Austria – Parco delle sculture vicino a Graz

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Voli della fantasia fra la natura e l’arte: a sette chilometri da Graz, il capoluogo della Stiria, sorge il Parco delle sculture austriaco, un paesaggio surreale e sorprendente fatto di monti, cieli e mari immaginari.

Nelle calde giornate d’estate la zona periferica a sud di Graz è una meta popolare in cui godersi il refrigerio vicino ai laghetti artificiali nati nelle cave di ghiaia d’un tempo. Questa zona ospita anche un parco di sette ettari dedicato al dialogo fra l’arte e la natura: il Parco delle sculture austriaco. È un paesaggio in cui pare svanire qualsiasi confine fra l’architettura del paesaggio e l’arte figurativa. Il parco è un susseguirsi di colline e piccole valli, di pianure erbose e strette gole, da attraversare lungo un sentiero principale e lungo i percorsi secondari. Vi sono disseminate oltre sessanta sculture di rinomati artisti austriaci ed internazionali contemporanei – da Bruno Gironcoli a Giuseppe Uncini, Fritz Wotruba, Yoko Ono ….

Il parco inaugurato nel 2003 sorge laddove tre anni prima si era tenuta la Mostra Internazionale di giardini progettata da Dieter Kienast. Il rinomato architetto paesaggista svizzero, scomparso prematuramente nel 1998, ha dato una forte impronta all’architettura del paesaggio, soprattutto in Germania e in Austria. Nei suoi progetti prediligeva la stretta collaborazione fra l’architettura, l’ingegneria e l’arte figurativa, reputandolo uno scambio produttivo e logico. Era un personaggio che polarizzava, che definiva “natura” ambiti solitamente non reputati tali da molti suoi colleghi. Per Kienast la natura andava accettata nelle sue forme più svariate: non era solo la siepe dal taglio perfetto, il prato e l’albero, ma si manifestava anche sotto forma di muro, di pietre naturali, di cemento permeabile, di spazi ampi. Uno dei suoi slogan più citati sosteneva che la natura nello spazio urbano non fosse solo verde – anzi, il verde poteva addirittura risultare pericoloso se lo si utilizzava esclusivamente per nascondere dei difetti. La natura si presentava anche nelle tonalità più svariate di grigio – il paesaggista disegnava in grigio perfino i suoi progetti!

Il parco si snoda su due dei quattro ambiti progettati per la mostra internazionale: il “Giardino delle montagne” ed il “Giardino dei fagiani”. Il primo è caratterizzato da un susseguirsi di alture verdeggianti. Fra le prime colline artificiali spicca la scultura monumentale dell’artista americana Nancy Rubins “Airplane parts and hills”: un assemblaggio di svariati apparecchi raccolti nelle discariche, riuniti in un’unica scultura volta a simbolizzare gli effetti della società dei consumi. Fin dai primi passi si resta colpiti dalla quiete sprigionata dal luogo. È una sensazione in forte contrasto con le opere di notevoli dimensioni, collocate in posizioni talvolta dominanti, a volte più nascoste, che sbucano dal terreno o sembrano perfino penetrare nelle dolci curve del paesaggio.

Sulla sommità di una delle prime colline si erge l’opera dell’artista austriaco Michael Kienzer “Senza titolo”: è un intreccio di tubi di rame che pare scaturito dalla collina stessa o di esservi posato a mo’ di nido di uccelli. Si pone come metafora del ciclo della natura – così come la natura è soggetta ad un continuo cambiamento anche il rame cambia il proprio colore con il mutare del tempo. Sulla collina di fronte desta curiosità la vista di un gigantesco manico – è il contributo di Peter Weibel “Il globo come valigia”, ovvero il mondo inteso come enorme contenitore. Subito accanto, il prato è intagliato da trenta “raggi” ricurvi d’acciaio, disposti attorno ad una cupola di pietra focaia: è il “Sole d’acciaio” di Ilija Šoškić, l’artista montenegrino residente a Roma da molti anni. L’opera è un centro di forza, la superficie del metallo cambia colore a seconda della posizione del sole.
Il grande parco è circondato da un argine ripidissimo alto quattro metri, ricoperto di un prato. Riprende il concetto di “hortus conclusus” e segna una netta divisione con l’ambiente che lo circonda. Proprio accanto all’argine sta l’enorme “Barca di cemento armato” dell’artista austriaco Michael Schuster. Pare essere saltata fuori dal laghetto situato nelle vicinanze del parco, per navigare nuove acque lasciandosi trasportare dalle “onde” create artificialmente nel terreno. Kienast aveva realizzato queste “onde” o “figure di terra” intorno ad un boschetto di conifere già esistente. Alcune di queste figure sono ispirate alle enormi piramidi di terra dell’architetto paesaggista svizzero Ernst Cramer (1898-1980), una delle icone dell’architettura moderna dei giardini, considerato il precursore della Land Art in Europa.

