Giardino a Forio d’Ischia

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Negli anni ‘50 Moravia e Pasolini scelsero come dimora ischitana il fascino fragrante di questo giardino, uno fra i molti tesori segreti dell’isola verdissima, suggeritomi dall’amico carissimo, il professor Giancarlo Alisio

Forio, secondo comune d’Ischia, si stende fra Punta Caruso e Punta Imperatore, segmentato dalle spiagge più belle dell’isola, immerso nel verde metallico delle vigne che accompagnano l’andamento dal monte Epomeo fino al mare. Scenario mozzafiato in cui lo splendore del centro storico é l’anima antica di questo paradiso dove Visconti, Morante, Guttuso, Neruda, Jackye Kennedy, Onassis, sir William Walton nei grandi alberghi o nelle ville a picco sul mare hanno rincorso privacy e silenzi.

A terrazze naturali, sorretto e scandito ovunque da muretti e parapetti a secco in pietra lavica locale, il giardino appoggia il dorso all’Epomeo e di fronte arrotonda larghe balze degradanti al mare.

La proprietaria, deliziosa gentildonna napoletana che con la famiglia acquisì il complesso nel ‘70, mi riceve in questo che negli anni ‘50 era un casale di campagna e vigneti, opera di Cesare Longo, architetto di Forio cui si devono fra le molte anche l’architettura della Mortella dei Walton.

Si entra attraverso buganvillea e rampicanti in un piano erboso, a sinistra aiuole-giardino con ortensie, lavande, lantana, “malvarosa” (pelargonio tipicamente campano dalle foglie profumatissime e minuti capolini rosa), e rosmarini, di fronte le luminose portefinestre dei salotti interni sotto il riparo di una porticato. Da qui, dopo un lieve dislivello che lo ruota a destra, il terrapieno a prato, segnato da un sottile calpestio di pietra lavica, scende e si dilata in lunghezza e profondità protetto da un’alta spalliera di buganvillea lungo la quale si articola, armoniosa, la simmetria di Trachycarpus fortunei, palme delle canarie, dracena, yucca intervallate da reperti di marmo e pietra, lampioni e salotti in ghisa laccata di bianco per quieti relax.

Strelitzia regina, canna indica e i pastello, più o meno intensi delle ortensie formano angoli intimi come l’inattesa “isola” della piscina. Arretrata nell’interno, protende la vasca rotonda orlata di pietra ischitana e foderata da un minuto mosaico di piastrelle che enfatizza i blu e i verdi circostanti, a pelo dell’acqua si specchiano due putti di marmo e l’alto ventaglio tropicale di una rigogliosa Strelitzia nicolai.

Fra un pozzale e la piscina poche scale con orci di kentia e pelargoni salgono a un lungo terrazzamento ellittico foderato di buganvillea, spondato di spallette a secco, dove sedili, reperti e artigianato di cotto e pietra emergono dall’intrico di profondi “mixed-border” di macchia mediterranea, edere, viburni, lavande, ortensie vivide, malvarosa, dracene e cycas nel chiaroscuro delle palme.

Guardando questa seconda terrazza-giardino, a destra si ritorna verso la casa e nella curva dell’ellissi, è alloggiato un forno a legna, disegnato da Longo per gli attuali proprietari, dalla curiosa forma conica, calcinato di bianco e affiancato da fuochi e griglie per colazioni all’aperto. Dall’altro lato, invece, fra ortensie e lantane improvvisamente si sbuca al mare con il dilagare amplissimo di una stupenda sequenza di terrazze in cotto. A destra il colonnato di una loggia riparata da un mantello di rampicanti protegge dal sole abbagliante. Vasi, reperti, orci, grandi valve di conchiglia popolano insieme alla collezione di cactacee, succulente e palme questo fantastico territorio, quasi un miraggio dove le balconate, dune di un impossibile deserto, planano dolci verso il cristallo turchese del mare.

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