



























Tutto il Regno Unito le vuole bene e tutto il mondo la rispetta, non solo per i suoi 101 anni d’età portati ancora in modo superbo, ma anche per le sue qualità personali che la fanno emergere per buon gusto, tatto e cortesia: è Elizabeth Bowes Lyon, meglio conosciuta come la Regina madre, la nonna del principe Carlo. Su una delle sue virtù, quella dell’amore per il giardinaggio, sono stati addirittura scritti dei libri, che, pur facendo leva sulla statura del personaggio, non hanno affatto ‘inventato’ un hobby inesistente per fini encomiastici, ma si sono limitati a riportare la pura verità. La Regina madre, nel corso della sua lunghissima vita, ha sinceramente amato fiori e piante ornamentali, incoraggiandone la diffusione, inaugurando mostre come il celebre Chelsea Flower Show e sovrintendendo in prima persona alla formazione dei suoi personali giardini e parchi: Windsor, Mey, Clarence House e Birkhall. Quest’ultima residenza, non lontano da Balmoral, possiede un fascino tutto particolare, forse perché posta in un ambiente tipicamente scozzese, tra brughiere e fiumi traboccanti di salmoni. Il giardino ha una struttura singolare, che si è dovuta adattare ad un territorio collinoso mediante una serie di aiuole terrazzate, distribuite sui pendii che guardano verso il fiume Muick. Questo è il regno non di alberi e arbusti, ma di fiori: bulbose primaverili, annuali d’antan, rose e soprattutto quelle erbacee perenni che la Regina madre ama in modo speciale. Per loro è stata disegnata una bordura erbacea mista profonda 8 metri e lunga 250, arricchita da gruppi di fiori tardo-estivi che si succedono secondo un ben calcolato ordine progettuale. La formazione di una bordura mista, infatti, deve seguire regole appropriate, che impongono innanzi tutto il rispetto dell’altezza delle piante stesse e l’accostamento dei colori. A Birkhall, ad esempio, un lungo tratto dell’ultimo piano della bordura è occupato da masse di alte perenni dal fiore giallo (Rudbeckia, Achillea filipendulina e soprattutto Ligularia) che si sposano magnificamente con un massiccio gruppo di Kniphofia dal fiore rosso vivo, alla cui base si sviluppano ondate di Nepeta x faassenii dai fiorellini color lavanda. L’effetto è sorprendente e, ancora una volta, dimostra che le Kniphofia vanno utilizzate in modo consapevole, evitandone cioè l’impiego casuale e con esemplari isolati, come frequentemente è possibile osservare in alcuni giardinetti peri-urbani.
Provengono dai paesi caldi, ma vivono bene anche nei nostri giardini
Le K. sono tutt’altro che sconosciute da noi, ma forse è appunto a causa della loro struttura e del loro portamento impegnativo che il comune amatore di giardini s’intimidisce e in più di un caso finisce per rinunciare ad un loro impiego oppure, al contrario, le utilizza in modo improprio. Anche in questo caso, come sempre, è bene conoscere le caratteristiche delle piante per poterle amare e apprezzare nel modo più corretto. Il curioso aspetto delle loro infiorescenze, ma anche l’abbondante dotazione di foglie, denuncia a prima vista che esse non appartengono alla flora europea, bensì a quella di territori assai più lontani: in primo luogo il Sudafrica e poi, in misura più modesta, l’Africa orientale, l’Etiopia e il Madagascar, sconfinando con una sola specie nello Yemen. In particolare, la maggior parte di loro vive in un areale che comprende il Capo di Buona Speranza, il Natal, l’intero bacino dello Zambesi e, più a nord-est, tutta l’Abissinia. Sono dunque piante che provengono da Paesi assai più caldi del nostro, ma che da noi non creano problemi di sorta quanto a rusticità (sia pure con le dovute cautele invernali) perché nei loro territori originari crescono a quote elevate, mediamente fra i 1600 e i 3000 metri d’altitudine, pur con differenze anche notevoli in relazione agli habitat.
