La radice

di

  • Condividi

Il lato oscuro delle piante

L’apparato radicale delle piante arboree ha molti aspetti poco conosciuti, che sono ancora oggetto di studio.

L’apparato radicale è spesso poco considerato, probabilmente perché è la parte meno appariscente delle piante e resta nascosto alla vista. In realtà l’apparato radicale ha dimensioni spesso maggiori della chioma, almeno in un albero nato da seme, e svolge funzioni essenziali per la pianta: assorbire acqua, elementi nutritivi, sostenere la chioma e immagazzinare sostanze di riserva. Dalla conoscenza delle caratteristiche e della fisiologia delle radici derivano anche molti aspetti pratici  e di tecnica colturale delle piante da frutto e arboree in genere.

L’apparato radicale: com’è fatto e a cosa serve

Se scalziamo un albero iniziando dalla base del fusto troveremo innanzitutto le radici principali, di grandi dimensioni, da cui si diramano radici secondarie di diametro progressivamente minore, fino ad arrivare alle più sottili: i  peli radicali. Sostanzialmente le radici sono organizzate secondo una struttura simile a quella della chioma ma “rovesciata” con i peli radicali al posto delle foglie.

I peli radicali sono sottilissime appendici costituite da espansioni delle cellule epidermiche della radice, e svolgono la funzione di assorbimento dell’apparato radicale. La loro crescita è velocissima: in giovani piante di melo può raggiungere i 10mm al giorno. Come lo sviluppo anche la loro vita è rapida, e può terminare nell’arco di pochi giorni. Man mano la radice cresce di diametro perde i peli radicali e si riveste di una corteccia impermeabile ed incapace di assorbire sia acqua che elementi minerali. Così alla parte più vecchia dell’apparato radicale rimangono le funzioni di trasporto, ancoraggio e riserva di sostanze nutritive; mentre l’assorbimento è un compito svolto esclusivamente dagli apici in attiva crescita dove si formano continuamente nuovi peli radicali.

Radici e terreno

Uno dei compiti fondamentali delle radici è assorbire acqua ed elementi minerali e per questo l’apparato radicale tende ad esplorare il maggior volume possibile di terreno. Di conseguenza, nei terreni poco fertili e aridi le radici di una pianta devono svilupparsi maggiormente, e possono raggiungere una lunghezza complessiva di decine di chilometri.

Anche la profondità raggiunta dalle radici è influenzata dalla natura del terreno: è maggiore in quelli sabbiosi e ben arieggiati, dove le radici scendono in profondità alla ricerca della falda acquifera, è minore nei terreni argillosi, dove la carenza di ossigeno o la presenza di acqua limita lo sviluppo delle radici agli starti superficiali.

A parità di condizioni di terreno esistono poi grandi differenze da specie a specie: ad esempio il cotogno presenta uno sviluppo dell’apparato radicale che è circa un decimo rispetto a un ciliegio; un l’ “M9” (uno dei portinnesto più utilizzati per il melo) presenta la maggioranza delle radici concentrate nello strato superficiale del terreno, tanto da rendere indispensabili la presenza di pali e fili di sostegno per la pianta.

In tutte le situazioni in cui le radici tendono a svilupparsi in superficie dovremo prestare attenzione a limitare le lavorazione del terreno per non danneggiare l’apparato radicale.

Radice e trapianti

L’attività di accrescimento e assorbimento dell’apparato radicale avviene durante tutto l’anno, con un massimo di intensità in primavera e autunno. Anche in inverno continua, seppur lentamente, e si arresta solo quando la temperatura del terreno scende sotto i 6-7 gradi C°. Per questo motivo è preferibile eseguire i trapianti in epoca autunnale rispetto alla primavera. Infatti nei mesi invernali l’apparato radicale ha modo di ricostituire una parte delle radici che inevitabilmente vengono tagliate con l’estirpazione e soprattutto di formare nuovi peli radicali, per essere in grado di assicurare un efficiente assorbimento fin dalla primavera.

Per le stesse ragioni nell’estirpare un albero per il trapianto si deve cercare di tagliare il minor numero di radici, salvaguardando il capillizio assorbente, per evitare di causare uno squilibrio eccessivo tra l’apparato fogliare integro e un’ apparato radicale con una ridotta funzionalità. Per questo la crisi da trapianto è molto più forte per piante adulte, rispetto a piante più giovani, in quanto l’apparato radicale è ormai molto espanso e con l’estirpazione viene fortemente ridotto. A ciò si può cercare di rimediare con una potatura di trapianto più intensa sulle piante di maggiore età, per meglio riequilibrare la chioma e le radici

Micorrize

Per aumentare l’efficienza nell’assorbimento molte piante si “alleano” con alcune specie di funghi, chiamati micorrize (radice-fungo) ai quali appartengono i pregiati tartufi. Le micorrize si sviluppano sulle giovani radici, stabilendo con la pianta un rapporto di scambio di sostanze nutritive. I filamenti del fungo aumentano la superficie di assorbimento dell’apparato radicale, aiutando la pianta ad assimilare elementi minerali quali fosforo e microelementi. In cambio il fungo, che non è in grado di compiere fotosintesi, riceve le sostanze organiche elaborate dalle foglie. E’ una vera e propria simbiosi, cioè una vita in comune tra i due organismi.

La presenza delle micorrize crea anche un’effetto di competizione con quei funghi patogeni che possono attaccare l’apparato radicale, svolgendo così un’azione di protezione indiretta della pianta.

Messaggi radicali

Un altro aspetto curioso e poco conosciuto sono i “messaggi” che le radici si scambiano con l’emissione di sostanze chimiche che possono agire come repellenti per le radici di altre piante.

Così si evitano inutili competizioni poichè il singolo individuo identifica un proprio volume di terreno all’interno del quale non si sviluppano radici di piante della stessa specie.

Questo fenomeno limita la possibilità di reimpiantare, ad esempio, un pesco in un terreno dove sono state estirpate vecchie piante della stessa specie. Infatti in questo caso si assiste spesso a una crescita stentata delle giovani piante seguita dal deperimento e addirittura dalla morte. Sono i sintomi della “stanchezza del terreno”. La causa, o una di queste, sembra essere appunto la presenza nel terreno di sostanze e residui radicali che deprimono lo sviluppo delle piante della stessa specie che rilevano un messaggio di “terreno già occupato” che limita lo sviluppo del loro apparato radicale.

I residui radicali, mentre deprimono la crescita delle piante della stessa specie, possono avere anche effetti positivi sullo sviluppo di specie diverse. Questi fenomeni di stimolo/depressione sono alla base delle rotazioni, e spiegano la ragione dell’antica pratica di avvicendare sul terreno le diverse colture agrarie secondo determinate sequenze.

Logos Publishing Srl - P.IVA e C.F. 02313240364 - REA Modena No. 281025 - C.S. 42.200 Euro
strada Curtatona n.5/2, 41126 Modena (MO), Italia