
































Pochi mesi fa è capitata anche questa, alle soglie di una guerra preannunciata e minacciata da mesi. Quando pensavamo che l’Europa fosse ormai cosa fatta, ecco un imprevisto ritorno ad un brutto passato, con uno scambio di contumelie reciproche tra anglosassoni e francesi, intessute di colte argomentazioni del tipo: “voi siete mangiatori di formaggio”, “ e voi bevitori di birra”. Fra le delicatezze contraccambiate avrebbe potuto benissimo inserirsi anche una disputa su chi ha il diritto di mettere un marchio nazionale sulle lavande. Gli inglesi, infatti, chiamano senza mezzi termini ‘English Lavender’ la specie più comune (Lavandula angustifolia), concedendo ai francesi di appropriarsi una seconda specie, L. stoechas, da loro conosciuta come ‘French Lavender’. Non c’è dubbio che i britannici da tempo immemorabile non solo coltivano lavanda nei loro giardini, ma soprattutto l’adorano al punto di mescolarla con burro di mandorla, per ottenere una marmellata da spalmare sui biscotti. I francesi, viceversa, avrebbero tutte le ragioni di sostenere che entrambe le lavande citate non hanno nulla di ‘inglese’, perché originarie di aree mediterranee e non certo del mare del Nord. E noi italiani (per non dire di spagnoli, portoghesi, greci, ecc.) non potremmo a buon diritto infilarci nella controversia, sostenendo che nel nostro Paese vivono almeno quattro diverse specie di lavanda, fra cui anche le due di cui sopra? Così, non la finiremmo più. La nostra modesta proposta, invece, è di rinunciare del tutto a battibecchi internazionali tanto deprimenti, ricordando che almeno le piante ornamentali, non meno di quelle alimentari, nascono sì in determinati luoghi, ma poi appartengono all’umanità intera, perché tutti possano giovarsene come meglio credono per rendere più bella la vita.
Una famiglia profumata, un genere seducente
La famiglia delle Labiate, cui appartengono duecento generi tra i quali le Lavandula, è notoriamente dotata di una speciale virtù, quella di racchiudere nelle varie parti delle sue piante (foglie, fiori, fusti) una vasta gamma di aromi che esercitano un fascino particolare sull’uomo. Stiamo parlando, per fare solo qualche esempio, di basilico, timo, menta, rosmarino, salvia, origano, ma anche di piante ‘minori’, come Nepeta, Leonotis, Stachys e molte altre. Insomma, un mondo di essenze gradevoli e diverse che quotidianamente ci ritroviamo sulla tavola, così come nelle boccette dei profumi e, perché no, nella piccola farmacia di casa. Alcuni di questi generi, però, hanno un valore aggiunto che noi giardinisti apprezziamo in modo particolare: l’eleganza, unita alla disponibilità a adattarsi a molte situazioni per rendere più piacevoli i nostri ambienti. Le lavande, in questa categoria, sono fra le piante più interessanti, tanto che in questi ultimi anni stiamo assistendo ad un’autentica corsa alla produzione di varietà sempre più belle, colorate, rustiche e in ogni caso profumate. Le 28 (o forse 32) specie spontanee – che vivono in un’ampia fascia della terra compresa fra il Mare Mediterraneo e l’India, arrivando a sud anche nell’Africa tropicale e in Arabia – sono quasi tutte piante con fusti legnosi, almeno alla base, e dotate di rami, con un portamento perlopiù eretto o, in qualche caso, allargato. Le foglie – un elemento fondamentale per la loro attrattiva – sono sempre a forma lineare ed un po’ oblunga, con un margine che può essere intero oppure leggermente dentato e solitamente arrotolato al di sotto. L’infiorescenza, portata da un peduncolo molto lungo, è formata da una spiga cilindrica di una decina di fiori verticillati, con una corolla variamente colorata (viola, azzurro, blu, ma anche bianco o rosa), chiaramente distinta in due ‘labbra’: quello superiore è suddiviso in due lobi e l’inferiore in tre. Assai importanti, per differenziare le varie specie, ma anche per determinare l’aspetto della spiga, sono le brattee, vale a dire le foglioline sottostanti ai fiori, che possono avere varie forme e disposizioni sulla spiga, essendo in alcuni casi notevolmente decorative.