Le K. sono tutte piante erbacee perenni, con un rizoma corto e verticale, dotate di una consistente “rosetta” di foglie radicali, da cui s’innalza un fusto fiorifero ben eretto, robusto e nudo. Queste foglie rappresentano uno dei maggiori punti di forza delle K.: grandi e allungate, lineari o ristrette, un po’ simili a quelle di alcune graminacee alte, esse formano una sorta di corona basale di un bel verde lucido, una piattaforma ideale per lanciare verso il cielo gli scapi e i fiori sgargianti che li sormontano. L’infiorescenza, davvero singolare per forma e colori, tecnicamente viene chiamata racemo a forma di spiga, ma più semplicemente può essere paragonata ad un pennacchio ovoidale, che ricorda un poco quello dei nostri carabinieri in alta uniforme. I singoli fiori, quasi sempre numerosi, addensati o talvolta radi, sono tubuloso-cilindrici o anche un po’ aperti ad imbuto, lunghi fino a 5 cm, con colori compresi fra il giallo pallido, il giallo limone, l’arancione, il salmone e il rosso vivo. Una delle loro doti maggiormente apprezzate è che essi sbocciano verso metà estate, ma la fioritura può prolungarsi per parecchie settimane fino all’autunno.
Settanta specie, con pennacchi dai colori vistosi, dal giallo, all’aranciato, al rosso vivo
Appartenente alla famiglia delle Liliaceae (per alcuni botanici alla sezione delle Aloeaceae), il genere K. comprende circa 70 specie, che per ragioni pratiche si è soliti suddividere in due grandi gruppi. Il primo è formato da specie con fiori molto corti – fino a 3 cm – ed è quindi il meno sfruttato nel campo della flora ornamentale, mentre il secondo, con fiori più lunghi, ha fornito il materiale migliore per la decorazione di parchi e giardini. In quest’ultimo gruppo sono comprese specie come K. northiae, K. thomsonii, K. caulescens, K. triangularis e soprattutto quella K. uvaria che si è stabilmente affermata come la più importante tra le forme spontanee, anche per la sua variabilità naturale. K. northiae vive tra la Provincia del Capo e il Lesotho, prediligendo profonde gole dai fianchi ripidi, su suoli torbosi e umidi e tra erbe alte; è una specie che in natura non forma masse compatte ma resta solitaria, con foglie lunghissime e fusti molto spessi, alti anche più di 1 m, che portano infiorescenze ovoidali e giallo-biancastre. Approssimativamente negli stessi territori vive K. caulescens, il cui nome specifico si riferisce al fatto che si tratta di una delle pochissime specie dotate di un breve fusto semi-legnoso (caule), che talvolta produce rami; i fiori sono bicolori (giallo-arancione) e numerosissimi, anche perché il racemo è alto fino a 60 cm! Questa pianta, al contrario della precedente, vive in estese e fitte colonie, su suoli torbosi ricoprenti rocce stillicidiose, ad una quota di 1800-3000 m, il che le consente di tollerare temperature fino a -20°C. Nel medesimo areale prospera K. triangularis, che invece ama le alte praterie, umide e torbose, fino ai 2000 m di quota e che ha una fioritura più tardiva; si tratta di una pianta molto variabile, tanto nella forma e nelle dimensioni del fogliame, quanto nei colori dei fiori oscillanti fra l’arancione e il corallo. Ancora nel Sud Africa, ma anche nello Swaziland e nello Zimbabwe, nelle praterie umide si trova K. uvaria, una delle specie più diffuse e importanti, perché variabilissima soprattutto nell’infiorescenza: grande, oblunga od ovoidale, densa, ha fiori di 3-4 cm che possono essere colorati i giallo, giallo-arancione o anche rosso vivo. Essa fu la prima specie di K. ad essere importata in Europa e – in seguito ad incroci con altre specie, come la simile K. linearifolia, pure robusta, ma con infiorescenze più grandi – se ne ricavarono i primi ibridi da giardino. Altre specie spontanee concorrono a rendere appetitoso il genere K., anche se oggi sono ibridi e cultivar a dominare i mercati: K. citrina, ad esempio, non molto diversa da K. uvaria, ha pennacchi più globosi di colore giallo-verde; K. ensifolia, con fiori piccoli e un po’ imbutiformi, può toccare i 2 m d’altezza; K. foliosa, che vive in Etiopia, possiede infiorescenze cilindriche molto dense e compatte, dai fiori arancione, gialli o anche rossi; al contrario, K. pauciflora è tutta piccola, con foglie che ricordano quelle di una qualsiasi graminacea; il ‘pennacchio’ di K porphyrantha è invece quasi globoso, con gemme fiorali rossastre all’inizio e poi sempre più tendenti al giallo; curioso il metodo di fioritura della piccola K. pumila, i cui fiori posti in cima all’infiorescenza si aprono prima di quelli in basso, mentre nelle altre specie accade il contrario.
