








Ci sono giardini che fanno della sorpresa il gusto della loro essenza. Così è per l’inaspettato verziere mediterraneo di “Les Confines”, felice, elegante, straordinaria proprietà dei Lafourcade a Saint-Remy de Provence nel sud della Francia.
Bruno Lafourcade e suo figlio Alexandre, restauratori di masserie, cascine, castelli di Provenza hanno trasformato, negli anni ’90, una fattoria ombreggiata da cinque platani posta al centro di due ettari di pianura bordata da grandi pioppi. Intorno il giardino non esisteva così la paesaggista Dominique Lafourcade si è disegnata un luogo confortevole, colto e familiar, intriso dell’allegria serena dello spirito occitano con la sorprendente mutevolezza dei molti giardini che lo formano, alcuni ispirati alla Provenza altri al gusto toscano di fare giardino che “ben si armonizza con il cielo di Saint-Remy”.
Lafourcade ha dato prevalenza alle essenze mediterranee distribuendo cipressi e olivi, vite e lauri, mirti e glicini, rose e Hypericum, lavande e bossi, ellebori e gelsomini, meli e kiwi, erba cipollina e aromatiche, alberi da frutto e da fiore, stagionali e perenni in una serie di paesaggi o “stanze verdi” legati fra loro da pergole, lastrichi, colori e dalla presenza vitale dell’acqua. Pareti di lentaggine, un viale d’imbrecciata portano al giardino della masseria che comincia la sua storia con la semicircolarità del Giardino Rotondo protetto da una parentesi di cipressi e sculture vegetali…
Davanti alla facciata sotto l’imponenza degli antichi platani, al posto di una stalla metallica per montoni, si allarga uno stagno scandito da sfere e pilastrini di pietra trapunti e sommersi dall’edera a larghe foglie mentre intorno l’esuberanza di bosso, rosmarini, santoline nelle diverse altezze declina l’intera gamma dei verdi.
Accanto allo stagno, in asse alla casa, si distende, emozionante, la grande campitura quadrangolare, grigioblu, del Giardino delle Lavande rigata nel centro dalla corsa lucente del canale d’acqua stretto da una bordura argento di Stachys bizantina. Nell’ordinato disegno il canale avanza accompagnato, prima, da ranghi di olivi in conca gemellati da basse sfere di bosso ciuffate di lavanda, poi da cipressi accanto cui la lavanda ritorna questa volte ritmata in ampi riquadri laterali, mare fragrantissimo che d’estate allaga di blu la sinfonia dei verdi. La corsa si arresta davanti alla mezzaluna di uno stagno fiorito d’iris di palude e un cerchio in ferro trapunto d’edera sullo sfondo della campagna.
All’esterno del Giardino delle Lavande due pergole arrampicate d’uva da spigolare passeggiando, siepi, stradelle, ciottoli e intagli vegetali svelano il gioco di scatole magiche del succedersi progressivo dei diversi giardini.
La semplicità odorosa del Giardino delle Aromatiche; ciottoli e laterizi ordinano arbusti di rose e cubi scolpiti di rosmarino del Giardino delle Rose; pareti di cipresso racchiudono il gioco di sfere di bosso e pietra del Giardino “Boule”, il Giardino Sferico, anticipando lo stupore sensuale del Giardino Portoghese.
Segreto, silenzioso, ricordo di giorni preziosi in un giardino di Lisbona, si muove simmetrico di cipressi, steli di pietra, alberetti di ligustro, triclini in ferro, di Bruno Lafourcade, intorno alla vasca quadra della piscina. Agli angoli quattro raganelle zampillano nel blu che riflette la “baracca”, delizioso padiglione rivestito di azulejos dove camino, libri, divano e musica replicano le ore lente di una “casa da bagno” portoghese.
Un viottolo poi un uscio fra quattro mura a secco aprono ai colori di Provenza dell’Orto-Frutteto. I cristalli della piccola serra con le piante da crescita, al centro spartiti di fiori e alberi da frutto (loti, melograni, nespoli e corbezzoli) intorno alla bizzarra fontana di un vecchio quadrante d’orologio da chiesa filato da un rivo d’acqua cui si abbeverano gli uccelli di passaggio. Tra le pietre calcinate della cinta due battenti verderame sconfinano nel calore del Giardino di Camargue.
Spinto nel sole, la pergola di una cabane, laboratorio di Dominique Lafourcade, bordure di lavanda e rosmarino, un tavolo e comode sedie chiamano ad ozi quieti e golosi. Fuori dall’ombra la vista scivola lungo uno steccato, afferra l’impressionante verità di un asinello in scultura e racconta di Camargue nelle silhouettes in ferro battuto di due tori al pascolo nel respiro libero della campagna.