Le rustiche
Un modo pratico per dividere le specie spontanee in gruppi omogenei, anche ai fini di una corretta coltivazione, è di separare le specie che meglio sopportano le temperature invernali più rigide da quelle che invece sono più delicate e richiedono maggiori attenzioni nella protezione. Fortuna vuole che la lavanda meno esigente a questo proposito, L. angustifolia, sia anche la più semplice da coltivare e in pari tempo una delle più variabili in natura, quindi facilmente ‘riproducibile’ in numerose varietà ottenute dall’uomo. Questa specie – la famosa ‘English Lavender’ – ha vissuto una lunga storia scientifica che ovviamente risparmiamo al lettore, il quale peraltro va avvisato che, di fronte ai sinonimi di L. spica, L. vera e L. officinalis, non deve spazientirsi: si tratta sempre della medesima specie, cioè L. angustifolia. E’ un arbusto che raggiunge un’altezza massima di uno-due metri, con fusti sofficemente tomentosi e foglie lineari o lanceolate lunghe 6 cm e larghe 6 mm, a margine intero; le spighe, alte fino a 8 cm, portano da 6 a 10 fiori con corolla di 10-12 mm, in natura colorata solitamente di blu o viola scuro. Da questa pianta sono state tratte decine di varietà coltivate, che hanno accentuato alcune caratteristiche della specie spontanea non solo per il colore dei fiori, ma anche per l’altezza dell’arbusto, la lunghezza delle foglie e le dimensioni della spiga. Dunque, la lavanda ‘inglese’ – che però abita sulle coste del Mediterraneo insieme con un paio di sottospecie e varietà naturali – non ha problemi di freddo invernale, arrivando a sopportare una temperatura di –15°C, così come tutte le sue cultivar. Una sua sorella pure mediterranea, L. latifolia, è abbastanza simile, ma si riconosce facilmente perché le foglie sono un po’ più larghe (fino a 12 mm): tuttavia, essa si dimostra meno resistente al freddo, sopportando al massimo i –10°C. Un gruppo di ibridi ottenuto dall’incrocio di queste due specie, in modo spontaneo o artificiale, prende il nome di L. x intermedia, che ha comunque ereditato da L. angustifolia la capacità di tollerare temperature rigide (quindi, anch’essa i –15°C).
L. angustifolia: altezza 1 – 2 metri; fusti tomentosi; foglie lineari o lanceolate con margine intero; spighe da 6 – 8 con fiori blu o viola scuro; resistenza al freddo sino – 15°C
Le moderate
Meno rustiche, ma sempre in grado di accettare temperature invernali fino a –5°C, sono quelle lavande che sappiamo essere capitanate dalla specie ‘francese’, L. stoechas, che in realtà è diffusa in tutta la regione mediterranea. Tendenzialmente meno alta della concorrente ‘inglese’ – fino a 1 metro, ma spesso assai meno – questa pianta possiede una caratteristica ancor più accentuata, vale a dire il suo polimorfismo, che si traduce in diverse sottospecie naturali (quali: L. subsp. cariensis, subsp. sampaiana, subsp. atlantica ecc.). Inoltre, le sue foglie sono lunghe solo fino a 4 cm, mentre le spighe, che pure non superano i 3 cm, sbandierano sulla cima un ciuffo eretto di brattee sterili e colorate che possono arrivare anche all’altezza di 5 cm. Quest’ultima caratteristica – posseduta sia pure in modo meno vistoso da L. dentata e L. viridis – le consente di essere riconosciuta subito anche dall’inesperto, il quale peraltro noterà in seguito altre differenze, come il colore più scuro della corolla della specie-tipo. Una delle numerose sottospecie naturali, L. stoechas subsp. pedunculata, è particolarmente ricercata per la sua spiga e le sue brattee di grandi dimensioni. Altre piante di questo gruppo sono, appunto, l’iberica L. viridis (1 m d’altezza, con ciuffo di brattee verdi sulla cima della spiga) e L. dentata (1 m, spiga di 3-5 cm e soprattutto foglioline dentate ai margini): quest’ultima, tuttavia, viene inserita da alcuni nel gruppo delle specie più delicate, per le quali si deve prevedere almeno una posizione soleggiata e protetta dai venti gelidi. Anche la spagnola L. lanata (1 m, fusto molto tomentoso, spiga di 10 cm con corolle lilla), pur essendo originaria di ambienti montuosi, può andare incontro a brutte sorprese se il termometro scende troppo a lungo sotto lo zero.
