

















Siamo nell’epicentro della Brianza manzoniana, esattamente a metà strada tra i due rami del lago di Como, immersi in un paesaggio dolcissimo, fra ondulazioni, boschi, specchi d’acqua minori, con viste emozionanti sulla Valassina e sul Piano d’Erba, vigilati a breve distanza dai Corni di Canzo e, più in là, dalle Grigne. Facciamo visita ad un giardino privato davvero straordinario, ideato e governato dal dott. Mario Molteni: un proprietario-giardiniere singolare, per passione, competenza e… professione. Egli stesso ci parla della sua opera, coinvolgente ed impegnativa ma anche fonte d’ispirazione per tutti i visitatori cui egli apre volentieri i cancelli.
Dottor Molteni, qual è la sua attività professionale?
Ho lavorato per una banca, nel settore finanziario, a Milano e soprattutto a Londra, New York e così via. Oggi, invece, sono sindaco di questo piccolo paese del Comasco, Castelmarte, dove risiedo. All’inizio, quando erano in vita i miei genitori, fin verso gli anni Settanta, si veniva qui solo nei fine settimana o per le vacanze.
Com’era il sito, in origine?
Sulle prime era limitato a circa 2.000 mq (oggi è di circa 10.000 mq), ma in seguito, per evitare l’apertura di strade o l’erezione di edifici, acquistammo altri terreni che ripulimmo e sistemammo, recuperando il quadro naturalistico: prima ancora di pensare a un giardino, preferii concentrami sulla cornice ambientale. In particolare mi attirava la contiguità con il bosco e il fatto che esso fosse isolato e molto vicino alla naturalità vera, in un contesto fatto di silenzio o al massimo di stridii d’uccelli e altri animaletti selvatici…
Ci descriva lei stesso l’ambiente in cui si adagia il suo giardino
Questa è sostanzialmente una sella che poi scende verso una piccola valle, avendo sullo sfondo alcuni fra i più bei monti prealpini del Comasco: i Corni di Canzo, da un lato, e soprattutto le Grigne. L’area centrale del giardino, di là da una serie di quinte teatrali di colline, si apre appunto sulle Grigne, distanti una cinquantina di km, da cui arriva spesso un vento piuttosto impetuoso. In questa situazione, l’impostazione del giardino derivò quasi in modo spontaneo.
Vuole dire che il disegno non richiese grandi progetti e meditazioni?
Sì, in larga misura, anche se in seguito intervennero correzioni molto importanti. In ogni caso, le linee generali del giardino furono da me concepite in toto fin dalle prime battute, pur scaglionando i lavori in modo graduale, soprattutto a causa del fatto che intendevo lavorare da solo senza troppi aiuti esterni. Non stesi un vero e proprio progetto su carta, ma mi limitai a ideare la struttura complessiva. Tuttora, inoltre, sono molto attento a non intaccare quel disegno, tutte le volte che voglio apportare modifiche o aggiunte, magari rese necessarie da fallanze, insuccessi o semplicemente da un adeguamento all’avvicendarsi delle stagioni.
Quali sono le sue scelte irrinunciabili, sotto questo profilo?
In primo luogo, mantenere sempre libera la vista sul paesaggio e sull’ambiente naturale; poi, dare sempre spazio a prati di ampie dimensioni, i quali sono di grande aiuto per mettere in evidenza le aiuole fiorite; mettere a dimora masse di piante, evitando di ricorrere alla specie “bella” in posizione isolata sul prato (in Inghilterra, lo “specimen on the lawn” è invece cosa comune). Il mio gusto si orienta invece su larghi spazi, un po’ di colore (ma non troppo) e insistere invece su dettagli molto studiati, che talvolta obbligano a cambiamenti ripetuti per arrivare alla soluzione più soddisfacente.
Quanto tempo c’è voluto per ottenere i risultati che oggi si vedono?
L’area originaria fu realizzata una trentina d’anni fa ed è rimasta sempre la stessa nelle sue linee e anche nelle piante, fatta eccezione per le rose, che su questo suolo non si trovano a loro agio e tendono a morire. Per il resto, invece, devo dire che il lavoro procede tuttora, a grado a grado, dovendo completare o rettificare questa o quell’area. Anche la zona a bosco da un lato mi dà grandi soddisfazioni sia ambientali sia floristiche (c’è una magnifica robinia dal tronco perfettamente verticale che è alta una quarantina di metri), ma dall’altro richiederà ben presto degli interventi, quando i frassini che la costituiscono saranno morti.
Ci vuole descrivere il suo giardino, nelle linee generali?
