Ulmus minor (olmo campestre)

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 “…immenso olmo ove a torme albergano, si dice, i fallaci sogni che alle foglie sono sospesi…” E’ Virgilio a narrare dell’olmo dell’Averno e della sua magica facoltà di ospitare i sogni, potere attribuito dagli antichi Greci agli olmi; e per l’Ulmus minor, o olmo campestre, fu breve il passaggio da anfitrione del mondo onirico consacrato a Morfeo ad albero dal potere oracolare, sancito presso il romani, fino a raggiungere l’austera immagine medioevale di “Albero della Giustizia”: là ove era un olmo s’assidevano i magistrati per deliberare sui fatti di legge e di costume del popolo. E la sua severa bellezza, abbracciata dalla vite in un’unione delle più fauste, ancor oggi incarna l’Amicizia, la Benevolenza e l’Amore nuziale.

Leggeri ramoscelli contrastano sulla solida struttura lignea

Un’avvenenza, quella dell’olmo, frutto di sapienti contrasti: i potenti contrafforti lignei della struttura sono rivestiti da leggeri ramoscelli terminali, talora penduli, e da foglie leggere, pronte a vibrare ad ogni alito di vento; è folta la sua chioma, e compatta la sua ombra, ma al suo piede le piante erbacee e di sottobosco possono spuntare e vivere, coperte e protette sì ma non soffocate da uno dei giganti della foresta.

È ancora prezioso, l’olmo campestre, sia per il nostro immaginario quale emblema di potenza severa ma giusta sia per la decorazione dei giardini grazie al suo imponente incanto, ma è stato insostituibile in passato nelle campagne per i mille usi cui si piegava senza sforzo; eppure, tanta eleganza e importanza stanno languendo e rischiano di svanire dal nostro patrimonio culturale, artigianale, paesaggistico e ornamentale a causa di una malattia imperdonabile che ha provocato la morte di migliaia di esemplari centenari. Da un censimento degli alberi produttivi effettuato nel 1847 nella sola provincia di Reggio Emilia vi erano oltre 4,3 milioni di olmi, quasi tutti coltivati in pianura e maritati alle viti; di questi esemplari ne rimangono pochissimi superstiti, dei quali, uno dei più famosi, è “l’Olma di Campagnola”.

Un olmo nel nostro giardino

Oggi, in ogni nuovo giardino, si dovrebbe piantare almeno un olmo accompagnato da un platano, per ostacolare a tutti i costi la scomparsa di due specie vegetali di così grande valore. E, in particolare per l’olmo, sarebbe utile diffondere i semi o ancor meglio propagare le talee dei pochi esemplari secolari rimasti misteriosamente in vita, che forse hanno saputo osteggiare la malattia per una qualche dote nascosta. Se mettiamo a dimora olmi e platani, ma anche querce, ippocastani, tigli e tutti gli altri monumenti arborei della natura, lasciamo loro lo spazio di cui necessitano per vivere ed evitiamo le potature; così facendo otterremo un doppio risparmio economico (meno piante e poca manutenzione) e non mineremo la salute dei nostri alberi vessandoli con i tagli, inevitabili precursori di malattie.

Hanno detto di lui 

Anch’io saprei sotto l’ombroso velo / d’un olmo antico o d’un fronzuto faggio / godermi sin che si temprasse il cielo.  Lodovico Ariosto

Caggion recise da i pungenti ferri / le sacre palme e frassini selvaggi / … / gli olmi mariti, a cui talor s’appoggia / la vite e con piè torto al ciel se ‘n poggia. Torquato Tasso

Oh! Fossi io teco; e perderci nel verde / e tra gli olmi, nido alle ghiandaie, / gettarci l’urlo che lungi si perde / dentro il meridiano ozio dell’aie. Giovanni Pascoli

Originario delle vaste aree del Nord Africa, Europa ed Asia sud-occidentale, l’olmo campestre o Ulmus minor è presente nelle regioni temperate e subartiche dell’emisfero boreale e diffuso in quasi tutte le regioni italiane, di solito non oltre i 500 metri di altitudine, eccezionalmente fino ai 1000-1200 metri. Nelle formazioni spontanee delle Puglie e della Sicilia, l’olmo campestre è sostituito, probabilmente, dall’Ulmus canescens; questa specie è in tutto e per tutto simile al campestre, distinguendosi solo per una maggiore pubescenza dei rami giovani e delle foglie.

