Lupini

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Sono piante un po’ bizzose, questo è meglio dirlo subito: non tollerano questo, non gradiscono quello, anche se poi alla fine, trovata la formula giusta, le soddisfazioni non potranno mancare. Sulle prime i lupini ci faranno un po’ penare, ma in seguito, con quel loro portamento aristocratico e con quei colori sgargianti o delicati, quante possibilità in più sapranno offrirci per il nostro giardino! Eppure, un loro impiego su larga scala non fa ancora parte della nostra cultura giardiniera moderna, anche se la loro storia, nei rapporti con l’uomo, inizia da molto lontano. Gli storici della botanica ricordano che alcuni semi di lupino sono stati rinvenuti nelle tombe dei faraoni, anche perché è certo che gli Egizi ne coltivavano una specie (Lupinus termis) già 4.000 anni fa per uso alimentare. Anche noi, lo sappiamo bene soprattutto nelle nostre regioni centro-meridionali, siamo ancora affezionati ai lupini da sgranocchiare, beninteso dopo averli messi in ammollo per fargli perdere il caratteristico sapore amaro. I nostri progenitori Romani utilizzavano a questo scopo la specie L. albus, i cui semi venivano venduti come si fa oggi con le arachidi o le caldarroste, ma anche distribuiti gratuitamente dai politici per ingraziarsi il popolo in prossimità delle elezioni: una pratica sicuramente intramontabile. Sempre nell’antica Roma, i bambini o gli attori li usavano come finte monete, che con il passare del tempo furono chiamate appunti lupini. Un altro impiego di alcune specie eduli, come L. luteus, riguarda la tecnica agricola del sovescio, che sfrutta l’alto contenuto di sostanze azotate per arricchire il terreno con queste ultime. Con i progressi dell’agricoltura e in seguito ai mutamenti dei nostri gusti alimentari, tuttavia, i lupini sembrano ora orientati a deliziarci con la loro arma migliore, quella della bellezza: in giardino, se li collochiamo in modo corretto, conseguiremo risultati assolutamente inaspettati.

 

Due mondi, due habitat

Le 200 specie di lupini esistenti in natura possono essere erbacee annuali o perenni, ma anche piante legnose. Nel primo gruppo troviamo in particolare le specie sopra citate, apprezzate prevalentemente come piante alimentari o da sfruttare in campo agricolo. Non è peraltro detto che anche alcune perenni non possano svolgere le stesse funzioni: ad esempio, L. perennis viene impiegato, sia pure con misura a causa della latente tossicità, anche per dare foraggio al bestiame. Di norma, tuttavia, le perenni sembrano particolarmente versate per la decorazione dei giardini. Le legnose, poi, sono limitate nel numero ma di grande valore, come testimonia il loro alfiere, L. arboreus. Sotto qualunque prospettiva li si voglia considerare – piante alimentari od ornamentali o altro ancora – i lupini sono compresi in un genere che, nella scelta dei territori in cui nascere e prosperare, ha preferito concentrarsi in alcune vastissime aree, trascurandone completamente altre. Per la precisione hanno detto sì all’intero bacino del Mediterraneo, con un abbondante allargamento all’Europa meridionale da un lato e all’Africa del nord dall’altro; sì anche alle due Americhe con una netta preferenza per il versante del Pacifico, ma un risoluto no all’Asia e all’Oceania, oltre che alla restante parte dell’Africa. La natura ha poi voluto una differenziazione non meno precisa anche sotto il profilo funzionale, poiché la maggior parte delle specie eduli (come L. albus e L. luteus) ha scelto il Vecchio Mondo, mentre quelle più graziose si sono rifugiate nelle Americhe. Un’ulteriore divisione fra tutti i lupini si verifica, infine, osservando i loro habitat: la maggioranza, infatti, gradisce luoghi asciutti, quasi aridi, possibilmente pietrosi e poco fertili, mentre alcuni altri (pochi, ma importanti, come L. polyphyllus), nascono esclusivamente su terreno umido e fresco, ma anche perfettamente drenato.

