Uso del cercis

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Il nome, Albero di Giuda, condanna nella nostra cultura a radici cristiane il Cercis siliquastrum ad essere guardato con eterno sospetto: le colpe di Giuda, infatti, il peccato estremo del tradimento per trenta denari, non sono facili da dimenticare e si associano immediatamente a chi ne porta il nome anche se la leggenda non attribuisce nessuna colpa a questo indiscusso protagonista della flora ornamentale mediterranea.

Originario dell’area orientale del Mediterraneo si è col tempo diffuso lungo le coste di tutto il bacino e, per opera dell’uomo, in tutte le regioni il cui clima ne consente la sopravvivenza all’interno di parchi e giardini. Ricercato per le sue dimensioni non eccessive, per la fioritura precoce che accende i viali e i giardini a primavera quando ancora manca un tripudio di vegetazione, per il colore vivissimo. Ricordiamo, ad esempio, a testimonianza della sua importanza e della sua fortuna non certo dell’ultima ora, che figurava tra le piante esotiche messe originariamente a dimora nell’Orto botanico di Reggio Emilia fondato dal professor Claudio Fossa.

Il suo nome è probabilmente frutto di un errata trasposizione così come più volte è accaduto nella storia; basti ricordare il famoso “busillis” assurto a termine autonomo nato dall’errata separazione ad opera del trascrittore emanuense in un codice medioevale della locuzione “in diebus illis”, o l’origine del nome con cui oggi designiamo il più famoso e amato fra i marsupiali, il canguro.

In altre parole molte fonti sono concordi nell’asserire che in origine si trattava dell’albero della Giudea e non di Giuda. A favore di quest’ipotesi sono appunto l’area d’origine della pianta e la sua larga diffusione nei territori d’Israele.

Gli equivoci, però, non sono finiti se una delle provincie italiane in un sito Internet studiato per la presentazione della propria flora confonde l’albero di Giuda ed il Carrubo sovrapponendoli.

La leggenda di Giuda

Sono diverse le leggende che legano Giuda al Cercis siliquastrum, o, meglio, esistono diverse varianti che arricchiscono di particolari un legame di base fra l’albero e l’apostolo traviato.

La prima e più semplice vuole che sotto le fronde di quest’albero Giuda diede il bacio a Gesù segno per le guardie di quale uomo arrestare e trascinare davanti al sinedrio.

Questa versione suggerisce un’immagine pittorica di grande effetto perché è proprio nel tempo di Pasqua, ad Aprile, che il Cercis si riempie di fiori, ancor prima di mettere le foglie.

La seconda vuole che Giuda si sia impiccato con una corda ai rami di quest’albero. Questa versione si carica di possibili significati allegorici: il tronco da quel giorno avrebbe assunto un andamento contorto; la fioritura improvvisa non preceduta dall’aprirsi delle foglie vorrebbe figurare le lacrime di Cristo; il colore acceso dei fiori la vergogna dell’albero o la perfidia di Giuda.

Alcune versioni integrano la prima con la seconda così che Giuda tradisce Gesù sotto ai rami di un Cercis e successivamente, tornato sul luogo del peccato, s’impicca ai suoi rami.

In provincia di Bologna è rintracciabile un’altra tradizione che pone comunque il Cercis fra gli alberi maledetti: sarebbe stato suo il legno della croce.

Gli altri alberi di Giuda

Esistono altri alberi ed altre piante che col Cercis dividono il non poco lusinghiero nome di Giuda o la responsabilità di aver offerto i loro rami alla corda del suicida..

Sono il fico selvatico che per diretta conseguenza non riuscirebbe più a fruttificare.

Il carrubo selvatico chiamato in Sicilia “arvulu di Giudeo” o “arvulu di Giuda”.

Il pioppo tremulo che ancora non riesce a fermare le sue foglie.

La Vruca condannata a divenire, da albero imponente, un arbusto di nessuna importanza, derelitto e senza più forma.

La rosa canina, ma solo secondo i popoli germanici che la chiamano Judasbeeren

Ultimo arrivato è lo spino di Giuda che originario degli Stati Uniti centro-orientali e giunta in Europa oltre 1600 anni più tardi non può avere avuto parte alcuna nelle leggende. Le acuminate spine presenti sia sul tronco sia sui rami lo rendono pianta idonea per siepi e recinzioni.

Legno, miele e farina

Il legno dell’Albero di Giuda è un legno di colore rosso caratterizzato da abbondante venatura che lo rende idoneo a lavori di ebanisteria, di intaglio, o, per la sua elevata resistenza, per piccoli oggetti al tornio.

Dalla pianta, e in particole dai giovani rami, si ricava un principio tintorio di colore giallo.