Arrivate presto, apprezzate tardi
La prima volta che in Europa si venne a conoscenza di queste piante africane fu verso la metà del Seicento, quando l’illustrazione di una di loro, K. uvaria, allora chiamata addirittura ‘Iris uvaria’, comparve in un libro olandese di storia delle piante. Per quale motivo essa potesse venire identificata con un Iris, oggi non è dato sapere, mentre è certo che dopo circa mezzo secolo un famoso ‘cacciatore’ di piante inglese, Francis Masson, la inserì fra le Aloe. Il viaggio tra i vari generi di Liliacee – famiglia cui le K. appartengono – non era ancora finito, perché per molto tempo esse furono chiamate Tritoma e solo nel 1843 approdarono all’attuale Kniphofia, un vecchio nome già proposto alla fine del Settecento per ricordare un medico tedesco di nome Giovanni Kniphof. E’ curioso osservare che K. uvaria, per quanto variamente denominata, rimase la sola a rappresentare il suo genere nei giardini europei per più di 130 anni, fino a quando, nel 1774 non arrivò dal Sudafrica una seconda specie, K. pumila. Tuttavia, fu l’Ottocento il secolo nel quale esse furono definitivamente ‘scoperte’ non solo dai botanici inglesi e tedeschi, che ne identificarono più di venti specie, ma anche dai giardinieri che presero ad usarle nei parchi e nei giardini romantici.
Ibridi e cultivar dalle diverse altezze e sfumature di colore
Quasi tutte le specie spontanee di K. hanno la proprietà di incrociarsi facilmente fra loro, dando vita a ibridi spontanei: tale fenomeno naturale ha incoraggiato orticoltori e vivaisti a percorrere fino in fondo questa strada, sperimentando gli accoppiamenti più diversi, con risultati davvero sorprendenti per varietà di forme e colori. Le specie che maggiormente si sono prestate a tale compito sono K. uvaria e K. pauciflora, con l’aiuto secondario ma non meno importante di due specie pressoché sconosciute: K. macowanii e K. nelsonii. Il primo specialista ad occuparsi di ibridazioni condotte in modo sistematico fu il tedesco Maximilian Leichtlin (1831-1910) che, lavorando presso l’Orto Botanico di Baden-Baden, iniziò ad interessarsi alla specie K. uvaria e alle sue molteplici virtù. Il risultato di questi lavori ha portato, fino ad oggi, alla costituzione di una sessantina fra ibridi e cultivar molto decorativi, anzi in alcuni casi anche troppo, nel senso che il loro aspetto vistoso talvolta mette in imbarazzo chi non sempre riesce a coordinare il loro colore con quello delle piante vicine. Anche in questo caso, come già si è visto con le specie, il vasto complesso di ibridi e cultivar viene solitamente suddiviso i due gruppi per ragioni pratiche, soprattutto in vista di un razionale impiego in giardino. Il primo comprende piante che non superano i 90 cm d’altezza e che, di conseguenza, possono essere considerate ‘nane’: ‘Little Maid’, ad esempio, raggiunge a malapena i 60 cm con un’infiorescenza in equilibrio fra il giallo e il bronzo. Altre, invece, sono assai più alte, arrivando a quasi a toccare i 2 metri: la più precoce fra le K., ad esempio, è ‘Atlanta’, che supera i 150 cm e che fiorisce già in maggio o prima ancora. Ovviamente, conoscere la sola altezza non è sufficiente per operare distinzioni significative, poiché resta fondamentale il colore dei fiori. Le sessanta e più varietà si distribuiscono in sei gruppi cromatici: rosso-arancione, bicolore giallo-rosso, giallo-bronzo, giallo puro (in differenti tonalità), giallo-verde, bianco e rosa-salmone. Una tavolozza tutt’altro che trascurabile, specialmente se si è trovata la giusta posizione in giardino.
