



























Parlare del genere Hosta è come aprire un breve dibattito sull’universo e sui suoi destini: ognuno esprimerebbe la propria opinione e non si finirebbe mai di discutere. Le Hosta sono un argomento infinito, in cui è possibile perdersi, ma anche ricchissimo di spunti di riflessione e di suggerimenti per migliorare i nostri giardini. In primo luogo andrebbero eliminati, o almeno ridimensionati, due pregiudizi veramente duri a morire: il primo si riferisce ad una scarsa disponibilità di specie e cultivar sul mercato, mentre il secondo riguarda una presunta avversione, da parte di tutte le specie, per la luce solare. In entrambi i casi ci si trova di fronte, perlomeno, ad esagerazioni. Dopo aver passato quasi due secoli di purgatorio nel nostro Paese, dove sono giunte ai primi del XIX secolo con il nome di Funkia, queste deliziose erbacee perenni hanno finalmente perso la nomea di parenti povere del regno vegetale, utili al massimo per sostituire le vecchie Aspidistra relegandole in un vaso sotto il portone. Oggi, con l’evolversi del gusto di noi tutti, i vivaisti e i garden-center si sono aperti anche a questo genere, tanto che si registrano alcuni casi, davvero meritori, di nursery addirittura specializzate in Hosta: un miracolo impensabile solo fino a pochi anni fa. In relazione, invece, al corretto habitat in cui coltivarle, ancora una volta è bene non fare d’ogni erba un fascio, in primo luogo imparando dalla natura e poi operando le dovute distinzioni. La maggior parte delle specie spontanee – provenienti da Giappone, Cina e Corea – vive in condizioni climatiche caratterizzate per gran parte dell’anno da foschie e da un’atmosfera carica di forte umidità, in prati rugiadosi o boscaglie aperte, preferibilmente al margine di corsi d’acqua, ma anche sulla nuda roccia. E’ ovvio che – soprattutto in Italia, dove i fattori climatici sono molto lontani da quelle nicchie ecologiche orientali – chi desidera coltivarle al meglio dovrebbe soddisfare almeno le esigenze di base che esse richiedono: un’abbondante concimazione e un terreno umido e ben drenato. In genere va tenuto presente che se si vogliono belle e abbondanti fioriture, il sole è indispensabile per circa due o tre ore il giorno, mentre se puntiamo sulla bellezza delle foglie, allora è meglio ricorrere all’ombra completa, dove però i fusti possono allungarsi in cerca di luce. Ovviamente, nei nostri giardini esiste anche una nutrita serie di situazioni intermedie – vale a dire in mezz’ombra – le quali vanno studiate caso per caso, anche correlandole con le caratteristiche della varietà o della specie prescelta e con altri fattori climatici (specialmente l’umidità atmosferica). A questo proposito va ricordato che le varietà a foglia glauca, se esposte a lungo ai raggi solari, rischiano di perdere la loro freschezza, mentre quelle a foglia variegata, nelle medesime condizioni, talvolta vedono essiccarsi le aree chiare della lamina. E’ però molto importante sapere che, in questi ultimi anni, sono state ottenute numerose cultivar che tollerano bene anche il sole, almeno per metà giornata, sempre che non siamo avari con i fertilizzanti e che si controlli la costante umidità dell’aria, ancor più che del suolo. Potremo apprendere altri ‘trucchi’ riguardanti la corretta coltivazione, ascoltando i consigli di un esperto come Alberto Baldassin, che alle Hosta sta dedicando gran parte del suo impegno professionale.