L’olmo campestre di rado forma boschi puri, poiché si trova in nuclei sporadici perlopiù associato alle tipiche vegetazione del piano mediterraneo e della zona del castagno. E’ diffuso anche nelle aree sublitorali, sia nei coltivi sia nella vegetazione spontanea dove la fitocenosi a prato-pascolo si integra con la vegetazione umida dei corsi d’acqua, caratterizzata dalla presenza di comunità  formate appunto dall’ olmo (Ulmus minor), da salice bianco (Salix alba), pioppo (Populus alba) e canneti spontanei a cannuccia palustre (Phragmites australis) o di origine artificiale, formati dalla canna comune (Arundo donax).

L’olmo campestre, tipico delle zone pianeggianti, è una pianta poco esigente e desidera clima temperato-caldo e posizioni semi-ombreggiate o di pieno sole, rifuggendo dall’ombra; predilige suoli profondi, freschi o mediamente ricchi di acqua, ma si adatta anche a situazioni meno favorevoli quali i terreni siccitosi. Indifferente al substrato, è coltivabile nei terreni di natura silicea, calcarea, compatta ed anche argillosa. Resiste alle gelate, all’inquinamento e alla salinità dell’aria e al vento.

Il tronco e la chioma. Le denominazioni latine dell’olmo campestre più comuni sono Ulmus minor Mill. e U. campestris L, ma in alcuni libri il nostro olmo viene chiamato pure U. carpinifolia Gleditsc, U. angustifolia (West.) West., U. elegantissima Horwood e, infine, U. foliacea Gilib. 

E’ un albero che può raggiungere i 30-40 metri di altezza, con tronco dritto, chioma folta e globoidale, a contrafforti e irregolare.

I rami, i rametti e la corteccia. I rami ascendenti, quasi verticali presso il tronco, si incurvano poi prolungandosi in lunghi rametti penduli; i rametti sono a disposizione distica, ossia disposti su due file lungo il ramo principale (foto 8). 

E’ rivestito da una corteccia verde-rossastro lucida, che si squama ed è solcata da fessure longitudinali. E’ pollonante, cresce con media rapidità ed è molto longevo, potendo arrivare fino a 500 anni di età.

Le sue gemme sono ovali, rosso-scure e tomentose.

Le foglie, i fiori e i frutti. Le foglie, decidue, alterne e distiche, lunghe 6-8 cm, sono portate da un breve picciolo tomentoso lungo 5-8 mm e appaiono di colore verde, lucide superiormente e pubescenti inferiormente; hanno la lamina da obovata ad ellittica, asimmetrica alla base, caratteristica condivisa da tutte le specie appartenenti alla famiglia delle Ulmaceae. Il margine fogliare è doppiamente dentato e con apice acuto.  

I fiori sono ermafroditi, formati da un involucro che racchiude 4-6 stami di colore rosso porporino e un solo pistillo; sono addensati in fascetti ascellari e compaiono sulla pianta da febbraio ad aprile, prima delle foglie.

Verso la metà di maggio appaiono i frutti, le cosiddette samare, formati da un unico seme circondato da una larghissima ala membranacea, profondamente incisa in corrispondenza dell’apice.

Non solo l’olmo campestre …

Tra le specie europee appartenenti al genere Ulmus, in tutta Italia è diffuso, oltre all’olmo campestre, anche l’olmo montano, o Ulmus glabra Hudson; un’altra specie è stata introdotta artificialmente, ma si è estesa con rapidità: l’olmo bianco o UImus laevis Pallas. Le tre specie hanno caratteristiche simili e spesso si ibridano tra di loro, ma sono state identificate delle differenze peculiari utili a distinguerle: l’Ulmus minor ha foglie ruvide e samare brevemente peduncolate con seme verso l’apice delle ali, l’UImus glabra ha foglie ruvide e samare brevemente peduncolate con seme centrale e l’Ulmus laevis ha samare con lunghi peduncoli (6-18 mm) e margine ciliato. Le ultime due specie raggiungono altezze inferiori rispetto a quella del campestre, non superando mai i 15 m.

Olmo siberiano, olmo cinese, olmo americano

È interessante l’olmo siberiano (Ulmus pumila) di origine orientale e introdotto di recente in Italia, che presenta foglie lisce e glabre, per la sua resistenza alla grafiosi, la malattia più temibile per l’olmo campestre. È necessario fare attenzione a diffonderlo in Italia perché il suo livello di resistenza è molto variabile in funzione della provenienza del seme e del grado di ibridazione naturale con l’olmo campestre. Altre due specie orientali sono allo studio, perché appaiono come validi sostituti del nostro olmo campestre: l’olmo cinese (Ulmus parvifolia) e l’Ulmus wilsoniana. Sono entrambi di medie dimensioni con buone possibilità ornamentali ma non di grande e rapido sviluppo come gli olmi nostrali; purtroppo, però, sono suscettibili al giallume parassitario.