Lavande che resistono sino a – 5°C:
L. stoechas: altezza meno di 1 metro; lunghezza foglie 4 cm; spighe di 3 cm con brattee sterili lunghe 5 cm; spiccato polimorfismo (L. stoechas subsp. pedunculata)
L. viridis: altezza 1 metro, brattee verdi sulla spiga
L. dentata: altezza 1 metro, foglioline dentate ai margini, è la più delicata
L. lanata: altezza 1 metro, fusto tomentoso, spiga con corolle lilla
Le delicate
Oltre a L. dentata e L. lanata – specie al limite della bassa rusticità – esistono numerose altre lavande che vanno messe a dimora in località decisamente ‘calde’, dove cioè la temperatura invernale sia quasi sempre superiore ai +5°C, oppure in serra. Le più conosciute sono L. multifida, L. canariensis e L. pinnata, che però non vengono solitamente commerciate e sono quindi raramente coltivate nel nostro Paese, ad eccezione dei collezionisti, che le mantengono al riparo in serra fredda. Le spighe più interessanti appartengono, a nostro avviso, a L. pinnata, non solo perché sono lunghe fino a 9 cm, ma soprattutto per il colore azzurro chiaro dei fiori. Viceversa, sono molto attraenti le foglie di L. canariensis, lunghe solo pochi centimetri, ma finemente suddivise, tanto da ricordare la trama di un pizzo. Di L. multifida bisogna dire bene e male in pari tempo, poiché è veramente deliziosa la peluria grigio-glauca che ricopre fusto e foglie, ma il portamento dell’intera pianta non sempre piace, perché scomposto e irregolare. In questo gruppo, peraltro, andrebbero poste molte altre lavande non rustiche, come ad esempio, L. maroccana, una rappresentante della flora nordafricana (Marocco) che ha, sì, un portamento abbastanza disordinato, ma sfoggia bellissimi fiori di colore violetto-blu scuro. Infine, non vanno scordati alcuni ibridi naturali od orticoli, come ad esempio L. x christiana (pure nordafricana), che porta fiori simili alla precedente e che è interamente ricoperta di peluria grigiastra, con una fioritura che si prolunga per molti mesi.
Lavande per zone calde
L. multifida: peluria grigia che ricopre fusto e foglie, portamento scomposto
L. canariensis: foglie molto belle, suddivise come la trama di un pizzo
L. pinnata: spighe lunghe 9 cm, fiori dal colore azzurro chiaro molto bello
L. maroccana: portamento disordinato, fiori bellissimi violetto blu scuro
L. x christiana: ibrido, ricoperto da peluria, fioritura prolungata
Un consiglio profumato
Il profumo delle lavande proviene dai fiori ma soprattutto dai loro calici, che vanno quindi accuratamente raccolti, all’inizio della fioritura, in un giorno asciutto. Se poi vogliamo riempire sacchetti e piccoli cuscini da riporre in cassetti e armadi, li si lascia seccare all’ombra in una stanza aerata.
