Chelidonium majus

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Passeggiando in luoghi freschi, facile è incontrare la celidonia, bella vivace che cresce con forza tra le macerie e gli incolti, che attirerà lo sguardo con la sua lunghissima e graziosa fioritura che da maggio ad ottobre illumina di giallo il pietrame fra cui  predilige crescere.

Unica specie del genere Chelidonium, la celidonia maggiore appartiene alla famiglia delle Papaveraceae, mentre l’altra specie volgarmente conosciuta come “celidonia minore” è in realtà una ranuncolacea, e il suo corretto nome botanico è Ranunculus ficaria o, sinonimo, Ficaria verna. La Celidonia maggiore, nativa dell’Europa e delle zone temperate e più fredde dell’Asia, è specie a rapida diffusione, in Italia è molto comune, presente fino ai 1300 metri di altitudine.

Osserviamo quindi attentamente questa creatura vegetale, a tutti gli effetti “unica nel suo genere” !

L’aspetto generale potrebbe trarre in inganno, dando una prima impressione di delicatezza e fragilità: i fiori gialli a quattro petali sono piccoli a confronto di quelli di altre Papaveraceae, raggruppati in ombrelle rade, le foglie verde tenero sopra e più chiare sotto, sono  molli, alterne, imparipennate, con segmenti lobati, dei quali l’apicale è trilobato, i frutti sono strette capsule lineari che ricordano le silique della senape e contengono un gran numero di semi brillanti e neri, e sono muniti di un’escrescenza polposa e gelatinosa, molto apprezzata dalle formiche, che in questo modo provvedono alla disseminazione. I lunghi fusti ramificati sembra possano rompersi al primo forte vento. Notiamo quanti fusti sia ascendenti che prostrati si diramano dal cespo, denotando la forza e la vitalità tipica delle Papaveraceae, che riescono a vivere in luoghi difficili per altre piante, spesso colonizzandoli.

Il lattice

Per toglierci ogni dubbio e per trattarla con il dovuto rispetto, con le mani protette da guanti, tagliamo una qualsiasi parte della pianta: noteremo che dal taglio esce un secreto arancione denso e vischioso: tutti gli organi della pianta sono infatti percorsi da una rete di canali nei quali scorre il succo che fuoriesce alla minima incisione: questo è il lattice aspro e caustico che da sempre è stato usato nelle nostre campagne per guarire porri e verruche e contrastare psoriasi ed eczemi, da qui il nome popolare di “Erba da porri” nelle varie declinazioni dialettali. Davvero potente, l’uso casalingo del lattice della celidonia è da limitare al toccamento, ripetendo fino a scomparsa, dei sopracitati  sgraziati porri o verruche, nella misura del possibile badando a non superare con l’applicazione del succo la superficie dell’escrescenza per evitare l’infiammazione cutanea, data la potenza del lattice.

Il lattice che fuoriesce dalla pianta è molto pericoloso se ingerito. Provoca bruciori alla gola e alla faringe, paralisi, vomito e anche il coma. La celidonia è pianta fortemente tossica e pericolosa,  per l’alto contenuto di alcaloidi, evitiamo quindi di affidarci a qualsivoglia ricetta per uso interno. Viene utilizzata in modo sicuro solo in erboristeria, omeopatia e fitoterapia per  disturbi spastici delle vie biliari, del tratto gastrointestinale, preparati ad azione analgesica e sedativa del sistema nervoso centrale

Coltivazione

Anche se pianta comune, non è un cattivo investimento destinare un angolo alla celidonia, per avere sottomano appunto un rimedio tanto efficace per le fastidiose verruche.

Ricordiamoci che ama la mezz’ombra ed è pianta nitrofila, vuole cioè un terreno ricco di azoto e necessita un buon drenaggio, predilige crescere nei pressi di vecchi muri. Non teme il freddo, predilige anzi un clima fresco. Teniamo presente, nel scegliere la sua destinazione, che è pianta infestante, da tenere sotto controllo, a meno che, felici possessori di un ampio terreno, decidiamo di lasciarla felice a riempire con lucenti e leggere pennellate gialle grandi chiazze ombrose. Il modo più semplice per riprodurla è la semina autunnale in cassone protetto, su una miscela di terriccio di compost e sabbia di fiume fine, ponendo a dimora le giovani piantine all’inizio della primavera successiva. Interverremo con irrigazioni regolari dopo il trapianto fino al pieno attecchimento e con irrigazioni straordinarie se il primo anno di impianto risultasse siccitoso.

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