Non viene menzionato nei più diffusi testi di erboristeria e nessun medico dell’antichità se ne è occupato.

Le api possono giovarsi non poco di queste fioriture precoci e imponenti che assicurano un buon nutrimento all’inizio di stagione. I fiori del Cercis sono indicati per ottenere come prodotto d’alveare il miele di melata.

Dai frutti che persistono sulla pianta tutto l’inverno si possono trarre i semi di colore bruno nerastro che sottoposti a macinatura danno uno sfarinato molto energetico, ma di nessun interesse pratico nelle nostre regioni dato l’uso ornamentale del Cercis, la limitata diffusione, la concorrenza di fonti alimentari di ben altra entità.

I suoi fiori sono una vera bontà

Se avete in giardino un albero di Giuda e non siete troppo vicini ad una strada trafficata, meglio ancora se siete proprio in aperta campagna dove non giungono direttamente fumi e scarichi del traffico, non potete non provare ad usare un po’ di fiori anche in cucina.

Impiegare i fiori in cucina è una pratica poco diffusa che ai più può risultare come vezzosa o artificiale, molto simile alle ricercatezze estreme della moderna cucina internazionale d’avanguardia. La tradizione invece suggerisce piatti a base di fiori o con l’aggiunta di questi che non hanno solo ambizioni cromatiche, coreografiche od esornative, ma sono “sanamente” contadine. Sarebbe troppo facile ricordarvi l’impiego dei fiori di zucca, così vi suggerisco i fiori di pratolina nelle insalate, quelli di viola nel dolce con panna montata, le frittate di gialli tarassachi, le croccanti frittelle di fiori di acacia.

La prima e più semplice ricetta prescrive la raccolta dei fiori quando sono ancora in boccio, completamente chiusi. Metteteli in aceto di vino bianco e lasciateli riposare in dispensa al buio per alcuni giorni.

In alternativa scegliete quelli più carnosi e metteteli in salamoia come fossero capperi e provvedete a cambiare il liquido con regolarità. Vanno consumati nel giro di un mese.

Una fiorita insalata

I fiori dell’Albero di Giuda possono essere impiegati con successo in una ricercata insalata di fiori. La quota principale di quest’insalata sarà costituita dalla verdura da taglio che consumate preferibilmente o che avete disponibile nell’orto scegliendo fra le diverse varietà di radicchio o di lattuga. Tagliate finemente e unite dopo averle lavate e asciugate foglie di malva, pratolina, primula, tarassaco, borragine, acetosa. I fiori del tarassaco, impiegate solo la parte gialla scartando il calice squamoso, i capolini interi delle pratoline, qualche fiore di primula, i petali di rosa del vostro giardino e i fiori di Cercis andranno uniti dopo aver già condito l’insalata così da doverli solo mescolare leggermente senza rovinarli troppo.

Per condirli impiegate succo di limone, sale e olio battuti insieme, o anche aceto balsamico se disponete di un aceto di qualità elevata, non troppo forte, ma molto aromatico.

Un miele falso per i bambini golosi

La ricetta dello sciroppo di zucchero a base di fiori, spesso citata come “falso miele di fiori”, è una preparazione universale che si adatta a tutti i fiori commestibili profumati. Potete quindi prepararla sia con soli fiori di Cercis sia con fiori di Cercis uniti a fiori di altre piante che si presentino contemporaneamente in fioritura.

Raccogliete al mattino prima che il sole sia troppo caldo i fiori migliori dal vostro Albero di Giuda scegliendo quelli aperti e in piena fioritura. Ponete in una pentola di acciaio inossidabile un litro d’acqua di sorgente, un limone biologico tagliato a spicchi che prima avrete lavato con cura dopo un congruo ammollo, e tutti i fiori che potete. Mettete la pentola con coperchio sul fuoco vivo e portate ad ebollizione. Vedrete che la massa di fiori a questo punto si sarà fortemente ridotta e sarà tutta nel liquido. Lasciate bollire per non più di dieci minuti e filtrate il tutto con l’aiuto di un canovaccio che strizzerete energicamente per ricavare dalla massa tutto il liquido presente. Mettete nuovamente la pentola sul fuoco ed aggiungete 750 grammi di zucchero facendolo sciogliere mescolando con un cucchiaio di legno. Lasciate sobbollire fino a quando il composto non si sarà sufficientemente addensato. Spegnete, lasciate riposare due-tre minuti, invasate ancora caldo. Coprite i vasi con una coperta e lasciate che si raffreddino lentamente.

Potrete impiegarlo come raffinato dolcificante, come tocco finale sulle coppe di gelato, come addizione allo yogurt magro o prodotto in casa, su pane e burro.

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