La risposta non è facile, perché sono presenti poche aree pianeggianti, perlopiù mantenute a prato, contornate da grandi bordure arbustive o miste; una di loro ospita un ampio laghetto, accuratamente scavato e rivestito. La parte più grande del giardino, però, si sviluppa su numerose balze digradanti sia da ovest sia da sud, talvolta in continuità fra loro, tal altra in compenetrazione reciproca, così che ne sortisce una serie articolata d’ambienti diversi, anche dal punto di vista microclimatico. Tutto questo impegna molto il giardiniere, ma anche lo stimola a inventare qualcosa di sempre più adeguato alla situazione.
Qual è il clima di questo luogo?
Pur con variazioni continue, è sempre molto umido e fresco, anche per la vicinanza del bosco, tranne quando c’è vento. Le temperature non sono quasi mai troppo elevate d’estate, anche se il sito è molto soleggiato. Il periodo più freddo è tra fine dicembre e fine gennaio, quando il sole non supera la cresta della collina a est. Il vento, quando c’è, è forte, tanto che è necessario sostenere alcune piante (come le dalie), un problema che si supera mettendo a dimora specie che siano autosufficienti sotto questo profilo.
Come furono decisi i primi impianti?
In primo luogo osservai quale tipo di flora spontanea fosse qui rigogliosa, poi verificai il pH del suolo (attorno al neutro tendente all’acido), quindi feci un primo ordine di piante presso una ditta olandese, che mi inviò un camion carico fino all’inverosimile. Nei successivi trent’anni, poi, molte cose sono mutate, perché le mie conoscenze tecniche e scientifiche sono molto migliorate, anche tramite letture, visite, viaggi, scambi culturali con altre persone. A questa maturazione ha contribuito non poco anche il mio desiderio di veder crescere le piante, se possibile fin dallo stato di seme o di talea: io non amo il prêt-à-porter nei giardini.
Molte sue piante sono nate da seme?
Sì, anche alberi. Ad esempio, quella Paulownia tomentosa che lei vede là fuori è stata seminata da me. Io tengo molto a questo aspetto del giardinaggio, tanto che gradisco in altissima misura i doni di semi di piante insolite o rare. Ho una serretta in cui lavoro di frequente, con un discreto successo di germinazione. Tutti sono in grado di farlo: basta seguire le indicazioni degli esperti o di buoni libri ed essere un po’ pazienti, senza voler forzare i ritmi naturali.
Passeggiando nel suo giardino, si nota un gran gusto per l’associazione delle piante…
A mio avviso, per ottenere un buon livello estetico è certamente necessario curare bene gli accostamenti tra diverse forme e colori. In questo senso, il ruolo del prato è essenziale, soprattutto in un giardino altimetricamente movimentato come questo: è bello sfruttare la distesa verde come sfondo per l’alternanza di forme che vi si stagliano davanti e che noi possiamo dominare dall’alto. Ad esempio, è bello ammirare le piante “svettanti” – come Delphinium, gladioli, Eremurus – se messe a confronto con arbusti dalla struttura bassa e con foglie persistenti e lucide. Anche con i colori è molto piacevole “giocare”: non mi piace la monocromia assoluta (il “giardino bianco” e così via), soprattutto perché la vedrei innaturale e forzata in un giardino come il mio. Mi sembra assai più divertente il rispetto delle serie tonali: ad esempio, dal rosa chiaro al rosso scuro, attraverso un’infinita variazione di crescendo e diminuendo.
In un ambiente analogo a questo, dopo la sua lunga esperienza, cosa consiglia al nostro lettore?
In primo luogo sconsiglio le rose (per l’eccesso di umidità e per la natura del terreno) e poi le perenni troppo alte, che si piegano facilmente al vento. Viceversa, consiglio le ortensie, che danno grandi soddisfazioni… In ogni caso, il giardiniere deve sperimentare in continuazione, senza scartare nulla e amando anche le pianticelle più modeste: i ciclamini, ad esempio, o Impatiens a fiore doppio. Poi, in un giardino contrassegnato da forti dislivelli, consiglio di organizzare fin dalle prime battute i passaggi (sentieri, stradine ecc.), perché in un secondo momento potremmo pentircene amaramente, soprattutto se vogliamo spostare una macchina agricola, anche un semplice rasaerba, da un luogo all’altro.
Cosa si aspetta lei dal giardino?
Sopra ogni cosa il giardino mi deve trasmettere una gran serenità di spirito e se possibile un piacere sovrabbondante, anche per scordare le brutture della vita e del mondo. Spesso mi capita di iniziare quattro o cinque lavori insieme, ma ad un certo punto abbandono tutto e m’incanto di fronte allo spettacolo delle piante. Mi piace “imbambolarmi”.