Quaranta specie, tremila varietà
Sono pochi i generi di erbacee perenni che, a fronte di un numero abbastanza limitato di specie spontanee (una quarantina), siano riuscite a originare un numero altissimo di cultivar, oltre tremila, un migliaio delle quali è in coltivazione effettiva. In questi casi, il merito è da ripartirsi equamente fra la natura – che ha saputo inventare piante di grande ‘duttilità’, dotandole di numerose forme e sottospecie – e gli appassionati coltivatori, soprattutto americani, che in questo tipo di ricerca si stanno veramente sbizzarrendo. Una caratteristica di base molto interessante è che le Hosta rasentano veramente la ‘perennità’, perché vivono per diversi anni, soprattutto se siamo riusciti ad accontentarle in tutto. Una seconda qualità delle H. consiste nell’estrema varietà d’aspetto del fogliame, sia nella forma e nelle dimensioni, sia nella struttura e nella consistenza stessa delle foglie. Basti pensare che alcune di loro possono essere lunghe poco più di un centimetro oppure superare il mezzo metro, mentre la larghezza va da uno a 35 cm. Assai variabile, da specie a specie, è la superficie della lamina: in alcuni casi liscia, piatta e brillante, ma in altri casi anche opaca, profondamente corrugata e ricoperta da un leggero velo ceroso, detto ‘pruina’. La forma può essere quasi lineare o ellittica, ma anche ovata e largamente cordata, mentre i margini in numerose varietà risultano graziosamente ondulati, come in H. crispula e in H. undulata var. univittata. Il loro colore fondamentale è, sì, il verde, ma con quale ricchezza tonale: dal più chiaro, quasi giallo, al più scuro, quasi blu, attraverso una gradazione davvero incredibile, che non trova analogie in alcun altro genere. Non va infine scordato il valore decorativo dei racemi di fiori, che, sbocciando dall’inizio dell’estate fino all’autunno, sono portati da lunghi scapi fiorali, i quali s’innalzano in modo elegante e in pari tempo solenne sopra il corteggio di foglie. I fiori, a forma di tromba o di campana, sono solitamente di colore azzurro-malva, ma possono essere biancastri o quasi violetti, e talvolta anche odorosi (H. plantaginea). Quest’ultima specie possiede diverse e interessanti caratteristiche: in primo luogo vanta fioriture molto attraenti, oltre che profumate, ma soprattutto dimostra di tollerare abbastanza bene la piena esposizione al sole, anche per più di mezza giornata. Tale dote è stata trasmessa ad alcune sue varietà, passate e recenti, come l’intramontabile ‘Honeybells’. Se, invece, si dà la preferenza all’ombra o alla mezz’ombra, allora non c’è che l’imbarazzo della scelta. Ricordiamo in primo luogo le specie più comuni e famose: H. ventricosa (che ha fiori magnifici e foglie medie in cespi grandi); H. montana (la più diffusa in natura, molto variabile, ma solitamente grande e robusta); H. sieboldiana (foglie enormi, cespi robusti e vigorosi, lamine fogliari opache e corrugate). Spesso sul mercato s’incontra il nome di H. fortunei, che non corrisponde esattamente ad una specie, ma ad un gruppo di robusti ibridi perlopiù d’origine orticola, con foglie di circa 30 x 20 cm., i quali si differenziano per forma, consistenza e struttura delle foglie. Vi sono poi alcune specie che sono oggetto di attenzione per le modeste dimensioni delle foglie: H. gracillima, H. decorata, H. tardiflora, H. tokudama (foglie quasi circolari), H. lancifolia, H. longipes e soprattutto H. minor (foglie di 8-9 cm). L’impegno degli ibridatori ha poi portato alla creazione di molte varietà, lavorando soprattutto su tre aspetti: il colore dei fiori, le dimensioni sempre più piccole delle foglie per adattarle ai giardini piccoli e infine per la sempre più fantasiosa variegatura, che viene giocata sui toni di bianco, crema, giallo, ma anche dello stesso verde.