Sognando California

Si sa che il primo botanico che studia in modo completo un genere di piante ha poi diritto di assegnargli il nome latino. Nel nostro caso, Linneo riprese l’antica denominazione usata dai Romani, di cui si è però persa l’origine etimologica: dal latino lupus, lupo (per alludere alla supposta prerogativa di alcune specie di ‘mangiare’ il suolo su cui crescono, esaurendolo in breve tempo), oppure dal greco lype (sofferenza o amarezza, con riferimento al sapore dei semi)? Non lo sapremo forse mai, ma ci chiediamo perché i nostri antenati non avessero preferito evidenziare l’aspetto più nobile del genere Lupinus: la sua stupefacente bellezza. E’ anche vero che essi conoscevano solo le specie più ‘utili’ e meno ‘belle’, quindi vanno perdonati, ma chissà cosa direbbero nel vedere un giardino colorato con i lupini scoperti nel Nuovo Mondo e soprattutto con i numerosissimi ibridi moderni. Limitandoci alle specie perenni (anche se alcune annuali meritano attenzione, come L. nanus, 50 cm, ma soprattutto L. bicolor, 40 cm, e L. varius, 80 cm), andrebbero menzionate decine di piante, quasi tutte nordamericane e in particolare californiane. Poiché, però, il nostro mercato sicuramente non abbonda di specie, è forse opportuno circoscrivere il discorso a pochi individui. In primo luogo va menzionato L. polyphyllus, che nella sua terra d’origine – dalla Columbia Britannica alla California – innalza fino ad un metro e mezzo dal suolo i compatti e lunghi (60 cm) racemi di fiori, il cui colore varia fra il bianco e il blu, passando attraverso il rosa e il violetto; un ottimo valore ornamentale è posseduto anche dalle foglie, suddivise in una dozzina o più di segmenti lunghi 15 cm, glabri sopra e ricoperti di peluria sericea sotto. Altrettanto interessanti sono poi L. perennis e L. nootkatensis, simili fra loro anche se distanti nella provenienza geografica: costa orientale degli U.S.A. il primo, costa occidentale il secondo. Alti sui 70 cm, portano racemi un po’ lassi di 30 cm, colorati nel modo più vario, fra il bianco e il viola. Infine, va ricordato L. arboreus, non solo perché si tratta di un arbusto che può toccare anche i 3 m d’altezza, ma soprattutto perché è dotato di racemi di un brillante giallo sulfureo, oltretutto profumati: un invito a nozze per gli ibridatori in cerca di colori diversi e marcati.

Le californiane più belle:

Annuali

  • L. nanus h 50 cm
  • L. bicolor h 40 cm
  • L. varius h 80 cm

Perenni

  • L. polyphyllus h 150 cm, racemi lunghi 60 cm, colore tra il bianco e il blu, rosa e violetto, belle foglie
  • L. perennis e L. nootkatensis h 70 cm, racemi lunghi 30 cm, colore bianco-viola
  • L. arboreus h 3 m, racemi profumati, colore giallo sulfureo

Gli ibridi

Le più comuni piante perenni che oggi si trovano in commercio non sono specie, ma ibridi ottenuti incrociando L. polyphyllus con L. arboreus e forse anche con alcune specie annuali. Secondo alcuni esperti, gli incroci coinvolsero inoltre L. perennis, che differisce da L. polyphyllus soprattutto perché la sua altezza è notevolmente inferiore. L’ibridatore principe fu, agli inizi del Novecento, l’inglese George Russell, che proseguì nelle sue sperimentazioni per un quarto di secolo, presentando sul mercato la produzione definitiva verso il 1937. I cosiddetti “Russell Hybrids”, tutti accuratamente denominati, sono rappresentati da una folta compagine di piante che è stata suddivisa in varie categorie. I principali criteri di ripartizione, ovviamente, si riferiscono all’altezza e ai colori. Esistono dunque selezioni “nane”, con esemplari che raggiungono a malapena i 50-60 cm, cui si contrappongono selezioni “giganti”, che toccano e in qualche caso superano i 150 cm, anche se la maggioranza rimane fra i 70 e i 90 cm. Tutti questi cloni, moltiplicati per propagazione vegetativa, sono caratteristicamente molto colorati, con enormi infiorescenze, alte, compatte e di lunga durata. I fiori, che sono grossi soprattutto nei petali superiori, sfoggiano svariatissime colorazioni: si va dal bianco puro fino al blu-nerastro, attraverso i colori pastello di giallo, albicocca, rosa e arancione, senza dimenticare i più comuni toni di rosso, azzurro, lilla e viola. In alcuni casi le infiorescenze sono dotate di un solo colore, in altri invece appaiono bicolori o multicolori. In anni più recenti, sono stati ottenuti altri ibridi che, a differenza dei “Russell”, possono essere propagati da seme: anch’essi sono molto fioriferi ed hanno un ottimo sviluppo, ma i loro predecessori risultano ancora superiori in qualità.

