Calabrone

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Nel mondo, secondi solo ai coccodrilli, gli insetti della famiglia degli Imenotteri (quindi, api, vespe e calabroni) sono gli animali che provocano il maggior numero di morti. Sono pericolosi non tanto per il quantitativo di veleno iniettato, ma perché la puntura può causare shock anafilattico, spesso con esito letale. La loro presenza in giardino non deve mai essere sottovalutata, specie riguardo al calabrone (Vespa crabro), più grosso (arriva a misurare 4 cm) e più aggressivo. Può essere una presenza casuale e trattarsi soltanto di un volo di esplorazione, ma, quando compare più volte, e non nella stessa giornata l’allarme deve essere immediato.

 

Come si affronata

La prima avvertenza è quella di non attaccare l’animale a meno di non essere assolutamente certi di ucciderlo, e siccome questa certezza non esiste è meglio limitarsi ad osservarlo da lontano. Un attacco fallito, specie se ripetuto (provare un primo ed un secondo colpo in successione), può causare una reazione di attacco da parte dell’insetto. In questo caso è consigliabile tentare la fuga, tenendo il capo basso, e agitando le mani sopra la testa. La fuga a volte risulta inefficace, perché con troppa facilità si pensa di aver distanziato il calabrone, e solo dopo una decina di metri si abbandona un atteggiamento difensivo, rialzandosi e fermandosi. I calabroni sono inseguitori assai più tenaci delle api, possono compiere grandi distanze e piombarci nuovamente addosso appena abbassiamo le difese.

Molto meglio non infastidirlo e allontanare bambini, anziani, persone in costume e cani che potrebbero avere la malaugurata idea di catturarlo al volo come spesso succede con le fastidiose mosche.

Osserviamo dove si posa, se è stato attratto ad esempio dal cibo, dalla frutta, o da una bevanda zuccherata, e seguiamo il suo volo successivo per cercare di localizzare un eventuale favo. La colonia inizialmente può essere anche piccola, ad esempio si vedono svolazzare di tanto in tanto tre-cinque calabroni che fanno fuori e dentro da una crepa di un muro, dal comignolo, dalle imposte di una finestra chiusa da tempo o da una pignatta rotta del tetto, ma presto potrebbero formare uno sciame intero.

 

La trappola

Se il rifugio è lontano dalle attività umane si può approntare una trappola, di preparazione casalinga, ma molto efficace. Si prende una bottiglia di aranciata, per la mia esperienza quella classica a marchio “Fanta” è la migliore, se ne vuota il contenuto in una caraffa, si taglia la bottiglia poco sopra la strozzatura e si infila la parte superiore, capovolta verso il basso, nella base. Con alcuni punti metallici si fissano fra loro le due parti. Si versa all’interno parte del liquido, in modo che sul fondo ve ne siano circa quattro dita e tutto “l’imbuto” sia stato bagnato così da esercitare un’azione di richiamo. I calabroni cadranno all’interno della trappola e difficilmente troveranno il modo di uscire. La trappola va messa in un luogo vicino al favo, ben esposto al sole per tutta la giornata e solo con il buio potrà essere rimossa. Di notte, infatti, i calabroni non volano. La resistenza e la forza di questi insetti è tale che mentre una vespa non supera le due ore di ammollo i calabroni resistono vivi e vitali anche più di dodici ore.

 

Per distruggere il favo

Occorre impiegare un prodotto specifico, esistono insetticidi “a lunga gittata” che permettono di agire mantenendo una distanza di sicurezza.

 

(Disegno di Gabriella Gallerani)

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