















Centocinquanta milioni di anni fa, nelle terre oggi chiamate Asia, Europa e America del Nord, si estendevano immense foreste di Ginkgo abitate da dinosauri e da altri animali preistorici, poi tutto quel mondo scomparve. C’è da immaginarsi l’emozione quando, nel 1754, una spedizione botanica trovò che in Cina delle piante di Ginkgo biloba erano sopravvissute a tutte le ere geologiche. Alla notizia il mondo scientifico entrò in fibrillazione e i più importanti orti botanici fecero a gara per assicurarsi un esemplare di questo fossile vivente. L’orto botanico di Parigi pagò la sua prima pianta ben 40 scudi: doveva essere una bella somma se da allora il Ginkgo è conosciuto anche col nome di ‘Albero dei 40 scudi’. In Italia fu l’orto botanico di Padova ad assicurarsi il primo Ginkgo biloba che è tutt’ora vivente e gode di ottima salute.
Latifoglia o conifera?
Il Ginkgo biloba è botanicamente una conifera ma con l’aspetto di un grande, bello e maestoso albero a foglia caduca. Ha foglie piuttosto piccole dalla curiosa forma a ventaglio spaccate nel mezzo da un taglio che forma due lobi; il loro colore è verde brillante che cambia in giallo oro durante l’autunno. Il Ginkgo biloba cresce rapidamente ed è eretto da giovane, mentre da adulto forma col tempo una grande chioma imponente che può arrivare a 30 metri di altezza.
Tanti pregi e un difetto
E’ una delle piante più resistenti allo smog ed è praticamente immune da malattie. Vive bene in tutti i tipi di terreno, è resistente al caldo ed al freddo più intenso. Tutte virtù che ne fanno un albero eccellente per i giardini cittadini e per il verde pubblico ma un difetto c’è. Ginkgo biloba è una specie dioica, cioè i fiori maschili e femminili si trovano su piante diverse, le piante “femmine” iniziano a fruttificare dopo 15/30 anni e producono in ottobre una grande quantità di frutti rotondi, marroni, ricoperti all’esterno da un involucro carnoso e contenenti i semi provvisti di un guscio legnoso. Ed è questo il problema, perché a maturazione avvenuta l’involucro carnoso marcisce emettendo un odore sgradevole.
Chi si trova nel proprio giardino una pianta “femmina” non ha molte soluzioni anche perché se ne accorge quando questo ha 20/30 anni di età e nel frattempo è diventato un albero grande e anche molto bello. Abbatterlo per sostituirlo crea non pochi problemi pratici e naturalmente anche affettivi! E allora che fare? Bisogna piantare cloni maschili certificati!
Nel 1945, nei giardini di Hiroshima bruciata dall’atomica c’erano alberi di Ginkgo biloba e alcuni si trovavano proprio nel punto dell’esplosione. Ebbene nella primavera successiva i monconi di questi alberi furono i primi e gli unici a emettere foglie. Per questo fatto in Oriente e negli Stati Uniti Ginkgo biloba è divenuto l’albero simbolo di rinascita, come da noi, da millenni, è considerato l’olivo.
Usare piante da innesto
Il ginkgo si riproduce facilmente da seme ma le piante da collocare in giardino dovrebbero essere esclusivamente da innesto perché con questa tecnica si riproducono sia le diverse varietà sia i cloni maschili che non fruttificano.
Purtroppo nei vivai troviamo la maggioranza dei Ginkgo provenienti da seme e non possiamo sapere se la pianta che stiamo piantando è maschio o femmina, per saperlo dovremo aspettare un bel po’ di anni, conviene quindi, al momento dell’acquisto richiedere al fornitore le più ampie garanzie.
Le varietà più interessanti
Ginkgo biloba ha dato origine a più di trenta varietà, alcune interessanti perché attenuano od eliminano l’altro difetto di questa pianta, cioè la grande dimensione che acquista da adulta e che non consente l’inserimento in piccoli spazi. Si sono così selezionati, oltre ai cloni maschili, forme di taglia più modesta o fastigiata.
Ginkgo in giardino
Ginkgo biloba è di fatto una pianta un poco ‘bizzosa’ perché la sua crescita è difforme sia tra una pianta e l’altra, sia nel tempo e sembra che l’andamento naturale sia ininfluente, come la qualità del terreno o le cure più o meno assidue.
Potature: non ama le potature che bloccano la vegetazione per uno o due anni, quindi i tagli vanno effettuati solo in caso di assoluta necessità e eliminando il minimo indispensabile.
Trapianti: le piante grandi reagiscono male ai trapianti se non sono state ben preparate in vivaio, mentre le piante più giovani non danno problemi. Per la piantagione occorre naturalmente preparare una buca larga il doppio o il triplo della zolla, mettere poco o niente concime chimico vicino al pane di terra, ancorare bene lasciando il tutore per almeno 2 o 3 anni e fare le normali cure che si fanno alle piante appena trapiantate, come irrigazioni, concimazioni e zappettature, sino a quando non si nota con certezza che la pianta ha superato la crisi. Successivamente, una pianta adulta e ben affrancata non avrà bisogno di nessuna cura.
Posizione: un’altra avvertenza è di dare all’albero tutto lo spazio di cui ha bisogno, infatti se non abbiamo scelto una varietà dal portamento contenuto o fastigiato, avremo una pianta che continuerà a crescere per molti anni e forse solo i nostri nipoti potranno vederla completamente sviluppata.
I frutti
I frutti di Ginkgo sono commestibili, nonostante il cattivo odore a maturazione. Liberati dell’involucro, carnoso e maleodorante, resta una nocciola tonda ripiena di polpa, ma per acquistare un buon sapore (tra la patata e la nocciolina) i frutti devono essere cotti. In Cina sono venduti nei negozi e le piante da frutto ampiamente coltivate, soprattutto lungo il corso del Fiume Giallo. La varietà più usata è ‘King of Dongting’, clone femminile dal portamento largo con frutti grandi e abbondanti sin dall’età giovanile.
La commestibilità dei frutti non ha mai interessato l’Occidente, ma ora qualcosa può cambiare:
ci sono varietà molto produttive, non soggette a malattie, che vogliono solo poche concimazioni e nessun trattamento, né potature. Caratteristiche che permettono una coltivazione naturalmente biologica!