 

Ibridi L. polyphyllus x L. arboreus (L. arboreus x L. perennis) 

  • moltiplicazione per propagazione vegetativa (per seme gli ibridi sono di qualità inferiore)
  • infiorescenze vistose, enormi, alte, compatte, durature
  • colori: dal bianco puro al blu nerastro, giallo, albicocca, rosa, arancione, rosso, azzurro, lilla, viola
  • bel fogliame dal disegno elegante e tonalità chiare del verde

In giardino

I lupini si prestano facilmente ad essere impiegati in molte situazioni, soprattutto se si ricorre anche alle specie annuali, oltre che agli ibridi perenni. Ad esempio, se si ha l’occasione di acquistare (o ricevere in regalo) i semi di specie annuali nordamericane, come L. texensis o L. nanus, è piacevole realizzare bordure marginali di aiuole o anche far naturalizzare le piante al limite di un bosco. Viceversa, alcune specie di taglia bassa, come L. confertus, sono naturalmente indicate per la decorazione di giardini rocciosi, ma temono fortemente gli inverni umidi, anche se sono tolleranti del gelo. Per alcune specie perenni come L. polyphyllus, invece, un impiego da sogno è quello di vederle crescere in modo pressoché “spontaneo” nell’erba alta, sopra la quale allungheranno le loro fantastiche spighe, spesso disseminandosi per proprio conto. Inoltre, è vero che le infiorescenze degli spettacolari ibridi attraggono lo sguardo più d’ogni altra cosa, ma pure il fogliame non va sottovalutato, sia per l’eleganza del suo disegno sia per le delicate tonalità di verde. Esso, inoltre, ricopre in modo egregio il proprio ruolo di ‘piedistallo’ delle imponenti fioriture, che, se ne fossero prive, apparirebbero esageratamente impoverite e rigide. Non ci si scordi, inoltre, che diverse varietà e specie sono dolcemente profumate, quindi vanno sistemate in punti facilmente raggiungibili non solo dallo sguardo, ma anche dal naso.

Un consiglio della paesaggista Penelope Hobhouse è di associare, in una bordura erbacea, un gruppo di lupini dal colore viola-amaranto con alcuni Papaver orientale dal fiore bianco-rosato, in quanto entrambi “condividono tutte le gradazioni di colore dalle più pallide alle più scure”. Inoltre, sia i lupini sia i papaveri hanno foglie glauche: una tonalità che può essere rafforzata mettendo a dimora, alle loro spalle, esemplari di carciofo ornamentale (Cynara scolymus ‘Glauca’), pure dotato di fogliame verde-azzurrognolo.

In giardino, l’uso più frequente riguarda gli ibridi perenni, che danno il meglio di sé se sono piantati in masse (almeno cinque esemplari), soprattutto se li si è acquistati in miscugli di colori.

Per ciò che riguarda la posizione, si può scegliere fra l’aiuola o l’angolo riservato solo a loro, oppure, com’è forse preferibile, l’inserimento in bordure con altre erbacee. Poiché la loro fioritura avviene fra maggio e giugno, ma spesso non va oltre, è bene avere l’accortezza di far sì che altre specie, un po’ più basse dei nostri lupini, provvedano a “velarli” durante l’estate: per questa compagnia suggeriamo i grandi papaveri, i Thalictrum, le Iris di grossa taglia.

Per finire, non va scordato l’alto valore decorativo di L. arboreus, le cui spighe gialle spesso continuano a fiorire anche nella prima parte dell’estate. Questa specie s’accompagna perfettamente, in giardini posti sulla costa marina, con altre fioriture delicate, come quelle di Rosa rugosa ‘Alba’, Bupleurum fruticosum, Olearia haastii, Cistus x corbariensis. L. arboreus, quindi, s’inserisce bene nelle bordure arbustive oltre che in quelle miste con perenni, portando con sé il suo valore aggiunto: consolidare i pendii franosi fatti di suolo povero, specialmente sulle coste marine.

