Agrifogli

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Fin dall’antico mondo romano…

Se pensiamo che certe usanze natalizie – come quella di decorare pareti, porte e tovaglie con rametti d’agrifoglio – siano un’invenzione relativamente moderna oppure proveniente da popolazioni nordiche, ci sbagliamo, perché invece esse ci arrivano direttamente dall’antico mondo romano. Oltre duemila anni fa, i nostri progenitori non si comportavano molto diversamente da noi, quando in occasione delle feste Saturnalia – che, guarda caso, si tenevano nei giorni del solstizio invernale, appunto verso il 22 dicembre – si appuntavano sui vestiti ramoscelli d’agrifoglio, una pianta utilizzata quale potente talismano contro disgrazie e malefici. Anzi, era un uso piuttosto comune quello di piantare nei pressi delle abitazioni giovani esemplari d’agrifoglio, in funzione chiaramente apotropaica, anche se poi il loro godimento estetico doveva fin d’allora avere un certo peso. Non è difficile pensare che anche i latini apprezzassero tanto la bellezza di quelle foglie lucide e accartocciate, munite di spine utili ad allontanare ‘nemici’ veri e presunti, quanto, ovviamente, le splendide bacche rosse che sembravano create apposta per annunciare il ritorno del sole dopo il declino autunnale.

Simbolo anche nel cristianesimo

Il Cristianesimo non tardò ad impadronirsi di una tradizione così amata e consolidata, applicandole significati connessi alla morte di Gesù: le foglie potevano ricordare la corona di spine e le bacche rosse il suo sangue.

L’agrifoglio in Europa

E’ certo, in ogni caso, che l’agrifoglio, a prescindere dai suoi contenuti simbolici, fa parte di quella non vastissima schiera di piante autoctone del nostro Paese, che anche in ambito ornamentale hanno saputo sempre imporsi per vigore, fascino e molteplicità di usi. Un tempo assai più diffuso di oggi, allo stato spontaneo, su tutto il territorio nazionale, in ambito europeo l’agrifoglio si è largamente distribuito nel settore mediterraneo-atlantico, quindi con una decisa preferenza per l’Europa occidentale (Regno Unito, Penisola Iberica e Francia) e per quella centro-meridionale (dal Mare del Nord giù fino all’Italia e alla Penisola Balcanica), spingendosi poi a est fino al Mar Nero e al Mar Caspio.

Ama i climi oceanici umidi e piovosi

Questo areale indica in modo chiaro che l’agrifoglio è legato ai climi oceanici, nei quali è forte il tasso di umidità e di piovosità, mentre esso evita i climi continentali (è del tutto assente nei Paesi dell’Est europeo) caratterizzati da una forte escursione termica. La sua esigenza di umidità è provata dal fatto che, in ambito mediterraneo, preferisce rifugiarsi in montagna, consociandosi con il faggio, suo grande alleato: lo testimonia la foresta Umbra sul Gargano, in cui enormi esemplari arborei d’agrifoglio si mescolano felicemente con i faggi. Per quanto riguarda l’habitat, l’agrifoglio preferisce medie condizioni di luce e suoli sciolti, mal tollerando i terreni calcarei.

Ilex aquifolium, unica specie in Italia

Tutto questo, naturalmente, si riferisce all’unica specie esistente in Italia, Ilex aquifolium, che è anche la più diffusa in Europa, a differenza di altre due specie assai più rare: I. colchica, di origine bulgaro-caucasica, e I. perado, che vive con alcune sottospecie e varietà naturali a Madeira e nelle Isole Canarie.

Le specie in Europa

In tutto, dunque, le specie europee sono solo tre, una sparuta minoranza in termini quantitativi all’interno di un genere che ne comprende altre 400 sparse in tutto il mondo, con particolare predilezione per le fasce temperate e tropicali. Il genere Ilex – che prende il suo nome da una certa rassomiglianza delle foglie con quelle del leccio, Quercus ilex – comprende piante sempreverdi o anche decidue, a portamento arbustivo o rampicante, dotate di foglie semplici, alterne (ciò che le differenzia facilmente dagli Osmanthus, che le hanno opposte), con margini spinosi o seghettati. I fiori solo raramente sono ermafroditi, tanto che la specie più nota, I. aquifolium, è una pianta dioica, cioè con sessi separati su piante diverse; le infiorescenze sono costituite da fiori singoli o da fascetti di 2-3, cui fanno seguito, com’è ovvio sugli esemplari femminili, bacche solitamente rosse. Circa questa stessa specie – che fu chiamata aquifolium sempre con allusione alle foglie pungenti, dal latino acer, acuto – si può ricordare che in natura raggiunge un’altezza massima di 10 m, mentre in coltivazione tocca anche i 25 m, ma solo nell’arco di più di un secolo. La corteccia è grigia e le foglie, lunghe fino a 10 cm, sono ovato-ellittiche, ondulate e di un bel verde lucido: esse hanno forma e dimensioni molto variabili, tanto che si va da quelle a margine completamente intero ad altre con spine triangolari lunghe anche più di 1 cm. Di solito le foglie intere si osservano sui rami più alti, mentre in basso prevalgono le più spinose, così come avviene che gli esemplari più vecchi hanno foglie non spinose tanto sui rami bassi come su quelli alti. Di tale variabilità naturale, che comprende anche il portamento, l’altezza, la colorazione di foglie e frutti, hanno approfittato i coltivatori, con il bel risultato che è possibile trovare in commercio un’infinità di cultivar, come: ‘Angustifolia’, con strette foglie spinose; ‘Argenteomarginata’, dalle variegature bianco-argentee; ‘Pyramidalis Fructu-Luteo’, con bacche giallo vivo; ‘Ferox’, che ha la pagina superiore delle foglie interamente ricoperta di spine; ‘Pendula’, dal portamento piangente; ‘Silver Queen’, con foglie variegate; ‘Alaska’, molto compatta ed estremamente rustica.