In giardino
E’ davvero curioso che le lavande, non solo quella ‘inglese’, siano effettivamente assai più amate ed usate nei giardini d’oltremanica (ma anche in quelli francesi) che non nel nostro Paese. Anche questa è forse una riconferma che “il figlio del ciabattino ha sempre le scarpe rotte”, un proverbio che in questo caso dovremmo assolutamente ribaltare. L’impiego delle lavande, infatti, non ha alcuna controindicazione e può invece rappresentare una carta in più, anche in situazioni difficili. Il fogliame grigio-verde e i fiori profumati sono un’ottima soluzione per l’arricchimento di bordure miste e per delimitare sentieri e vialetti. Anzi, la lavanda stessa può essere usata come pianta per la formazione di siepi informali, specialmente in luoghi non urbanizzati, un po’ nello stile del vecchio giardino campagnolo. In questi casi, ma anche in alcune aree extraurbane o periferiche, è bello vedere una siepe di lavanda accompagnare una recinzione di legno, magari spuntando fuori della proprietà fra un paletto e l’altro. Per tutti questi impieghi, la lavanda va sempre piantata in masse (almeno 5 o 6 esemplari, meglio di più), perché altrimenti si perderebbe il suo impatto scenografico e aromatico. Ovviamente, se si dispone di uno spazio abbastanza ampio, magari in collina, è possibile alternare gruppi di colori diversi, tanto nelle corolle quanto nel fogliame, così da ottenere un effetto finale che ricorda le onde marine.
Gli abbinamenti
La lavanda, quindi, può essere usata anche da sola, ma non disdegna la compagnia di altri arbusti, magari mediterranei, come Cistus, i rosmarini, Santolina, con una magnifica successione di sfumature grigie e verdi. Con una certa attenzione nell’accostare colori e forme, si possono ottenere splendidi effetti se le si abbina a cespugli o alberelli di rose, soprattutto le antiche o anche le ‘inglesi’ moderne. In luoghi soleggiati e senza ristagni, si possono mettere a dimora lavande di piccola taglia anche nelle fessure dei muri, magari accompagnandole con Aubrieta, Alyssum, Dianthus: per questo scopo suggeriamo, fra le altre, una recente cultivar di L. stoechas, ‘Kew Red’.
Coltivazione
Scelta del sito ed esposizione. Tutte le specie in natura vivono in luoghi esposti al sole, rocciosi, secchi o addirittura aridi. Il loro terreno preferito è di natura calcarea, ma (soprattutto L. stoechas) tollerano anche gli altri tipi di suolo, purché non vi siano ristagni d’acqua, soprattutto d’inverno. Se il terreno è troppo ricco e torboso è meglio aggiungere della sabbia.
Messa a dimora. Nel giardino va effettuata in primavera, scavando una buca di una trentina di cm e allestendo soprattutto un perfetto drenaggio. Il colletto della pianta va lasciato libero; si bagna nei primi tempi, abbandonando poi del tutto le annaffiature quando la pianta si è affrancata. Per le distanze d’impianto, si varia fra i 30 e i 60 cm secondo le dimensioni delle varietà.
Cure colturali. Spesso le lavande non esigono altra concimazione oltre a quella data, con prodotti naturali tipo cornunghia, al momento della messa a dimora. In alcuni casi, tuttavia, si può ancora concimare all’inizio della primavera, per una sola volta, con un prodotto generico a lenta cessione per favorire le fioriture. La potatura è un’operazione importante, per avere sempre piante ben formate e non ‘svuotate’ sotto. Essa va effettuata regolarmente, una prima volta all’inizio della primavera, riducendo i rami fino a metà, ma curando che al di sotto del taglio il legno abbia tendenza a vegetare di nuovo. Una seconda potatura, più leggera, va fatta dopo la fioritura, eliminando i fiori secchi. In ogni caso, le piante del gruppo di L. angustifolia e L. x intermedia hanno la tendenza a diventare brutte e disordinate dopo una decina d’anni.
Malattie. Le lavande non soffrono di particolari malattie, ma sono talvolta attaccate da afidi e cocciniglia.
Moltiplicazione. Solitamente le lavande si moltiplicano mediante talee, prelevate in estate dai germogli laterali per una lunghezza di 8-10 cm; le si pianta in torba e sabbia in parti uguali, in cassone freddo, dove passano l’inverno. In primavera, una volta radicate, le talee vanno messe a dimora definitiva.