La posizione giusta

  • L. texensis annuale, ideale per bordure a margine
  • L. nanus annuale, ideale per bordure a margine
  • L. confertus annuale, taglia bassa, ideale per giardini rocciosi, tollerano il gelo, ma temono gli inverni umidi
  • L. polyphyllus perenne, ideali a crescita spontanea, tra l’erba alta
  • Ibridi perenni: fioriscono tra maggio e giugno, ideali da abbinare a papaveri, Thalictrum e Iris, e piantati in masse, in bordure di perenni
  • L. arboreus molto decorativo, fioriture gialle che si prolungano a lungo, ideale sulle coste marine, abbinata a fioriture delicate, in bordure arbustive o miste con perenni, consolida pendii franosi di suoli poveri 

 

Coltivazione

Esposizione. I lupini preferiscono vivere in pieno sole, ma in un luogo fresco o in mezz’ombra se il sito è molto caldo o senza ventilazione, purché abbiano la certezza di un buon approvvigionamento d’acqua. I giardini posti nelle località di mare costituiscono la loro dimora prediletta. In ogni caso gli ibridi perenni sono assolutamente rustici nella stagione invernale. Anche L. arboreus, se ben riparato dai venti freddi e se il terreno è ben drenato, può tollerare temperature che arrivano a –15°C.  

Il terreno. E’ questo l’ostacolo più difficile per coltivare i lupini con successo. In questo senso, essi sono molto esigenti e non ammettono sbagli. Il suolo deve essere in primo luogo profondo, moderatamente fertile e ben drenato. Bisogna però curare anche la sua composizione e la sua struttura: la natura migliore è quella sabbioso-silicea, pur con una certa tolleranza di terreni torbosi e un po’ acidi. I suoli più idonei, quindi, si trovano sulle coste marine, a condizione che l’acqua non manchi mai. Nel caso di specie da giardino roccioso, il suolo deve essere ghiaioso e drenato alla perfezione. 

Cure colturali. Il consiglio preliminare riguarda la loro intolleranza nei confronti del trapianto: di conseguenza è necessario scegliere accuratamente il luogo dove intendiamo vederli fiorire. Una volta fatta la nostra scelta, non potremo pentirci neppure una volta, pena la loro morte.  

Le specie annuali vanno seminate, verso aprile, nel luogo definitivo, non appena il terreno è lavorabile. Più tardi si provvede a diradarle, mantenendo la distanza voluta.

Le specie perenni vanno seminate in primavera a dimora o nei vasi di torba e composta da semi, in letto freddo; nel secondo caso, le si mette a dimora nella primavera successiva, eliminando l’infiorescenza del primo anno. La germinazione avviene più facilmente se si sono posti i semi in acqua tiepida per 24 ore. Le infiorescenze appassite vanno eliminate, per evitare la formazione dei semi e per far fiorire le piante nuovamente. In autunno avanzato, i fusti fioriferi vanno tagliati alla base.

Moltiplicazione degli ibridi. Le varietà denominate possono essere moltiplicate con talee basali, prelevandole verso marzo insieme con una piccola porzione di radice attaccata; poi le si mette in piccoli vasi contenenti sabbia, in cassone freddo, dove radicheranno. Successivamente vanno poste in vasi di torba e composta da vasi, collocandole a dimora in autunno. 

Malattie. Le specie annuali solitamente sono immuni da problemi gravi. Le perenni e gli ibridi, invece, vengono attaccati da diversi parassiti. Il marciume del colletto o delle radici (Thielaviopsis basicola)è ben visibile quando queste parti si anneriscono e poi marciscono. L’oidio colpisce invece le foglie, ricoprendole con macchie biancastre e polverose. Inoltre il fungo Pleiochaeta setosa si manifesta con macchioline nerastre sulle foglie, che man mano si accartocciano e muoiono. Infine, alcuni virus del gruppo dei fagioli causano sintomi vari (come l’ingiallimento sulle nervature delle foglie): le piante colpite da virus vanno distrutte. I principi attivi da usare sono: per la Thielaviopsis il Tiofanate metile, per l’oidio il Penconazolo o Propiconazolo, per Pleiochaeta setosa il Tebuconazolo.

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