Varietà dalle forme coltivate

Ma il numero delle forme coltivate assume proporzioni rilevanti se si considerano anche quelle nate dall’ibridazione di I. aquifolium con I. perado, che ha dato vita al vasto gruppo di I. x altaclarensis. Queste piante hanno una costituzione più robusta, con foglie più grandi e talvolta prive di spine, e raggiungono i 4.5 m d’altezza in una decina d’anni, toccando alla fine anche i 20 m. Le forme più note sono: ‘Golden King’, dalle foglie variegate in oro e grandi bacche rosse; ‘Camelliifolia’, che ha foglie ellittiche e verde scuro come le camelie; ‘Wilsonii’, con grandi foglie spinose e grossi mazzi di bacche.  

Il genere Ilex, tuttavia, è talmente ricco di specie, che le variazioni sul tema restano numerosissime anche volendo ricorrere alle sole piante spontanee di tutto il mondo. Le specie a foglia caduca, come I. verticillata e I. serrata, ricevono minori attenzioni, mentre assai più rilevante è l’interesse per le sempreverdi. In quest’ultima categoria si è soliti operare una differenziazione fra le piante con foglie a margine intero o denta­to, ma non spinoso, e quelle dotate di spine pungenti: tra le prime vanno ricordate I. latifolia, 1. crenata e I. integra, fra le seconde, a parte I. aquifolium e le sue varietà, sono importanti I. perado e I. cornuta.

Introdotta dal Giappone nell’Ottocento, I. integra ha foglie intere o quasi, acuminate, larghe solo  2-3 cm: ibridata con I. pernyi ha dato origi­ne a I. x ‘Accent’, con foglie fornite di 3-4 spine morbide su ogni lato. Anche I. glabra, una specie spesso semi-sempreverde, ha foglie piccole e strette, quasi completamente prive di denti: originaria degli Usa orien­tali, si è rivelata una pianta molto rustica. Invece, I. latifolia, un arbusto che nella sua patria (Giappone) può toc­care i 15 metri d’altezza, ha foglie non spino­se, lunghe fino a 20 cm, inferiormente giallo-verde.

Parlando del gruppo a foglie spinose, sappiamo che I. perado, che abbiamo visto appartenere alla flora di Madeira e delle Canarie, in genere non viene coltiva­ta nella specie-tipo. Allo stato spontaneo, I. perado spesso ha foglie a margine inte­ro, oppure con 1-3 sottili spine ver­so l’apice, più o meno come in I. aquifo­lium. Un altro arbusto dalle pregevoli ca­ratteristiche ornamentali è I. cornu­ta, importato dalla Cina nel 1846, le cui foglie hanno una forma singolare: rettangolari, lun­ghe fino a 10 cm, con 5 spine, spesso contrastano con vivaci bacche rosso brillante, grosse anche un centimetro.

Assai variabile, sia nel portamen­to sia nelle foglie, I. dipyrena, arri­vata nel 1840 dall’Himalaya, con fo­glie ovali-ellittiche di 5-10 cm e mar­gini dentati: i suoi frutti sono curio­samente bilobi all’apice. Molto graziosi sono infine gli arbusti del cinese I. pernyi, le cui foglie di forma romboidale, rettangolare o triango­lare faticano a toccare i 3 cm di lunghezza, mentre i frutticini rossi sono quasi privi di peduncolo.

L’agrifoglio come siepe in giardino

Gli agrifogli sempreverdi sono piante che si prestano ad essere impiegate in modo vario: come esemplari singoli ad alto fusto (ma bisogna avere un po’ di pazienza, perché ad es. I aquifolium arriva a 5-6 m dopo 8-10 anni); come arbusti da giardino boscoso, inframmezzati ad altre specie arboree e arbustive; come eccellenti componenti per siepi, soprattutto se si vuole mantenere la privacy del proprio giardino; come frangivento, specialmente in zone costiere. Va rilevato, a questo proposito, che le cultivar di I. x altaclarensis sono le più adatte per gli ambienti di mare e sopportano bene l’inquinamento delle aree industriali.

Tempo di messaa dimora, il terreno e l’esposizione

Gli agrifogli tollerano ogni genere di terreno, ma gradiscono meno quelli calcarei e, soprattutto, quelli inondati. Vanno messi a dimora dall’inizio dell’autunno fino a primavera, se il suolo non è gelato, con esposizione in pieno sole (specialmente quelli variegati) o mezz’ombra. Alcuni agrifogli non amano il trapianto e, pur essendo generalmente molto disponibili alla potatura frequente, ogni specie o cultivar ha le proprie esigenze di portamento che vanno rispettate. Va ricordato che, trattandosi di piante dioiche, per ottenere bacche bisogna mettere a dimora esemplari maschili e femminili a distanza di non più di 30 m l’uno dall’altro, con un maschio per tre femmine. Nel caso di siepi la distanza si riduce a mezzo metro.

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