



















Una breve e ripidissima salita, macchiata d’ombre luminose, prelude alla luce viva e aperta di questo giardino collinare piemontese, che sorge in una magnifica posizione (quasi una sorta di prora aggettante), ed è stato pensato per lasciare lo sguardo libero di fluire per ogni dove: dagli orizzonti sfocati della pianura, al verde arruffato dei versanti collinari, al profilo imponente e franto dell’arco alpino.
Prima ancora della suggestione giardiniera, del dettaglio botanico o coloristico, sono stati, infatti, proprio l’indubbia bellezza dei luoghi, il largo e riposante respiro delle colline e il ruvido abbraccio delle pendici boscose a suggerire un approccio progettuale che, ricorrendo alla sobrietà e alla leggerezza, riuscisse ad esaltare il contesto paesaggistico senza inciderlo, riuscisse a fondere lo spazio coltivato con la scena naturale senza violarla. Tutte le componenti progettuali (l’esigenza di spazi di rappresentanza fortemente connotati a livello estetico; la necessità, ineludibile, di consolidare i pendii a forte erosione; il desiderio dei committenti di inserire olivi e cipressi) si sono assoggettate a questa idea di fondo, alle pressioni speculative, o meglio, alle lusinghe del genius loci.
Con lo stesso spirito il verde pensato ha finito poi col riconoscere e sublimare anche il copioso impiego architettonico del “cristallo” (nelle grandi vetrate, nelle balaustre, nella lunga parete a sfioro della piscina), impiego a sua volta legato proprio all’idea della leggerezza e della trasparenza: impalpabile, invisibile barriera che protegge e contiene senza nascondere.
Un giardino inondato di luce, concepito più per vedere (e per godere della vista), che per essere visto, aperto sul paesaggio, botanicamente discreto, ma nel contempo ricco di specie e di colori. Infatti quando l’occhio, sazio del mutevole panorama, saturo di cielo e di orizzonte, si abbassa un poco, ecco che mette a fuoco il verde addomesticato: cascate di bacche rosse (Malus ‘Red Sentinel’, Cotoneaster lacteus, Cotoneaster salicifolius, Pyracantha ‘Navajo’, Arbutus unedo), tripudi di perle (Exochorda x macrantha ‘The Bride’, Spiraea x cinerea ‘Grefsheim’), fiumi di latte (Rosa ‘Diamant’), insegne al neon (Hemerocallis ‘Stella de Oro’, Hypericum ‘Hidcote’, Spartium junceum, Forsythia ‘Marée d’Or’), stille di sangue (Azalea japonica ‘Hima Sohio, Rosa ‘Toscana’, vampe effimere (Euonymus alatus). Si tratta tuttavia di brevi sussulti pittorici, la parte più espressamente estetica, che vanno diluendosi nel più generale omaggio all’architettura silvana e agreste del luogo, ottenuto con essenze autoctone, o di sapore e parvenza autoctoni: tigli selvatici, faggi, meli, ciliegi, evonimi, cornioli, viburni, edera, pervinche.
La piscina, adagiata in questo sperone proteso sulla valle, riassume e conclude il filo conduttore della leggerezza e della trasparenza. (Testo di Rosanna Castrini)