Tra gli olmi del continente americano ricordiamo i meno frequenti Ulmus alba (Rafin.) o olmo americano, U. racemosa. U. alata, U. fulva, U. crassifolia e U. serotina. Tra le specie di interesse “bonsaistico” si annoverano le specie orientali dell’olmo come l’Ulmus parviflora, U. sieboldi, U. shirasawana, U. japonica, U. laciniata..

Il fungo che minaccia l’olmo

Negli ultimi anni si è verificata un’imponente moria di olmi causata da un fungo, la Ceratocystis ulmi Buism nota come Graphium ulmi o “Grafiosi”, trasmessa da insetti scolitidi; la moria dell’olmo ha interessato l’Europa, comprese le province più orientali, e il Nord America; in Italia si è diffusa in tutta la Penisola e le isole.

La manifestazione tipica della malattia si verifica durante l’estate quando si assiste all’improvviso disseccamento dell’apice della pianta o di alcuni rami, causato dall’occlusione dei vasi conduttori di linfa da parte del micelio fungino e dei prodotti di reazione della pianta; spesso la punta dei rami colpiti si ripiega ad uncino. E’ una caratteristica della patologia la persistenza delle foglie morte sul ramo interessato dall’infezione. I sintomi si propagano rapidamente alle altre parti della chioma fino a che la pianta muore nello spazio di uno-due anni.

Le perdite di olmi dovute alla grafiosi si avvicinano al 100% delle piante adulte; tuttavia, poiché le piantine di olmo fino a 2-3 m di altezza e 3-4 anni di età sono indenni dalla malattia, sia per la struttura anatomica, essendo i loro vasi conduttori di piccole dimensioni, sia per l’inefficienza degli scolitidi, le nostre specie di olmo in natura non sono minacciate di rapida estinzione, anche se sarebbe indispensabile individuare cloni resistenti. Inoltre, dato che la malattia ha andamento acropeto, cioè procede dal punto di infezione verso l’alto, è tipico vedere nei boschi le grosse ceppaie di olmi deceduti ricacciare molti nuovi e sani polloni. In realtà, l’avvento della grafiosi ha condannato l’olmo, già annoverato tra le latifoglie nobili, a passare da grande albero a piccolo cespuglio.

La cura e la prevenzione

In commercio non sono disponibili prodotti chimici ad effetto curativo o preventivo di sicura efficacia ed applicabilità. Sono stati provati con qualche risultato composti somministrati per iniezione nel tronco o nelle radici, ma il loro impiego presenta molti inconvenienti. Il controllo della malattia ora consiste nella riduzione  delle popolazioni dei vettori, cioè gli insetti scolitidi, e nella separazione degli apparati radicali delle piante malate da quelli non infetti per impedire la traslocazione del fungo attraverso questa via sotterranea. La riduzione del numero degli scolitidi si ottiene tagliando ed eliminando subito tutte le piante di olmo morte o deperite per qualsiasi ragione: i rami debbono essere bruciati mentre le grosse branche ed il tronco, per poter essere utilizzati come legname, vanno scortecciati per impedire la riproduzione degli scolitidi e va posta molta cura nel non lasciare a terra parti di olmo con corteccia. L’operazione va eseguita durante tutto l’arco dell’anno e su tutti gli olmi della zona interessata. Se la malattia interessa meno di 1/3 della chioma si può tentare di salvare la pianta asportando per intero la parte malata qualche metro sotto la presenza dei sintomi. Una asportazione tempestiva evita l’invasione dell’apparato radicale da parte del fungo e la successiva trasmissione radicale. Quest’ultima deve essere evitata, nel caso di piante adiacenti, con una fossa che tagli le radici tra la pianta malata e le piante sane vicine oppure per via chimica iniettando lungo la stessa linea di demarcazione un fumigante che distrugga la vitalità delle radici. E’ evidente che questa operazione va fatta con tempestività altrimenti l’intervento può essere inutile.

Gli altri nemici

L’olmo, purtroppo, ha molti nemici, fra i quali si ricorda la Galerucella luteola, un vorace divoratore delle foglie che compie pullulazioni periodiche. Gli adulti rodono la foglia bucandola e le larve si nutrono del parenchima rispettando le nervature e l’epidermide superiore così che le foglie appaiono scheletrizzate. L’insetto compie 2-3 generazioni annuali ed in caso di forte attacco, soprattutto se protratto per più anni consecutivi, indebolisce fortemente gli olmi predisponendoli all’attacco degli scolitidi.

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