Il parco ospita alberi solitari, soprattutto lecci e ciliegi ornamentali, in parte centenari. Kienast vi aggiunse decine di altri alberi di grandi dimensioni, fra cui esemplari di Catalpa bignonioides, Liriodendrion tulipifera, Prunus avium, tigli, aceri montani, frassini, carpini, ailanti. Incastonata fra le piramidi di terra sta una grande vasca tappezzata di ninfee, nella quale si rispecchia la casetta di un rosa acceso della coppia di artisti Eva & Adele, intitolata “Watermusic”. Non lontano da quest’oasi acquatica salta all’occhio una delle opere che maggiormente simbolizzano l’interazione fra l’arte e la natura: l’“Arca di alberi viventi” dell’artista e paesaggista austriaco Mario Terzic. È un enorme scafo di una nave in legno, attorno al quale sono stati piantati sessanta giovani frassini. Crescendo diverranno la nave stessa, il prato che li circonda gli farà da mare.
Ad intervalli regolari, l’atmosfera di un profondo e pacifico silenzio, è rotta da un suono sordo, come un botto, cui segue una specie di fischio. Il mistero si svela quando si scopre il grande pallone rosa shocking, inserito in un avvallamento del terreno. “Gesture”, dell’artista stiriano Werner Reiterer, è un’opera di tela impermeabile che si gonfia e si sgonfia fino a ricadere floscia e deforme sul terreno.

L’ambito del parco denominato “Giardino dei fagiani” deve il suo nome agli uccelli che vi gironzolavano durante la Mostra Internazionale, come nei giardini delle corti di un tempo. Il giardino riflette la forte passione del paesaggista per il rigore geometrico coniugato con gli elementi della natura: si presenta come una successione di spazi di diverse dimensioni divisi da siepi, recanti caratteristiche che rievocano i giardini dell’antichità. A cominciare dai fiori di loto, che crescono maestosi in un romantico stagno. La loro presenza stupisce, data la difficoltà di coltivarli in un clima rigido come quello austriaco. Dopo lo stagno dei fiori di loto segue una ripida scalinata che riprende il motivo delle rampe scenografiche dei giardini rinascimentali. Segue un giardino topiario con figure di tassi ed uno in cui si alternano rose e perenni, dominato da una gigantesca rosa nera, opera di Rudi Molacek. Il Giardino dei fagiani termina con un altro elemento ispirato al repertorio più classico dell’arte del giardino: un suggestivo labirinto di siepi di faggio.

È un’impresa ardua descrivere tutte le opere sorprendenti accolte con grande naturalezza in questo paesaggio creato dall’uomo. La visita del Parco delle sculture austriaco è un’occasione per meditare su uno dei pensieri più citati del grande architetto paesaggista svizzero: “Il giardino è l’ultimo lusso dei nostri giorni – esige ciò che è divenuto più prezioso nella nostra società: tempo, dedizione e spazio.”

Il Parco delle sculture austriaco si trova a Unterpremstätten (Graz) – Austria. È aperto al pubblico dall’inizio di aprile alla fine di ottobre – ogni giorno dalle ore 10 alle 20. L’ingresso è libero.

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