassolini.
Le specie non rustiche
Le specie non rustiche, O. ortgiesii, corymbosa, megalorrhiza, ecc. – non tollerano temperature inferiori a 10°C e quindi devono essere coltivate in serra o veranda, in posizione luminosa ma riparata dal sole diretto, con terreno molto fertile e ricco di humus. Vanno annaffiate in abbondanza, durante il periodo di fioritura.
Moltiplicazione
Si effettua con semina (ma i semi devono essere ben maturi) o divisione. Le talee, per le specie con fusti erbacei, vanno prelevate in primavera, poste in un miscuglio sabbioso e collocate in ombra, in luogo non freddo. Le specie bulbose producono numerosi germogli e bulbilli, che vanno separati dopo il termine della fioritura e messi a dimora in un miscuglio sabbioso o anche nel loro luogo definitivo.
In giardino
Le specie da tenere sotto controllo come potenziali infestanti, oltre ad O. corniculata, sono O. articulata, O. latifolia e, in parte, anche O. pes-caprae, che è però insuperabile nella formazione di tappeti gialli, come ben sanno i visitatori del giardino botanico di Villa Hanbury, presso Ventimiglia. Per alcune di loro, dotate di fiori appariscenti ma anche di belle foglie grigio-azzurre, il compito è di decorare giardini rocciosi, voluminosi contenitori di pietra (vasche, bacili, truogoli): O. enneaphylla ed O. adenophylla sono le più indicate. Altre, come O. magellanica, si trovano bene nelle fessure delle rocce o anche alla base dei muri non troppo soleggiati. Fra gli arbusti e gli alberi, un buon lavoro di propagazione viene svolto da specie molto rustiche e facili a diffondersi, come O. acetosella. Le specie più delicate, in genere originarie del Sudafrica e del Sud America, possono resistere nelle nostre aree meno gelide d’inverno, prestandosi alla decorazione di bordure erbacee o anche per riempire gli spazi nelle pavimentazioni. La coltivazione nei vasi e nei cesti da appendere è invece indicata per le poche specie annuali, come O. rosea.
Specie bulbose
Alcune Oxalis (in verità poche), sono piante bulbose, essendo provviste di veri e propri bulbi carnosi, purtroppo considerati gustosi da molti animali. La più interessante di loro è O. adenophylla, che vive sulle Ande anche sopra il limite degli alberi ed è quindi perfettamente rustica. Dal Sudafrica, invece, provengono O. hirta ed O. bowiei. La prima è una delle specie più alte (circa 30 cm), mentre la seconda vanta i fiori forse più appariscenti di tutto il genere, grandi e colorati di un bel rosa intenso o violaceo. Oggi è di gran moda, nei paesi anglosassoni, O. tetraphylla, che attira l’attenzione più per le foglie a 4 segmenti (come i quadrifogli) macchiati di scuro, che non per i fiorellini rosa. Pure bulbosa è O. pes-caprae, che nelle aree più miti si naturalizza con gran facilità. Per limitarne la diffusione, corre costringerle in confini precisi (pavimentazioni e interstizi), ma sono anche splendide se impiegate in masse sul primo piano delle bordure o sui muri.