I consigli di Alberto Baldassin, coltivatore di Hosta
Nella grande cintura di Torino, a Rivalta, Alberto Baldassin lavora ormai da anni in una piccola ma fornitissima nursery, dove signoreggiano le Hosta, con una scelta di specie e cultivar che farebbe invidia ad un vivaio del Surrey. Insieme con una socia, Loredana Fioretto, Baldassin ha avuto il coraggio imprenditoriale di iniziare quella che all’inizio poteva sembrare un’avventura, ma che oggi si sta rivelando una scelta avveduta e lungimirante. A lui ci siamo rivolti per conoscere i piccoli e grandi ‘segreti’, che i nostri lettori potranno sfruttare nella coltivazione di Hosta.
– Signor Baldassin, lei è vivaista per tradizione di famiglia?
– No, anni fa svolgevo tutt’altra professione, che ho poi abbandonato per lavorare in un vivaio, dove ho conosciuto Loredana. Ho frequentato una scuola per giardinieri, ho letto molto, ho seguito dei corsi alla scuola agraria di Monza. Con Loredana, decidemmo di lavorare in proprio realizzando giardini. Siamo perciò partiti come giardinieri. Poi è sopravvenuto il desiderio di coltivare per conto nostro, per disporre delle piante che ci piacevano, poiché non sempre era possibile recuperare il materiale. Tutto questo accadeva sette od otto anni fa.
– Cosa coltivate qui a Rivalta?
– Principalmente Hosta, ma adesso ci stiamo specializzando in piante da ombra: alcune specie di Dicentra, fra cui tre varietà rampicanti, e poi: Filipendula, Heuchera, violette americane, Tricyrtis, Mertensia; abbiamo già diverse piante che riguardano il giardino da ombra, quello che noi chiamiamo “il giardino invisibile”. La maggior parte di loro sparisce d’inverno e ricompare a primavera.
– Perché, secondo lei, si dovrebbero acquistare Hosta?
– Meritano di essere acquistate, perché riescono a essere collocate in spazi dove normalmente altre piante si limitano a sopravvivere a stento. Bisogna anche sfatare un mito: la H. viene venduta di solito come tipica pianta da ombra, ma questo non è del tutto vero, perché una buona parte di varietà e anche alcune specie possono stare tranquillamente al sole. Ci sono delle cultivar che al sole addirittura accentuano i colori e in ombra li perdono, quindi vanno collocate o a mezz’ombra o a tre quarti di sole. Altre varietà, invece, se poste al sole si ‘bruciano’. Ci sono alcune varietà di ‘blu’ che, se collocate anche solo a un quarto di sole, perdono il colore. Nel variegato verde-giallo, secondo l’esposizione, o risalta più il verde o risalta più il giallo. Poi ci sono molte H. che sono usate come tappezzanti, là dove è possibile e opportuno.
– Riguardo alla coltivazione, quali consigli ci può dare?
– In primo luogo va detto che è difficile farle morire. Teoricamente dovrebbero avere un terreno neutro, però sono piante molto tolleranti: ad esempio, ho clienti che le usano anche in terreni leggermente acidi, sotto conifere. Una volta messa a dimora, la pianta non dovrebbe essere toccata per almeno tre o quattro anni per far sì che si rinforzi e maturi con le sue caratteristiche tipiche. Se vogliamo far rimanere piccole le varietà nane, si devono dividere, altrimenti continuano a crescere. Le altre vanno lasciate crescere e solo dopo 3 o 4 anni si dividono in 2 o 3 nuove piante, spostandole. Noi effettuiamo tre o quattro concimazioni in primavera, mentre le ultime sono fatte ad agosto/settembre: due tipi di concimazione, una per ‘spingere’ il verde e l’altra per ingrossare la parte rizomatosa. Insomma, consiglierei di fertilizzare due volte l’anno. La necessità d’acqua varia secondo la specie: il terreno va bagnato e lasciato leggermente umido, ma è chiaro che le varietà che tollerano il sole vanno annaffiate di più. Le piante piccole se sono bagnate troppo soffrono, perché tendono a marcire. L’H. ha bisogno di un terreno fresco, ma soprattutto di un ambiente che deve essere umido. Se le piante vengono tenute in vaso, io consiglierei di curare il drenaggio, mentre in piena terra in genere non ci sono problemi, pur evitando i ristagni d’acqua.