Nel nostro giardino
Premesso che molte K. forniscono eccellenti fiori recisi, la cui vita in vaso, se si osservano facili norme di conservazione, può protrarsi molto a lungo, va però detto che il luogo d’elezione di queste piante è il giardino. Tuttavia, le loro caratteristiche morfologiche e cromatiche sono tali da indurci a valutare con attenzione soprattutto la posizione precisa d’impianto e l’accostamento con altre piante. Una prima osservazione, ovvia ma importante, è che poche altre perenni (a parte, forse, i lupini e i Delphinium) riescono a ‘verticalizzare’ il giardino quanto le K., specialmente se esse sono state inserite in masse di una certa consistenza. Quest’ultima deve essere considerata una regola fissa, in particolar modo se si è deciso di usarle in spazi che non contemplino la presenza di altre perenni: non vi è nulla di più mortificante per le K. che venire piantate in esemplari singoli e isolati. Chi ha la fortuna di possedere uno stagno o un laghetto, può trasformare il terreno che circonda il bacino in un delizioso giardino da zona umida. In tal caso, oltre alle classiche specie da foglia ornamentale (come le Colocasia o le Sagittaria), si potranno alternare, con gli opportuni abbinamenti cromatici, gruppi di Iris ensata, Crinum, Agapanthus, Anemone estivi e appunto Kniphofia. Le specie o varietà di maggiori dimensioni sono indicate per giardini medio-grandi, anche in aiuole create appositamente per loro, oppure ai margini di boschetti dal fogliame scuro, che costituisca da fondale per metterne in risalto le vivacissime infiorescenze. Le varietà più basse, invece, sono perfette per le bordure erbacee miste, dove però è facile incorrere in errori d’accostamento con le piante vicine. Soprattutto le varietà dalle infiorescenze arancione si dimostrano ‘difficili’: accanto a loro inseriremo, quindi, compagne delicate, quali Perovskia, Salvia azurea, Caryopteris, Aster amellus. Se invece si dispone di una bordura di più grandi dimensioni, vanno bene anche gli ibridi più alti, accompagnati da piante come Ceanothus, Romneya, Yucca, Rudbeckia, Lilium tigrinum e così via.
Come coltivarle
Anche le K., come la maggior parte delle piante da giardino, gradiscono un terreno fertile e moderatamente umido, ma molto ben drenato. La buca d’impianto deve essere sufficientemente larga e profonda per contenere un apparato radicale non piccolo. L’essenziale non è tanto la natura del suolo, quanto il fatto che esso sia leggero, profondo, se possibile un po’ sabbioso e soprattutto fresco. Infatti, quando le condizioni d’umidità sono carenti per qualsiasi ragione, le piante crescono lentamente e arrivano anche a non fiorire. La posizione in giardino deve essere ben esposta al sole, anche se esse tollerano la mezz’ombra: in inverno la maggior parte di loro resiste fino a -15°C. o anche fino a -20°C., ma si raccomanda una protezione delle radici, per mezzo di paglia, torba o foglie secche per uno strato di una ventina di cm. Invece le K. necessitano di un buon nutrimento (materia organica), in mancanza del quale diventano gradualmente meno vigorose e belle. Se il luogo in cui vivono risulta particolarmente umido, è opportuno eliminare in autunno i fiori avvizziti e le foglie rovinate, mentre le altre vanno legate insieme. In estate le annaffiature devono essere abbondanti e soprattutto continuative. Pur essendo perenni dalla vita lunga, è bene dividerle ogni tre o quattro anni, perché tendono ad impoverirsi nell’infiorescenza con il passare del tempo. Il metodo migliore per la moltiplicazione è sicuramente la divisione, che può essere effettuata quasi per tutto l’anno, anche se la primavera resta la stagione migliore.