– Ha altri suggerimenti su come utilizzare le Hosta?
– In un giardino vanno privilegiate le zone ombrose: un posto all’ombra c’è quasi sempre, anche se bisogna guardare il giardino in un modo un po’ diverso. In Italia spesso le consideriamo come tappabuchi, mentre si possono realizzare delle intere aiuole o bordure in cui esse siano preminenti, magari in compagnia con graminacee come le Carex .Poi le H. fanno una bella fioritura, che secondo le varietà va da giugno a settembre: alcune hanno fiori profumati e sono tutte derivate da H. plantaginea. Inoltre, si usano molto le foglie, soprattutto quelle grandi, per il reciso, per accompagnare altri fiori, anche nelle composizioni “moderne”, nei bouquet da sposa un po’ particolari.
– Come usare le Hosta nei giardini piccoli ?
– Ci sono varietà di soli 30 cm. d’altezza, così come ce ne sono da 90 cm. Va poi detto che prima che alcune H. diventino piante mature, al massimo della loro altezza, possono passare anche 15 anni. Sono piante longeve e vivono anche 40 anni: con la divisione, poi, si hanno in pratica per sempre. Consiglio di accompagnarle con molte altre specie: al sole di solito si mettono le varietà più verdi, con spiree o altri arbusti da fiore, badando bene a lasciare lo spazio necessario tra pianta e pianta e curando le tonalità cromatiche. Stanno bene anche ai piedi di alberi, sotto le palme, oppure intorno a laghetti, insieme con Astilbe, Pulmonaria, felci e pervinche.
– Qual è l’errore che non va assolutamente commesso con le Hosta?
– Le H. hanno un solo grande nemico, la lumaca, che va combattuta con gli appositi prodotti o anche interrando nei pressi delle piante vasetti di vetro riempiti di birra: le lumache ne sono attratte e vi annegano. Gli errori: eccedere con le bagnature o lasciarle troppo secche. Ci sono poi delle malattie che sono dovute spesso a un eccesso di umidità, per esempio il marciume del colletto, che può colpire anche altre erbacee.
– Come moltiplicarle?
– Se si vogliono ottenere degli esemplari vigorosi io sconsiglio la divisione, che va effettuata quando si osserva che la pianta si è molto sviluppata e può disturbare le altre. C’è chi preferisce dividere nel tardo autunno e chi preferisce, come me, farlo in primavera, quando ci sono i getti nuovi e si può valutare bene da che parte tagliare. Non tutte le H. vanno divise nello stesso modo, perché molte hanno un andamento stolonifero e allora vanno divise nello stolone; altre hanno un rizoma, una radice carnosa, e producono, quando ci sono i getti nuovi, delle protuberanze: io le divido a cavallo del getto nuovo. Non bisogna dividere brutalmente col classico colpo di vanga: bisognerebbe lasciar sviluppare un po’ il nuovo getto, pulire dalla terra, distendere le radici e controllare bene dove effettuare il taglio.
– In Italia che difficoltà trovate voi produttori nei confronti del pubblico?
– Al nord e al centro l’Hosta è molto apprezzata, specialmente a Roma. Al sud è poco conosciuta: è vero che si potrebbe pensare a difficoltà climatiche, ma questo è un discorso ancora da approfondire. Ad esempio, per quanto riguarda le zone di mare, ci sono dei clienti che mi assicurano che la pianta non muore, ma stenta e non fiorisce; altri affermano che si trova benissimo: penso che non sia un problema di temperature ma di terreno. Certo ci può essere un problema di salinità, poiché è una pianta fondamentalmente da sottobosco. Al nord si adatta molto bene, anche al freddo intenso: da questo punto di vista è molto rustica. Nei contenitori si adatta molto bene, ma è chiaro che ci vogliono vasi di dimensioni adatte: bisogna sempre informarsi prima sulle dimensioni che avrà la pianta.